(Gli prende la lettera)

 

MARCHESE

Carlos, lo faccio di controvoglia. Solo quella lettera mi importava.

 

CARLOS

Addio! (Si allontana lentamente senza proferir parola e, sulla soglia, si ferma un attimo, torna sui suoi passi e gli ridà la lettera) Eccola! (Gli trema la mano, gli occhi gli si riempiono di lacrime, abbraccia il marchese e gli nasconde il capo sul petto) Questo non può farlo mio padre, non è vero? Non è vero, Rodrigo? Che questo non può farlo?

 

(Esce rapidamente)

 

Scena sesta

 

 

MARCHESE (osservandolo stupito mentre esce)

Possibile? Allora non lo conoscevo bene? O solo in parte? Questo intimo dettaglio del suo cuore mi era sfuggito? Egli dubita del suo amico! No! Questo è un sacrilegio! Di cosa si è reso colpevole nei miei confronti perché io lo accusi della più immonda tra le debolezze? La stessa accusa mi può essere rivolta. Indubbiamente questo fatto lo stupirà, e lo capisco. Non poteva certo aspettarsi tanta reticenza da parte di un amico… Ne proverà dolore. Ma mi è impossibile evitarti tutto questo, Carlos diletto, e sono costretto a torturare ancora la tua bella anima. Il re ha fiduciosamente confidato a quest’urna il suo segreto, e la fiducia merita una ricompensa. La mia reticenza non ti procura dei danni irreparabili, e probabilmente ti risparmia dei dolori: a che scopo dovrei allora parlare? Perché indicare a chi è sprofondato nel sonno la nuvola burrascosa che gli incombe sul capo? Basta che io, in silenzio, la allontani da te perché il cielo, al tuo risveglio, torni sereno a brillare. (Esce)

 

Scena settima

 

 

Lo studio del re. Il re in poltrona, e accanto a lui l’infanta Clara Eugenia.

 

RE (dopo una lunghissima pausa)

No! Anche lei è mia figlia… Come potrebbe la natura mentire con una simile apparenza di verità? Questo occhio azzurro è il mio! E non mi riconosco in ogni suo lineamento? Sì, tu sei figlia del mio amore. Ti stringo al cuore, tu sei il mio sangue. (Trasalisce e si ferma) Il mio sangue! Cosa posso temere di peggio? I miei lineamenti non sono forse anche i suoi? (Ha il medaglione in mano e guarda alternativamente sia il ritratto che uno specchio di fronte a lui. Alla fine lo getta al suolo, si alza bruscamente e allontana l’infanta) Via! Via! Io mi smarrisco dentro questo abisso!

 

Scena ottava

 

 

Il conte di Lerma, il re.

 

LERMA

Sua Maestà la regina attende in anticamera.

 

RE

Adesso?

 

LERMA

E chiede rispettosamente di essere ricevuta.

 

RE

Adesso? Proprio adesso? A un’ora insolita come questa? No, io non posso parlarle, non posso. Non ora.

 

LERMA

Ecco Sua Maestà in persona. (Esce)

 

Scena nona

 

 

Il re. La regina che entra. L’infanta.

 

(Quest’ultima le corre incontro, e si getta tra le sue braccia. La regina si inginocchia davanti al re che rimane turbato in silenzio)

 

REGINA

Mio signore e mio sposo, io devo, io sono costretta a implorare giustizia davanti al vostro trono.

 

RE

Giustizia…

 

REGINA

In questa corte sono trattata in modo abominevole. Il mio scrigno è stato scassinato.

 

RE

Cosa?

 

REGINA

Oggetti di gran valore per me mi sono stati sottratti.

 

RE

Di gran valore per voi?

 

REGINA

Per il significato che la spudoratezza di un estraneo potrebbe attribuir loro.

 

RE

Spudoratezza? Significato? Vi prego, alzatevi.

 

REGINA

Non mi alzerò, caro sposo, prima che vi obblighiate solennemente a consegnare in mia presenza, a mia soddisfazione, il colpevole colpito dagli strali della vostra autorità oppure, in caso contrario, di allontanare da me una corte tra cui si nasconde un ladro…

 

RE

Alzatevi, vi prego… non potete restare in questa posizione… alzatevi.

