Nel battezzare la sua nave con il titolo del volume di Paine, l’uomo di Dundee non era dissimile dall’armatore suo contemporaneo, Stephen Girard di Fila­delfia, che espresse la simpatia per la terra natia e per i suoi filosofi liberali, dando alle navi i nomi di Voltaire, Diderot e così via.

Ma in quel momento, mentre la scialuppa scivolava sotto la poppa del mercantile, e ufficiale e rematori – alcuni con amarezza, altri con un sogghigno – osservavano il nome decorato come in un blasone, proprio allora la nuova recluta, saltando su da prora dove il timoniere l’aveva fatto sedere e sventolando il cappello verso i compagni che, silenziosi e addolorati, si sporgevano oltre il parapetto di poppa per guardarlo, rivolse ai ragazzi un allegro addio.

Quindi salutando la nave stessa:

— Addio anche a te, vecchia Diritti dell’uomo.

— Seduto, signore! — ruggì il tenente assumendo all’istante tutto il rigore del suo grado, pur reprimendo con difficoltà un sorriso.

Sicuro, il gesto di Billy era una grave infrazione al decoro marinaro. Ma in quel decoro nessuno lo aveva mai istruito; in considerazione di ciò il tenente non lo avrebbe rimproverato in modo tanto energico, se non fosse stato per quel commiato ultimo dalla nave. Questo lo interpretò alla stregua di un’allusione scherzosa da parte della nuova recluta, un malizioso accenno all’arruolamento forzato in generale ed al proprio in particolare. Eppure probabilmente, se satira ci fu, è difficile che sia stata voluta: pur felicemente dotato dell’esuberanza gioiosa di un’ottima salute, della giovinezza e dell’indipendenza del cuore, Billy non era affatto portato alla satira. Gli mancavano la volontà e la sinistra destrezza. I doppi sensi e le insinuazioni di ogni tipo erano estranei alla sua natura.

Quanto al forzato arruolamento, sembrava che lo prendesse come era solito prendere le vicissitudini del clima.

Pur senza essere un filosofo, era in pratica, come gli animali, inconsapevolmente fatalista. E forse gli piacque la svolta avventurosa della sua vita, che prometteva uno sbocco verso orizzonti ed emozioni marziali.

A bordo della Bellipotent il nostro marinaio mercantile, immediatamente riconosciuto per un uomo di mare esperto, fu assegnato alla guardia di dritta della coffa di parroc­chetto. Ben presto a proprio agio in quel servizio, era bene accetto per la sua bellezza senza pretese e l’aria di spensierata allegria. Non c’era uomo più gioviale nel suo rancio, in netto contrasto con certi altri individui che, al pari di lui, facevano parte dell’equipaggio reclutato d’autorità, e che, se non erano impegnati attivamente, a volte – soprattutto durante l’ultimo turno di guardia, quando il calare del crepuscolo induce a sognare – erano inclini ad abbandonarsi a una tristezza tendente in alcuni al cupore. Ma non erano giovani come il nostro gabbiere e non pochi di loro avevano avuto un focolare; altri forse avevano moglie e figli dietro a sé, in condizioni precarie con ogni probabilità, e quasi tutti avevano conosciuto amici e parenti, mentre Billy, come vedremo fra poco, era lui stesso tutta la sua famiglia.

 

 

2

 

Benché il nostro nuovo gabbiere fosse stato ben accolto sulla coffa e sul ponte dei cannoni, non era qui l’astro che era stato fra gli equipaggi più modesti delle navi della marina mercantile, con i quali era stato fino ad allora.

Era giovane e, pur con un fisico quasi pienamente sviluppato, appariva più giovane di quanto non fosse in realtà, per un’espressione adolescente che indugiava sul volto ancora liscio, quasi femmineo nella purezza della carnagione, dove la vita di mare aveva soppresso il giglio, e la rosa faticava a fiorire attraverso l’abbronzatura.

Al brusco passaggio dalla precedente sfera più semplice al mondo più ampio e scaltrito della grande nave da guerra – autentico novizio della complessità di una vita innaturale – sarebbe forse rimasto sconcertato, se in lui ci fossero state presunzione o vanità. Nella sua variegata moltitudine la Bellipotent annoverava parecchi individui che, pur inferiori di grado, erano di stampo non comune, marinai particolarmente predisposti ad avere quell’aria che l’irriducibile disciplina marziale e la partecipazione a tante batta­glie possono conferire, in qualche misura, perfino all’uomo comune.

Come Bel Marinaio, Billy Budd aveva, a bordo della settantaquattro, una posizione analoga a quella di una bellezza rustica trapiantata dalla provincia e messa a competere con le dame di alto lignaggio della corte. Ma di questo mutamento di circostanze se ne accorse appena, e neppure percepì che qualcosa in lui provocava un sorriso ambiguo in uno o due marinai tra i più duri. Né era meno inconsapevole dell’impressione singolar­mente favorevole che la sua persona e il suo comportamento avevano sui gentiluomini più perspicaci del cassero. E non avrebbe potuto essere altrimenti.

Plasmato in quello stampo, tipico dei migliori esemplari inglesi quando il ceppo sassone non è mescolato a quello normanno né a nessun altro, egli mostrava nel volto quell’espressione umana di serena bontà che lo scultore greco a volte impresse al forte eroe Ercole. Ma anche questa espressione era sottilmente modificata da un’altra pene­trante qualità. L’orecchio piccolo e ben modellato, l’arco del piede, la curva della bocca e della narice, perfino la mano dura, di un colore bronzeo dorato come il becco di un tucano, una mano che parlava di drizze e di secchio del catrame, ma soprattutto qualcosa nell’espressione mobile e nella spontaneità dei gesti e degli atteggiamenti, qualcosa che faceva pensare a una madre singolarmente prediletta dall’Amore e dalle Grazie, tutto questo indicava in modo curioso un lignaggio in netta contraddizione con il destino toccatogli. Il mistero parve meno misterioso a causa di un fatto che emerse allorché Billy, all’argano, venne formalmente assunto in servizio. Quando l’ufficiale – un ometto spiccio – gli chiese tra le altre cose il luogo di nascita, egli rispose:

— Con il vostro permesso, signore, non lo so.

