Lo sai questo?
Issione: Me l’hai detto altre volte. Che importa? Vivremo di più.
La Nube: Tu giochi e non conosci gli immortali.
Issione: Vorrei conoscerli, Nefele.
La Nube: Issione, tu credi che sian presenze come noi, come la Notte, la Terra o il vecchio Pan. Tu sei giovane, Issione, ma sei nato sotto il vecchio destino. Per te non esistono mostri ma soltanto compagni. Per te la morte è una cosa che accade, come il giorno e la notte. Tu sei uno di noi, Issione. Tu sei tutto nel gesto che fai. Ma per loro, gli immortali, i tuoi gesti hanno un senso che si prolunga.
Essi tastano tutto da lontano con gli occhi, le narici, le labbra.
Sono immortali e non san vivere da soli. Quello che tu compi o non compi, quel che dici, che cerchi
- tutto a loro contenta o dispiace.
E se tu li disgusti - se per errore li disturbi nel loro Olimpo - ti piombano addosso, e ti dànno la morte - quella morte che loro conoscono, ch’è un amaro sapore che dura e si sente.
Issione: Dunque si può ancora morire.
La Nube: No, Issione. Faranno di te come un’ombra, ma un’ombra che rivuole la vita e non muore mai più.
Issione: Tu li hai veduti questi dèi?
La Nube: Li ho veduti… O Issione, non sai quel che chiedi.
Issione: Anch’io ne ho veduti, Nefele. Non sono terribili.
La Nube: Lo sapevo. La tua sorte è segnata. Chi hai visto?
Issione: Come posso saperlo? Era un giovane, che traversava la foresta a piedi nudi. Mi passò accanto e non mi disse una parola. Poi davanti a una rupe scomparve. Lo cercai a lungo per chiedergli chi era - lo stupore mi aveva inchiodato. Sembrava fatto della stessa carne tua.
La Nube: Hai veduto lui solo?
Issione: Poi in sogno l’ho rivisto con le dee. E mi parve di stare con loro, di parlare e di ridere con loro.
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