K.).
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Prefazione alla seconda edizione
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condo i desideri della metafisica, i limiti di ogni esperienza possibile generale), può partecipare: che, se per mezzo di questa critica, vien mediante la nostra conoscenza a priori, possibile, per altro, solo dal messa sulla via sicura della scienza, essa può abbracciare completa-punto di vista pratico. Con questo procedimento la ragione specu-mente tutto il campo delle conoscenze che le appartengono, e può lativa ci ha almeno procurato un campo libero per tale estensione quindi lasciare la sua opera compiuta, e tramandarla all’uso della
[della ricerca], sebbene essa abbia dovuto lasciarlo vuoto; e noi re-posterità come un’opera importante che non sarà mai da accrescere, stiamo così autorizzati, anzi, veniamo da lei stessi invitati ad occu-poiché essa ha che fare semplicemente con princìpi e con limitazioni parlo, se ci riesce, con i dati pratici della medesima1.
del loro uso, determinate da lei stessa. A questa compiutezza quindi In quel tentativo di cambiare il procedimento fin qui seguito in essa, in quanto scienza fondamentale, è anche obbligata, e di essa si metafisica, e proprio nel senso di operare in essa una completa ri-deve poter dire: nil actum reputans, si quìa superesset agendum1.
voluzione seguendo l’esempio dei geometri e dei fisici, consiste il Ma, si chiederà, che tesoro è mai dunque questo, che noi pen-compito di questa critica della ragion pura speculativa. Essa è un siamo di lasciare in eredità ai posteri con una siffatta metafisica, trattato del metodo, e non un sistema della scienza stessa; ma essa epurata dalla critica, e ridotta quindi a stabile stato? Da uno sguar do ne traccia tutto il contorno, sia riguardo ai suoi limiti, sia riguardo fuggevole a quest’opera si crederà di argomentare che l’utilità di alla sua completa struttura interna. Giacché la ragion pura specu-essa sia soltanto negativa: che cioè noi con la ragione speculativa lativa ha in sé questo di peculiare, che essa può e deve misurare non potremo mai avventurarci di là dai limiti dell’esperienza; e que-esattamente il suo proprio potere secondo il diverso modo col quale sto è infatti il primo vantaggio. Ma essa diventerà anche positiva sceglie gli oggetti pel suo pensiero; e perfino enumerare esaurien-appena si accorgerà che i princìpi sui quali si fonda la ragione spe-temente tutti i differenti modi di porsi i problemi; e così, delineare culativa per spingersi di là dai suoi limiti, nel fatto non sono un tutto il disegno per un sistema di metafisica. Infatti, per ciò che allargamento; anzi, se si considerano più da vicino, portano, co-concerne il primo punto, nella conoscenza a priori nulla può esse-me inevitabile conseguenza, una restrizione del nostro uso della re attribuito agli oggetti, all’infuori di ciò che il soggetto pensante ragione, in quanto essi in realtà minacciano di estendere a tutto i trae da se medesimo; e, per ciò che riguarda il secondo punto, essa, limiti della sensibilità, alla quale propriamente appartengono, e di rispetto ai princìpi della conoscenza, è un’unità affatto indipenden-soppiantare così l’uso puro (pratico) della ragione. Perciò una critica te e per sé stante, nella quale ciascun membro, come in un corpo che limiti la prima, è, in ciò, veramente negativa; ma, in quanto organico, esiste per gli altri, e tutti esistono per ciascuno; e nessun nello stesso tempo con ciò non toglie pur via un ostacolo, che ne principio può essere assunto con certezza in un rapporto, se non sia limita o minaccia di distruggere affatto l’uso indicato da ultimo, in stato investigato nell’insieme dei suoi rapporti, con tutto l’uso realtà è di vantaggio positivo e grandissimo, quando si sia rico-puro della ragione. Ma perciò la metafisica ha anche la rara felicità, nosciuto che vi è un uso pratico (morale) della ragion pura, assolu-della quale nessun’altra scienza razionale, che abbia da fare con og-tamente necessario; nel quale la ragione inevitabilmente si estende getti (giacché la logica si occupa solo della forma del pensiero in di là dai limiti della sensibilità, e non ha bisogno per ciò dei sussidi speculativi, ma solo di assicurarsi contro le loro opposizioni, per 1
non cadere in contraddizione con se medesima. Negare a questo Così le leggi centrali dei movimenti dei corpi celesti conferiscono certezza assoluta a quel che Copernico da principio aveva ammesso soltanto come una ipotesi, servizio della critica un’utilità positiva, sarebbe come negare che e rivelarono nello st esso tempo la forza invisibile che lega il sistema del mondo (l’at -
la polizia renda alcun vantaggio positivo, poiché il suo ufficio prin-trazione di Newton); la quale sarebbe rimasta per sempre ignota, se Copernico non avesse per primo osato cercare, in modo del tutto opposto alla testimonianza dei cipale è quello di chiudere la porta alla violenza che i cittadini pos-sensi, e pur vero, la spie gazione dei movimenti osservati, non negli oggetti del cielo, sono temere dai cittadini, affinchè ciascuno possa, sicuro e tran-ma nel loro spettatore. In questa prefazione io presento come una ipotesi il cambiamento di metodo che espongo nella critica, e che è analogo a quella ipotesi: sebbene, quillo, attendere alle proprie faccende. Nella parte analitica della nel corso della trattazione, sarà dimostrato, non più ipoteticamente, ma apodittica-critic a sarà provato che lo spazio e il tempo non sono se non forme mente, dalla natura delle nostre rappresentazioni dello spazio e del tempo e dei concetti elementari dell’intelletto: ma egli è solo per far vedere i primi tentativi di una riforma di questo genere, che sono sempre ipotetici (N. d. K.), 1 LUCANO, Fan., II, 657 dice: Nil actum credens, quum quid superesset agendum.