— Non sai dove sei nato? Chi era tuo padre?

— Lo sa Dio, signore.

Colpito dalla schietta semplicità di quelle risposte, l’ufficiale proseguì chiedendo:

— Non sai niente delle tue origini?

— No, signore. Ma ho sentito dire che fui trovato, una mattina, in un bel cesto foderato di seta, appeso al battente della casa di un brav’uomo di Bristol.

— Trovato, dici? Bene, bene, ecco una bella trovata, — e, buttando indietro il capo, squadrò dalla testa ai piedi la nuova recluta. — Speriamo che ne trovino altri come te, ragazzo mio; la flotta ne ha un tremendo bisogno.

Sì, Billy Budd era un trovatello, un figlio illegittimo con ogni probabilità e, ovvia­mente, non di umili origini.

La sua ascendenza nobile era evidente come in un purosangue.

Per il resto, senza avere né poco né punto l’acume del serpente e nessuna traccia della sua saggezza, senza tuttavia essere una colomba, possedeva quel tipo e quel grado di intelligenza che va a braccetto con la rettitudine non convenzionale di una creatura umana sana, una creatura alla quale non sia stato ancora offerto l’ambiguo pomo della conoscenza. Era analfabeta; non sapeva leggere ma sapeva cantare e, al pari dell’usi­gnolo illetterato, a volte componeva il suo canto.

Coscienza di sé pareva ne possedesse poca o nulla, o quanta possiamo ragione­volmente attribuirne ad un cane San Bernardo.

Abituato a vivere a contatto con gli elementi ed avvezzo a conoscere della terra poco più della spiaggia o, meglio, quella porzione dell’orbe terracqueo provvidenzialmente riservata alle balere, alle puttane e agli osti, in breve il Paradiso dei marinai, per usare l’espressione in voga tra loro, aveva una natura semplice, non contaminata dall’am­biguità morale, non sempre incompatibile con quel prodotto plasmabile chiamato rispettabilità. Ma i marinai, frequentatori di questi paradisi, sono senza vizi? No, ma meno spesso di quanto non accada con gli uomini di terraferma i loro cosiddetti vizi discendono da tortuosità d’animo, e più che da perfidia sembrano derivare dall’esu­beranza di una vitalità a lungo costretta: franche manifestazioni in armonia con le leggi di natura. Per indole innata e per l’influsso coadiuvante del destino capitatogli, sotto molti punti di vista Billy era poco più di un autentico barbaro, forse simile ad Adamo prima che il civile serpente gli si insinuasse al fianco. E qui a convalidare in apparenza la dottrina della Caduta dell’uomo, una dottrina oggi ignorata dalle masse, si può osservare che, quando certe virtù pristine ed incorrotte caratterizzano in modo singolare qualcuno ammantato nell’uniforme esterna della civiltà, ad un attento esame tali virtù, lungi dal sembrare frutto del costume e della convenzione, parranno incompatibili con essi, quasi derivassero davvero, in modo eccezionale, da un’età anteriore alla città di Caino e all’uomo inurbato. Il carattere contraddistinto da tali virtù possiede, per chi abbia un palato non corrotto, un sapore autentico, simile a quello delle bacche, mentre l’uomo impregnato di civiltà, perfino nei buoni esemplari di questa razza, ha, per quello stesso palato, l’ambiguo aroma del vino adulterato. All’erede di tali qualità primigenie che, al pari di Caspar Hauser, vaghi solitario e stupefatto in una delle tante capitali della Cristianità, ben si addice la celebre invocazione del bonario poeta che, circa duemila anni fa, rivolse al buon rustico spaesato nella Roma dei Cesari: «Oh tu, Fabiano, che sei povero, onesto e sincero che cosa ti ha condotto nel cuore dell’impero?» Il nostro Bel Marinaio aveva, sì, tutta la virile bellezza che ci si può aspettare, eppure, proprio come alla bellissima donna di un racconto minore di Hawthorne, una sola cosa gli mancava. Nessun difetto visibile, invero, come nella gentildonna; no, ma di tanto in tanto, la possibilità di un difetto vocale. Se nell’ora del pericolo e della furia degli elementi egli era in tutto e per tutto un perfetto marinaio, tuttavia, in preda all’improvviso turbamento di una emozione, la sua voce di solito singolarmente musicale, quasi esprimesse l’armo­nia interiore, tendeva a manifestare una esitazione organica, un vero e proprio balbettio, se non peggio. Un particolare che clamorosamente esemplificava come il maligno impiccione, l’invidioso guastafeste dell’Eden, abbia ancora quasi sempre a che fare con tutte le partite di uomini consegnate al pianeta Terra. È certo che sempre e comunque egli tirerà fuori il suo biglietto da visita quasi a ricordarci: anch’io ci ho messo lo zampino.

L’ammettere tale imperfezione nel Bel Marinaio dovrebbe dimostrare non soltanto che non viene presentato alla stregua di un eroe convenzionale, ma anche che la storia di cui è protagonista non è affatto romantica.

 

 

3

 

All’epoca dell’arbitrario arruolamento di Billy Budd sulla Bellipotent, questa nave era in mare per raggiungere la flotta del Mediterraneo.