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- un vecchio dio barbuto e burbero, un dio geloso trascese a questo modo: -
E allora tutti gli déi risero e barcollarono sui loro seggi e gridarono: - Ma non é proprio questa la divinità, che vi siano déi ma non un dio? - .
Chi ha orecchi, intenda (185).
Così parlò Zarathustra nella città che amava e che ha nome ‘Vacca pezzata’. Di qui infatti gli mancavano ancora soltanto due giornate di cammino, per tornare alla sua caverna e ai suoi animali; e la sua anima non finiva di giubilare per il ritorno a casa, ormai vicino.
IL RITORNO A CASA.
O solitudine! Tu “patria” mia, solitudine! Troppo a lungo ho vissuto selvatico in mezzo a contrade selvatiche e straniere, per non tornare a te pieno di lacrime!
E ora minacciami pure col dito, come madri minacciano, ora sorridimi, come madri sorridono, ora dimmi: - E chi fu a scappar via da me come un vento impetuoso? -
- che nel prender congedo disse: troppo a lungo sedetti vicino a te, solitudine, e disimparai il silenzio! “Questo” - ora hai imparato tu?
Oh, Zarathustra, io so tutto: e che tu tra i molti eri “più abbandonato”, più uno, di quanto mai tu non fossi vicino a me!
Una cosa é l’essere abbandonati, un’altra la solitudine: “questo” -
hai imparato ora! E che tra gli uomini sarai sempre selvatico ed estraneo:
- selvatico ed estraneo, anche quando ti amino: perché, prima di ogni altra cosa, essi vogliono essere “risparmiati”!
Ma qui sei a casa tua; qui puoi sfogarti tutto nei tuoi discorsi e aprire il sacco di tutti i tuoi argomenti, nulla qui si vergogna per sentimenti nascosti e impacciati.
Qui tutte le cose accorrono carezzevoli al tuo discorso e ti lusingano: perché vogliono galopparti sulla schiena. Su ogni similitudine qui tu galoppi verso ogni verità.
Qui puoi parlare a tutte le cose, diritto e diretto: e invero alle loro orecchie suona come una lode che uno parli con tutte le cose -
rettilineo!
Ma un’altra cosa é l’essere abbandonato. Infatti, ricordi Zarathustra?
Allora, quando il tuo uccello gridò sopra di te e tu stavi nella foresta, incerto sulla strada da prendere? inesperto, vicino a un cadavere: -
- quando dicesti: “possano guidarmi i miei animali! Mi sono trovato in maggior pericolo tra gli uomini che tra le bestie” (186) - “questo”
era abbandono!
E, ricordi ancora, Zarathustra? Quando stavi sulla tua isola, come una sorgente di vino in mezzo a secchi vuoti, e davi ed elargivi, e mescevi e dispensavi le tue bevande tra gli assetati:
- finché tu stesso sedevi assetato e solo in mezzo agli ebbri e di notte lamentavi: “non é meglio prendere che dare? E rubare ancor meglio che prendere?” (187) - “Questo” era abbandono!
E, ricordi ancora, Zarathustra? Quando venne la tua ora senza voce e ti cacciò via da te stesso, mentre diceva con sussurro maligno: “Parla e infrangiti!” (188) -
- quando essa ti rese penoso il tuo tacito attendere e scoraggiò il tuo coraggio umile: “questo” era abbandono! - . -
O solitudine, tu patria mia, solitudine! Come a me parla, tenera e beata, la tua voce!
Noi non ci interroghiamo a vicenda né ci lanciamo rimostranze, aperti l’uno all’altra, passiamo per porte aperte.
Perché da te é tutto aperto e chiaro; e anche le ore scorrono qui su piedi più leggeri. Nel buio, infatti, più che alla luce, é faticoso sopportare il tempo.
Qui mi si dischiudono tutte le parole dell’essere, balzando dagli scrigni che le contengono: l’essere tutto vuol qui diventare parola, e tutto il divenire qui vuole imparare da me la parola.
Ma laggiù in basso - là é vano qualsiasi discorso! Là la migliore saggezza é tacere e passare oltre: “questo” - adesso l’ho imparato!
Chi presso gli uomini tutto volesse comprendere, dovrebbe toccare tutto. Ma le mie mani sono troppo pulite per farlo.
Già non sopporto di respirare il loro respiro; ahimé, aver dovuto vivere così a lungo in mezzo al loro strepito e al loro alito cattivo!
Oh silenzio beato intorno a me! Oh puri aromi! Oh, come questo silenzio attinge il suo puro respiro dalle profonde cavità del petto!
Oh, come sta in ascolto, questo silenzio beato!
Ma laggiù in basso - là tutti parlano, e nessuno fa attenzione. Anche a propagare la saggezza propria con squillo di campane: ai mercanti sul mercato basterà far tintinnare pochi soldi, per sovrastarne il suono!
Tutti parlano presso di loro, nessuno é più capace di intendere. Tutto va a finire nell’acqua, nulla più in profonde sorgenti.
Tutti parlano presso di loro, ma nulla riesce più e giunge alla fine.
Tutti starnazzano, ma chi ha voglia di rimanere in silenzio sul suo nido a covar l’uova?
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene logorato a forza di parole. E ciò che ieri era troppo duro perfino per il tempo e per la sua zanna: oggi penzola rosicchiato a brandelli dal muso degli uomini d’oggi.
Tutti presso di loro parlano, e tutto viene messo in piazza. E ciò che un tempo si chiamò segreto e intimità di anime profonde, oggi viene strombazzato per le strade da ogni genere di schiamazzatori.
O natura dell’uomo, bizzarra natura! Strepito per vicoli bui! Or sei di nuovo dietro di me: - il più grande dei miei pericoli é dietro di me!
Il più grande dei miei pericoli fu sempre quello di risparmiare gli altri e di averne compassione; e ogni natura umana vuol essere risparmiata e sopportata.
Con verità rattenute, con una mano folle e un cuore infatuato e ricco di piccole bugie compassionevoli: - così ho sempre vissuto tra gli uomini.
Ho seduto tra loro travestito, disposto a misconoscere me stesso, per poter sopportare “loro”, e ripetendo sempre a me stesso: - folle, tu non conosci gli uomini! - .
Si disimpara a conoscere gli uomini, se si vive tra gli uomini: troppo in tutti gli uomini é solo facciata, - a - che servono, “tra loro”, occhi che mirano e cercano nella lontananza!
E quando disconoscevano me: io, pazzo, proprio per questo avevo più riguardi per loro che per me: avvezzo alla durezza verso me stesso, e spesso vendicando su me stesso la mia clemenza.
Punzecchiato da mosche velenose e scavato, come una pietra, da molte gocce di perfidia, così sedevo in mezzo a loro e per di più cercavo di convincermi: - i piccoli non hanno colpa della loro piccolezza! - .
Specialmente quelli che si dicono ‘i buoni’, trovai che erano le più velenose delle mosche: essi punzecchiano in piena innocenza, essi mentono in perfetta innocenza: e come “potrebbero” essere giusti verso di me!
Chi vive in mezzo ai buoni, la compassione gli insegna a mentire.
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