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della intuizione sensibile, e perciò soltanto condizioni (azione visibile) come necessariamente conforme alla legge dell’esistenza delle cose come fenomeni; e che inoltre noi non naturale e pertanto non libera; e pure d’altra parte, in quanto abbiamo punto concetti dell’intelletto, e perciò nessun elemento per appartenente a una cosa in sé, è pensata come non soggetta a quella, la conoscenza delle cose, se non in quanto può esser data una e quin di libera, senza che in ciò vi sia contraddizione. Ora, intuizione corrispondente a questi concetti; e che per conseguenza sebbene io non possa conoscere la mia anima, considerata sotto il non c’è dato d’aver conoscenza di nessun oggetto come cosa in se secondo rispetto, per mezzo della ragione speculativa (e tanto meno stessa, ma solo come oggetto dell’intuizione sensibile, vale a dire per osservazione empirica), e perciò nemmeno la libertà come come fenomeno; donde evidentemente deriva la limitazione di ogni proprietà di un essere al quale attribuisco azioni nel mondo possibile conoscenza speculativa della ragione ai semplici oggetti sensibile, giacché dovrei conoscere un tale essere determinato nella della esperienza. Tuttavia, e questo deve essere ben notato, in tutto sua esistenza e pur fuori del tempo (la qual cosa è impossibile, non ciò si deve far sempre questa riserva: che noi dobbiamo poter potendo io mettere a base del mio concetto alcuna intuizione); pure pensare gli oggetti stes si anche come cose in sé, sebbene non posso, ciò malgrado, pensare la libertà, — cioè la sua possiamo conoscerli1. Giacché altrimenti ne seguirebbe l’assurdo che rappresentazione per lo meno non racchiude alcuna contraddizione ci sarebbe un’apparenza2 senza qualche cosa che in essa appaia.
in se stessa, — ove sia stata fermata la nostra distinzione critica dei Ora, supposto che non fosse punto fatta la distinzione, fatta due modi di rappresentarmi le cose1 (sensibile ed intellettuale), e la necessariamente dalla nostra critica, delle cose come oggetti dell’esperienza dalle medesime come cose in sé, ne nascerebbe la limitazione che ne segue dei concetti puri dell’intelletto, e perciò conseguenza, che il principio di causalità, e con esso il meccanismo anche dei princìpi che ne derivano. Ora, posto che la morale naturale nella determinazione delle cose, dovrebbe valere per tutte necessariamente supponga la libertà (nel senso più rigoroso) come le cose stesse in generale, come cause efficienti. Dello stesso ente, proprietà del nostro volere, giacché essa ammette immanenti a priori dunque, come per es., dell’anima umana, io non potrei dire che la nella nostra ragione, come i suoi dati, princìpi pratici originari, i sua volontà sia libera e che sia a un tempo soggetta alla necessità quali senza il presupposto della libertà sarebbero assolutamente naturale, cioè non sia libera, senza cadere in una contraddizione impossibili; ove però la ragione speculativa avesse provato che essa manifesta; giacché in ambedue le proposizioni, avrei preso non è pensabile, di necessità quel presupposto, cioè il presupposto l’anima nell’identico significato, c ioè come cosa senz’altro morale, dovrebbe cedere a quell’altro, il cui contrario importa una (cosa in se stessa); e senza una critica precedente non avrei potuto evidente contraddizione; e, per conseguenza, libertà e con lei prenderla diversamente. Ma se la critica non ha errato quando moralità (il cui contrario non rac chiude alcuna contraddizione, se c’insegna aprendere l’oggetto in un duplice significato, cioè non si presuppone già la libertà) dovrebbero cedere il posto al come fenomeno o come cosa in sé; se è esatta la sua deduzione dei meccanismo della natura. Ma, poiché per la morale io ho bisogno concetti dell’intelletto, e pertanto anche il principio di causalità soltanto che la libertà non sia in sé contraddittoria, e si possa conviene solo alle cose nel primo senso, in quanto cioè sono oggetti almeno pensare senza che occorra penetrarla più a fondo; in altri dell’esperienza, mentre le cose nel secondo significato non sono sog-termini, che essa non crei un ostacolo al meccanismo naturale della gette a tal principio; allora la stessa volontà è pensata nel fenomeno medesima azione (presa sotto altro rapporto), così la dottrina della moralità mantiene il suo posto, e altrettanto fa la scienza della natura; il che non avverrebbe, se la critica non ci avesse in 1 Per conoscere un oggetto si richiede che io possa provare la sua possibilità (sia per il testimonio dell’esperienza della sua realtà, sia a priori per mezzo della precedenza istruiti della irrimediabile nostra ignoranza rispetto alle ragione). Ma io posso pensare ciò che voglio, alla sola condizione di non contrad cose in sé, e se non avesse limitato ai semplici fenomeni tutto ciò dire a me stesso, cioè quando il mio concetto è solo un pensiero possibile, sebbene io non possa stabilire punto se, nel complesso di tutte le possibilità, gli corrisponda o no che possiamo conoscere teoricamente. La stes sa disamina un oggetto. Per attribuire a un tale concetto validità oggettiva (reale possibilità, poi dell’utilità positiva dei princìpi critici della ragion pura si può ché la prima era solo logica) è richiesto qualcosa di più. Ma questo qualcosa di più presentare a proposito del concetto di Dio e della natura sem-non occorre che sia cercato nelle fonti teoretiche della conoscenza; può anche tro varsi nelle pratiche (N.
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