Dialoghi con Leucò
Cesare Pavese
Dialoghi con Leucò
Nuovi Coralli
Copyright 1947
Giulio Einaudi editore, Torino
Einaudi^
Per la prima edizione di questo libro, l’autore aveva scritto la seguente presentazione:
“Cesare Pavese, che molti si ostinano a considerare un testardo narratore realista, specializzato in campagne e periferie americano-piemontesi, ci scopre in questi Dialoghi un nuovo aspetto del suo temperamento. Non c’è scrittore autentico, il quale non abbia i suoi quarti di luna, il suo capriccio, la musa nascosta, che a un tratto lo inducono a farsi eremita. Pavese si è ricordato di quand’era a scuola e di quel che leggeva: si è ricordato dei libri che legge ogni giorno, degli unici libri che legge. Ha smesso per un momento di credere che il suo totem e tabù, i suoi selvaggi, gli spiriti della vegetazione, l’assassinio rituale, la sfera mitica e il culto dei morti, fossero inutili bizzarrie e ha voluto cercare in essi il segreto di qualcosa che tutti ricordano, tutti ammirano un po’ straccamente e ci sbadigliano un sorriso. E ne sono nati questi Dialoghi”.
In questa edizione il testo è seguito da un insieme di note tratte dai manoscritti di Pavese.
La nube
Che Issione finisse nel Tartaro per la sua audacia, è probabile.
Falso invece che generasse i Centauri dalle nuvole. Costoro eran già un popolo al tempo delle nozze di suo figlio. Lapiti e Centauri escono da quel mondo titanico, in cui era consentito alle nature più diverse di mischiarsi, e spesseggiavano quei mostri contro i quali l’Olimpo sarà poi implacabile.(Parlano la Nube e Issione).
La Nube: C’è una legge, Issione, cui bisogna ubbidire.
Issione: Quassù la legge non arriva, Nefele. Qui la legge è il nevaio, la bufera, la tenebra. E
quando viene il giorno chiaro e tu ti accosti leggera alla rupe, è troppo bello per pensarci ancora.
La Nube: C’è una legge, Issione, che prima non c’era. Le nubi le aduna una mano più forte.
Issione: Qui non arriva questa mano. Tu stessa, adesso che è sereno, ridi. E quando il cielo s’oscura e urla il vento, che importa la mano che ci sbatte come gòcciole? Accadeva già ai tempi che non c’era padrone. Nulla è mutato sopra i monti. Noi siamo avvezzi a tutto questo.
La Nube: Molte cose son mutate sui monti. Lo sa il Pelio, lo sa l’Ossa e l’Olimpo. Lo sanno monti più selvaggi ancora.
Issione: E che cosa è mutato, Nefele, sui monti?
La Nube: Né il sole né l’acqua, Issione. La sorte dell’uomo, è mutata. Ci sono dei mostri. Un limite è posto a voi uomini. L’acqua, il vento, la rupe e la nuvola non son più cosa vostra, non potete più stringerli a voi generando e vivendo. Altre mani ormai tengono il mondo.
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