Giudicatene voi stessi: l’orologio del signor Patterson segnava appena le nove e quarantasette! E non si poteva non prestar fede alle indicazioni di quello strumento di precisione, che non sbagliava neppure di un secondo al giorno e la cui regolarità eguagliava quella del suo proprietario! Il signor Patterson non si era mai recato dal signor Ardagh prima delle undici e quarantatre, per fargli il suo rapporto giornaliero sulla situazione economica della scuola, e non era mai capitato che egli non fosse arrivato tra il quarantaduesimo e il qua-rantatreesimo minuto.
Il signor Patterson doveva quindi supporre (ed egli infatti lo suppose) che doveva essere accaduto qualcosa di insollto, perché il direttore lo mandasse a chiamare prima ancora che egli avesse fatto il bilancio delle spese e degli incassi, del giorno precedente. Ora, egli avrebbe terminato il bilancio al ritorno, e possiamo essere assolutamente certi che quel fatto insolito non avrebbe dato luogo a nessun errore.
La porta si aprì per mezzo del cordone collegato con la portineria.
Il signor Patterson fece qualche passo – cinque, come al solito –
nel corridoio e batté un colpo discreto sul pannello di una seconda porta, sulla quale si leggevano queste parole: Ufficio del direttore.
— Entrate — gli fu subito risposto.
Il signor Patterson si tolse il cappello, scosse i granellini di polvere smarritisi sui suoi stivaletti, riaggiustò i guanti ed entrò nell’ufficio, llluminato da due finestre che davano sul vasto cortile, le cui tapparelle erano abbassate a metà. Il signor Ardagh era seduto a una scrivania munita di più bottoni elettrici e aveva alcune carte sotto gli occhi. Dopo aver sollevato il capo, fece un cenno amichevole al signor Patterson.
— Mi avete mandato a chiamare, signor direttore?… — disse l’economo.
— Sì, signor Patterson — rispose il signor Ardagh. — Volevo parlarvi di una faccenda che vi riguarda personalmente.
Gli indicò una sedia, vicino alla scrivania, e aggiunse:
— Sedetevi.
Il signor Patterson sedette, dopo aver sollevato con cura le falde della sua lunga finanziera, stese una mano sul ginocchio e con l’altra accostò il cappello al petto.
Il signor Ardagh prese la parola:
— Voi conoscete, signor economo, il risultato del concorso per borse di studio svoltosi tra i nostri pensionanti…
— Lo conosco, signor direttore — rispose il signor Patterson. —
E mio pensiero che la generosa iniziativa della nostra compatriota delle colonie onori l’Antilian School.
Il signor Patterson parlava con pacatezza, adoperando parole scel-te di cui metteva in rilievo le sillabe, accentuandole, non senza qualche preziosità, quando gli sfuggivano dalle labbra.
— Sapete anche — riprese il signor Ardagh — qual uso bisognerà fare di queste borse di viaggio…
— Non lo ignoro, signor direttore — rispose il signor Patterson, inchinandosi lievemente, quasi per salutare con il cappello qualche persona al di là degli oceani. — La signora Kethlen Seymour è una dama il cui nome troverà un’eco sonora nei posteri. Mi sembra difficile che possa disporre in modo migliore della ricchezza che la nascita o il lavoro le hanno accordato… Disporne in favore di una giovi-nezza avida di viaggi in paesi lontani…
— È questa anche la mia opinione, signor economo. Ma veniamo al dunque. Sapete egualmente in quali condizioni dovrà farsi questo viaggio alle Antille?
— Ne sono informato, signor direttore. Una nave sarà in attesa dei nostri giovani viaggiatori, e io spero per essi che non occorrerà sup-plicare Nettuno perche lanci il suo celebre «Quos ego…»9 alle onde corrucciate dell’Atlantico!
— Lo spero anch’io, signor Patterson, anche perché la traversata, sia all’andata che al ritorno, si effettuerà durante la bella stagione.
— In effetti, luglio e agosto sono i mesi di riposo preferiti dalla capricciosa Teti… — rispose l’economo.
— In questo modo — aggiunse il signor Ardagh — la navigazione sarà più piacevole sia per i miei giovani premiati, sia per la persona che dovrà accompagnarli…
— Persona — disse il signor Patterson — che avrà in più l’amabile compito di presentare alla signora Kethlen Seymour i rispettosi omaggi e la simpatica riconoscenza dei pensionanti dell’Antilian School.
— Mi rincresce, dirvi — disse il direttore — che questa persona non potrò essere io. Alla fine dell’anno scolastico, alla vigilia degli esami, che dovrò presiedere, la mia assenza è impensabile…
— Avete ragione, signor direttore — rispose l’economo. — Non sarà certamente da compiangere colui che sarà chiamato a prendere il vostro posto.
— Certamente, e io non avrei che l’imbarazzo della scelta. Mi occorre un uomo di assoluta fiducia, sul quale io possa fare completo assegnamento, e che sia accettato senza contestazione dalle famiglie dei nostri giovani vincitori.Ebbene, quest’uomo l’ho trovato nel personale della scuola…
— Vi porgo le mie felicitazioni, signor direttore.
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