E uscì pestando il piede alla signora che non l'aveva ritirato in tempo.
Il signor Aghios s'assise sul breve spazio che gli era stato lasciato libero accanto alla finestra. Peccato che il giovinetto (lungo, bruno, rude) non aveva accompagnato il suo dono di una parola gentile. Sarebbe stato tale un bell'esordio al viaggio! Tuttavia non bisognava lagnarsi, perché il viaggio in piedi non sarebbe stato adatto alle sue vecchie membra.
Per non disturbare il vicino ch'egli non aveva neppure veduto, il signor Aghios restò per qualche tempo nella stessa posizione in cui sul suo posto era caduto, la faccia verso la finestra.
Dapprima pensò alla vita in quella vettura e a quel giovinetto burbero benefico. Ecco! In certe posizioni è difficile di conservare la benevolenza. Persino ora che stava tanto meglio egli sentiva una certa antipatia per il suo vicino che lo costringeva d'aderire alla finestra. Era proprio un momento in cui si sente che l'uomo con la sua pancia, le larghe spalle e i duri gomiti è una bestia odiosa per il prossimo. È una crudele lotta quella per lo spazio. L'Aghios non volle perdere la sua gioia e relegò la sua benevolenza in un sogno perché non tutta andasse distrutta. Il treno futuro, che avrebbe trasportata un'umanità più evoluta, sarebbe stato allungabile come sarebbe stato di bisogno e senza per questo aver bisogno di arrestarlo. Ogni vagone avrebbe comportato delle enormi possibilità. Si tocca un bottone ed i posti si moltiplicano. E così le Ferrovie dello Stato creerebbero dei cavalieri, anziché come ora dei villani e non ci sarebbe stato bisogno di accettare sorridendo un posto offerto villanamente.
Col naso sui vetri il signor Aghios non poté finalmente fare a meno di vedere la campagna enorme che correva via. Il raccolto era finito. I covoni di fieno s'ergevano colossali, la provvista per tutto l'anno per gli animali della cucina tanto semplice. I campi erano oziosi in aspettativa di essere incaricati del nuovo lavoro. E il signor Aghios pensò ch'egli arrivava proprio in tempo coi suoi augurii per procurare un buon raccolto. Ora cominciava a decidersi la sorte dell'anno prossimo. Occorreva subito una lunga pioggia, che poi cessi, dopo di aver ammorbidita la terra e resa disposta al lavoro. Doveva essere preparata a puntino: Né troppo dura, né troppo tenera. E gli augurii del signor Aghios piovevano abbondanti, mentre correva accanto a quei campi a sessanta chilometri all'ora e una volta con grande sforzo si volse non per vedere il piedino di quella signora che ancora doveva trovarsi per aria, ma per inviare gli augurii anche dall'altra parte della ferrovia: “Producete, producete in grande abbondanza, perché chi vi lavora abbia il suo premio". Esitò poi. Ricordò la faccia triste di quel contadino che l'anno precedente gli aveva detto: “Abbiamo il vino triste quest'anno, perché ve n'è di troppo”. Ma che importa? Augurare bisogna a questo mondo. Nessuno può togliere all'uomo tale diritto il cui esercizio allarga polmoni e cuore. È vero che l'augurio finisce col ricordare l'ironia di chi, allontanandosi da un tavolo di gioco, augura la buona fortuna a tutti coloro che vi restano assisi, solo che a questo mondo l'evidenza non è tale e si può sempre credere che un grande sforzo della terra benefica debba produrre del bene.
Si raddrizzò e vide il piedino per aria. Essa era la terza persona seduta dalla sua parte e direttamente non poteva scorgerne la faccia, ma s'accorse che ora poteva scorgerla riflessa in modo curioso da una lastra che copriva la fotografia. Come era bella! Completato o sminuito il deperimento suo dai riflessi del tramonto o fors'anche da qualche linea della fotografia che la lastra copriva, quella faccia era tutta pensiero e bellezza. Ricordava qualche ritratto celebre, ma il signor Aghios, che ne aveva visti tanti, non sapeva precisare quale. Era in fondo solo un ritratto e neppure molto somigliante, ma il signor Aghios era felice di viaggiare con esso.
Nel breve tempo dacché aveva abbandonato la moglie, questo era il secondo suo desiderio, cioè il secondo tradimento e anche il secondo peccato. Ogni ammirazione per una donna è un desiderio.
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