Fridolin annuì. «Ebbene?» chiese.
«L’avevo già visto la mattina» rispose Albertine «mentre saliva in fretta le scale dell’hôtel con la sua borsa gialla. Mi aveva osservata di sfuggita ma, fatti alcuni gradini, si fermò, si girò verso di me ed i nostri sguardi dovettero incontrarsi.
Non sorrise, mi sembrò, anzi, che il suo volto si rabbuiasse, e lo stesso capitò a me, poiché ero agitata come non mai. Me ne stetti tutto il giorno trasognata sulla spiaggia. Se mi avesse chiamata così pensavo - non avrei potuto resistergli.
Ritenevo di essere pronta a tutto; mi credevo pressoché decisa a sacrificare te, la bambina, il mio avvenire ed allo stesso tempo - puoi capirlo? mi eri più caro che mai. Proprio quel pomeriggio, devi ancora ricordartene, capitò che parlassimo di mille cose, anche del nostro comune futuro e della bambina, così intimamente come non accadeva più da tempo. Al tramonto eravamo seduti sul balcone quando lui passò; camminava lungo la spiaggia senza sollevare lo sguardo, e fui felice di vederlo. Tuttavia ti accarezzai la fronte e ti baciai i capelli e nel mio amore per te c’era allo stesso tempo tanta sofferta compassione. La sera ero bellissima, me lo dicesti anche tu, e avevo una rosa bianca nella cintura. Forse non fu un caso che lo straniero sedesse coi suoi amici vicino a noi. Non mi guardò, ma io mi baloccai con l’idea di alzarmi, andare al suo tavolo e dirgli: Eccomi, mio atteso amante - prendimi. In quel momento gli portarono il telegramma, lo lesse, impallidì, sussurrò alcune parole al più giovane dei due ufficiali e, sfiorandomi con uno sguardo enigmatico, lasciò la sala».
«E poi?» domandò asciutto Fridolin quand’ella tacque.
«Nient’altro. Il mattino seguente mi svegliai con una certa apprensione. Non so, né lo sapevo allora, se temevo di più che fosse partito o che potesse essere ancora là. Tuttavia quando non ricomparve neanche a mezzogiorno, tirai un sospiro di sollievo. Non farmi altre domande, Fridolin, ti ho detto tutta la verità. E poi anche tu hai avuto qualche avventura su quella spiaggia lo so».
Fridolin si alzò, si mise a camminare avanti e indietro per la stanza, poi disse: «Hai ragione».
Stava presso la finestra, il viso in ombra. «Di mattina», cominciò con voce velata, un po’ ostile «a volte anche molto presto, prima che ti alzassi, ero solito camminare lungo la riva allontanandomi dal paese; e sebbene fosse presto, sul mare brillava già un sole chiaro e forte. Da quelle parti, vicino alla spiaggia, c’erano, come sai, delle villette isolate, ognuna come un piccolo mondo a sé, alcune col giardino recintato da uno steccato, altre circondate anche solo dal bosco, la strada e un pezzo di spiaggia separavano i capanni dalle case. Era difficile che incontrassi qualcuno così di buon’ora; e bagnanti non se ne vedevano mai. Ma una mattina scorsi ad un tratto una figura femminile che fino allora mi era rimasta nascosta: procedeva cautamente sullo stretto terrazzino di uno dei capanni piantati nella sabbia, mettendo un piede avanti all’altro e con le braccia tese indietro lungo la parete di legno. Era una ragazza giovanissima, forse quindicenne, coi capelli biondi sciolti che le ricadevano sulle spalle e, da una parte, sul seno delicato. La ragazza guardava l’acqua dinanzi a sé, scivolando adagio lungo la parete si spostava senza alzare lo sguardo verso l’altro angolo e tutt’a un tratto venne a trovarsi proprio di fronte a me; tese ancora di più le braccia all’indietro, come per aggrapparsi meglio, alzò gli occhi e improvvisamente si accorse di me.
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