E mi dicevano le cose che tu dici, ma senza paura, senza tremare come te. Parlammo insieme del destino e della morte. Parlammo dell’Olimpo, ridemmo dei ridicoli mostri…
La Nube: O Issione, Issione, la tua sorte è segnata. Adesso sai cos’è mutato sopra i monti. E anche tu sei mutato. E credi di essere qualcosa più di un uomo.
Issione: Ti dico, Nefele, che tu sei come loro. Perché, almeno in sogno, non dovrebbero piacermi?
La Nube: Folle, non puoi fermarti ai sogni. Salirai fino a loro.
Farai qualcosa di terribile. Poi verrà quella morte.
Issione: Dimmi i nomi di tutte le dee.
La Nube: Lo vedi che il sogno non ti basta già più? E che credi al tuo sogno come fosse reale? Io ti supplico, Issione, non salire alla vetta. Pensa ai mostri e ai castighi. Altro da loro non può uscire.
Issione: Ho fatto ancora un altro sogno questa notte. C’eri anche tu, Nefele. Combattevamo coi Centauri. Avevo un figlio ch’era il figlio di una dea, non so quale. E mi pareva quel giovane che traversò la foresta. Era più forte anche di me, Nefele. I centauri fuggirono, e la montagna fu nostra.
Tu ridevi, Nefele. Vedi che anche nel sogno, la mia sorte è accettabile.
La Nube: La tua sorte è segnata. Non si sollevano impunemente gli occhi a una dea.
Issione: Nemmeno a quella della quercia, la signora delle cime?
La Nube: L’una o l’altra, Issione, non importa. Ma non temere.
Starò con te fino alla fine.
La Chimera
Volentieri i giovani greci andavano a illustrarsi e morire in Oriente.
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