 

REGINA (alzandosi)

Che sia un personaggio d’alto rango, l’ho compreso dal momento che lo scrigno conteneva oltre un milione di valore tra diamanti e perle, ed egli ha rubato solo le lettere…

 

RE

Che io, tuttavia…

 

REGINA

Con gioia, caro sposo. Erano delle lettere e un medaglione dell’infante.

 

RE

Dell’…

 

REGINA

Dell’infante, vostro figlio.

 

RE

Indirizzate a voi?

 

REGINA

A me.

 

RE

Dell’infante? E osate dirlo a me?

 

REGINA

Perché non a voi, caro sposo?

 

RE

Con questa fronte!

 

REGINA

Cosa c’è di strano? Credo che vi ricordiate delle lettere che, con l’assenso delle due corone, Don Carlos mi scrisse da Saint-Germain. Se il ritratto che accompagnò le lettere facesse parte dell’assenso, o se la sua impetuosa speranza incoraggiò da parte sua quest’audacia, non spetta a me stabilirlo. Se ha agito con giovanile sventatezza, è scusabile, ed io me ne faccio garante. Dato che, all’epoca, non poteva certo pensare che il dono sarebbe stato destinato a sua madre… (Nota un movimento furtivo del re) Che c’è? Che avete?

 

INFANTA (che intanto ha trovato il medaglione per terra e ci ha giocato, lo consegna alla madre)

Guarda che bel ritratto, mamma!

 

REGINA

Cosa c’è, bambina mia… (Riconosce il medaglione e resta immobile, stupita, in silenzio. Entrambi si guardano fisso senza abbassare gli occhi. Alla fine, dopo una lunga pausa) Devo riconoscere, Sire, che questo mezzo di scrutare a fondo nel cuore della propria sposa è davvero nobile e degno di un re! Vorrei porvi una domanda…

 

RE

Sta a me porre domande.

 

REGINA

Vorrei che gli innocenti non dovessero soffrire del sospetto che ricade su di me. Se questo furto è stato commissionato da voi…

 

RE

Sì.

 

REGINA

Allora non devo accusare né rattristarmi per nessuno. Ad eccezione di voi cui il destino ha riservato una consorte che non meritava di essere sottoposta a simili mezzi…

 

RE

Riconosco questo linguaggio ma devo aggiungere, signora, che non m’ingannerà una seconda volta come mi ha ingannato ad Aranjuez. Ora conosco molto meglio quella regina candida come la neve che, a quel tempo, seppe difendersi con rara dignità!

 

REGINA

Cosa volete dire?

 

RE

Poche parole, signora, e senza doppisensi! È vero che in quel luogo non avete parlato ad anima viva? Con nessuno, voglio dire? È questa la pura verità?

 

REGINA

Ho parlato con l’infante. Sì.

 

RE

Sì, allora non ci sono più dubbi! È chiaro come il sole. Che impudenza, che disprezzo per il mio onore!

 

REGINA

Onore, Sire? Se c’era un onore da proteggere, si trattava di qualcosa di gran lunga superiore a quello che ricevetti come dono nuziale da Castiglia.

 

RE

Perché avete negato?

 

REGINA

Perché non è mia abitudine, Sire, essere interrogata in presenza della corte come una volgare delinquente! Se mi si interroga con dolcezza e con rispetto, io non tacerò mai la verità! Era questo il tono che Vostra Maestà mi fece udire ad Aranjuez? Ed è il Consiglio dei Grandi il tribunale più indicato perché le regine trascinate con la forza vi debbano svelare le loro azioni personali? Sì, io accordai al principe il colloquio che con tanta insistenza aveva sollecitato. Lo feci, caro sposo, perché così ho voluto e perché non voglio che la consuetudine continui ad essere il giudice cui sottomettere volontà e azioni assolutamente innocenti, e ve l’ho tenuto nascosto solo perché davanti alla corte non volevo discutere con Vostra Maestà su un diritto inalienabile come questo!

 

RE

Signora, le vostre affermazioni sono molto audaci…

 

REGINA

E lo riaffermo perché ora difficilmente l’infante potrà godere del trattamento che merita presso il cuore di suo padre…

 

RE

… che merita?

 

REGINA

Perché dovrei tenervelo nascosto, Sire? Io ho molta stima nei suoi confronti e lo amo come il parente più caro, che un tempo fu considerato degno di portare un nome che mi concerneva molto da vicino.