Al titolare della cabina non rimase che recitare, con tutto il garbo e la sollecitudine che poteva racimolare, la parte dell’anfitrione coatto. Quali necessarie integrazioni della borraccia pose in silenzio davanti all’inesorabile ospite un boccale ed una brocca d’acqua.
Ma, scusandosi di non fargli compagnia, rimase a guardare con aria cupa l’ufficiale che, per nulla imbarazzato, con calma diluiva un po’ il suo grog per tracannarlo quindi in tre sorsate, scostare il boccale vuoto, non però così distante da non essere comodamente a portata di mano, sistemarsi sul sedile, schioccando soddisfatto le labbra e fissando diritto negli occhi il suo anfitrione.
Conclusa questa procedura, il capitano ruppe il silenzio con voce nella quale indugiava un accorato rimprovero:
— Tenente, mi portate via l’uomo migliore, il gioiello dell’equipaggio.
— Sì, lo so, — replicò l’altro tirando subito vicino il boccale per riempirselo ancora, — sì, me ne rendo conto. Mi dispiace.
— Chiedo scusa, ma non vi rendete conto, tenente. Sentite un po’. Prima di imbarcare quel giovanotto, il mio castello era una topaia di litigi. Tempi brutti, ve lo dico io, qui a bordo della Diritti. Ero così preoccupato che neppure la pipa mi dava più conforto. Poi arrivò Billy, e fu come un prete cattolico che metta pace in un trambusto di irlandesi.
— Non che si sia messo a predicare od abbia detto o fatto niente di particolare, ma promanava da lui una forza che placava l’animosità. Lo presero tutti in simpatia come calabroni con la melassa; tutti tranne il più acido della banda, quel tizio grande e grosso, ispido, con le basette rosso fuoco. Anzi per invidia forse del nuovo venuto, pensando che difficilmente il “bravo simpaticone” – come lo chiamava per scherno con gli altri – avrebbe avuto lo spirito di un gallo da combattimento, ce la mise tutta per tirarlo dentro in una brutta rissa. Paziente, Billy cercava di farlo ragionare con le buone – è un po’ come me, tenente: non c’è cosa che mi sia più odiosa dei litigi – ma non c’era verso. Così un giorno, durante il secondo turno di guardia, Basette Rosse, davanti a tutti, con la scusa di mostrargli dove si tagliava la lombatina – quel tipo una volta faceva il macellaio – con gesto provocatorio gli assestò un colpo sotto le costole. Veloce come il fulmine, Billy fece scattare il braccio. Oso dire che non avesse intenzione di arrivare a tanto; fatto sta che sferrò a quell’omaccione una legnata micidiale. Faccenda di mezzo minuto, direi. E Dio vi benedica, tenente, lo zoticone rimase allibito per tanta velocità. E lo credereste, tenente, Basette Rosse ora vuole un bene dell’anima a Billy Budd – un bene dell’anima, sennò è il più grande ipocrita che mi sia capitato di incontrare. Ma tutti gli vogliono bene. Alcuni gli lavano la roba; altri gli rammendano i pantaloni vecchi; nei momenti liberi il falegname è dietro a costruirgli un cassettoncino molto grazioso. Non c’è uno che non si farebbe in quattro per Billy Budd, e siamo una famiglia felice. Ma adesso, tenente, se quel giovanotto se ne va, so già quel che succederà a bordo della Diritti. Non potrò più, finito il pranzo, appoggiarmi all’argano a fumarmi una pipa in santa pace, no, per molto tempo, penso. Ah, tenente, vi portate via il gioiello dei miei uomini; vi portate via il mio paciere! — E così dicendo quel brav’uomo ebbe un bel daffare a trattenere un singhiozzo.
— Beh, — disse il tenente che, ascoltato tutto questo con divertito interesse, ora gongolava a forza di bere, — beh, siano benedetti i pacieri, soprattutto i pacieri che sanno battersi. Proprio come le settantaquattro bellezze di quella nave da guerra che mi aspetta – alcune spuntano con il naso fuori dai portelli, — indicando la Bellipotent attraverso la finestra della cabina. — Perbacco, vi garantisco fin d’ora l’approvazione reale. State pur sicuro che Sua Maestà sarà lusingato di sapere che in un’epoca in cui i marinai non aspirano alla sua galletta con l’avidità che dovrebbero metterci, un’epoca per giunta in cui i capitani si risentono in cuor loro che gli si porti via un marinaio o due per il servizio, Sua Maestà, dicevo, sarà lusingato di apprendere che almeno un capitano ha ceduto di buon grado al Re il fiore del suo gregge, un marinaio che con pari lealtà non protesta. Ma dov’è questa bellezza? Ah, — guardando attraverso la porta della cabina, — eccolo che arriva e, per Giove! si porta dietro il suo cassettone – Apollo con il baule! Amico mio, — avvicinandoglisi, — non puoi portare questo scatolone a bordo di una nave da guerra. Le scatole lì sono quelle delle munizioni. Metti i tuoi stracci in un sacco, ragazzo. Stivali e sella per il cavalleggero; sacco e amaca per il marinaio di una nave da guerra.
Il trasferimento dal cassettone al sacco venne eseguito. E dopo aver accompagnato il suo uomo sulla scialuppa e averlo seguito giù, il tenente si allontanò dalla Diritti dell’uomo. Era questo il nome del mercantile, sebbene il capitano e l’equipaggio, all’uso marinaro, l’abbreviassero in Diritti. Quell’ostinato del suo armatore di Dundee era un sincero entusiasta di Thomas Paine il cui libro in replica alle accuse di Burke alla Rivoluzione francese era stato pubblicato da qualche tempo ed aveva avuto vasta diffusione.
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