Nelle rare volte in cui sentiva parlare di Frederick, tutti lo chiamavano il “povero Frederick”. La sua stanza era stata mantenuta esattamente come l’aveva lasciata, ed era stata regolarmente spolverata e tenuta in ordine da Dixon, la cameriera della Signora Hale, la quale non doveva occuparsi di nessun altro lavoro domestico, e che non mancava di ripetere spesso d’essere stata ingaggiata dalla Signora Beresford come cameriera personale delle graziose figlie del Signor John, due vere meraviglie del Rutlandshire. Dixon aveva sempre considerato il Signor Hale come della ruggine che si era abbattuta sulle ottime prospettive della sua giovane padrona. Se la Signorina Beresford non avesse avuto tanta fretta di sposare un povero prete di paese, chissà che cosa sarebbe potuta diventare. Per questo Dixon le era completamente fedele nella solitudine, nell’afflizione e nello sgretolarsi della sua vita coniugale. Dixon era rimasta sempre con lei, devota nei suoi interessi; considerando sé stessa come una fata buona e protettiva, il cui compito era quello di difenderla dal gigante maligno, il Signor Hale. 

Frederick era sempre stato per lei fonte d’orgoglio e il suo preferito; e fu con un lieve rilassamento del suo aspetto dignitoso e dei suoi gesti, che andò quella settimana a riassettare la camera, con la stessa cura che avrebbe messo se Frederick fosse dovuto tornare quella sera stessa.

Margaret non poteva credere che vi fosse stata qualche negligenza da parte di Frederick, della quale sua madre non era a conoscenza, e che rendeva suo padre così ansioso e inquieto. A dire il vero la Signora Hale non sembrava percepire il minimo cambiamento nell’aspetto e nei modi del marito. Il suo spirito era sempre tenero e dolce, facilmente influenzabile dai piccoli problemi riguardanti il benessere delle altre persone. Sarebbe rimasto depresso per molti giorni dopo aver assistito ad un letto di morte, o udito di qualsiasi crimine. Ma ora Margaret notava la sua distrazione, come se i suoi pensieri fossero rivolti verso un problema specifico, un’oppressione che non riusciva a nascondere nelle sue azioni quotidiane, come confortare dei sopravvissuti, o mentre insegnava presso la scuola, nella speranza di diminuire il male nelle generazioni a venire. Il Signor Hale cominciò a non incontrarsi con i suoi parrocchiani, come faceva di solito, ma si rinchiudeva nel suo studio ogni giorno di più; attendeva con ansia il passaggio del postino del villaggio, che l’avvisava del suo arrivo con uno strano segnale, e che poi s’affacciava in una finestra nel retro della cucina. Passarono diversi giorni prima che gli abitanti della casa capissero che cosa stesse accadendo. Per questo nei giorni successivi, quando il tempo lo permetteva, il Signor Hale attendeva il postino in giardino, e negli altri casi, se ne stava in piedi nello studio con aria sognante, aspettando il segnale, e poi scendeva direttamente in strada; e dopo aver elargito un mezzo inchino e un saluto confidenziale, guardava il postino allontanarsi, oltre le dolci siepi, fino alla collina, prima che la oltrepassasse e cominciasse così la sua giornata, con tutti i sintomi d’un cuore affaticato e una mente occupata dai troppi pensieri.

Ma Margaret era in un’età nella quale ogni apprensione, non assolutamente basata sulla mera conoscenza dei fatti, veniva scacciata via con facilità, da una bella giornata di sole, o da qualche circostanza felice. E quando i primi luminosi giorni d’ottobre arrivarono, le sue preoccupazioni erano state spazzate via, e i suoi pensieri erano tutti rivolti alle glorie della natura. La raccolta delle felci era finita, e ora che la pioggia era scomparsa, molti luoghi erano tornati accessibili, luoghi che Margaret era riuscita a visitare solo nei mesi di luglio e agosto. Aveva imparato a dipingere con Edith; e aveva sufficientemente rimpianto l’oscurità del maltempo, e il suo non averne approfittato quando la bellezza dei boschi era al culmine, impegnandosi a disegnare ciò che riusciva, prima dell’arrivo dell’inverno. Era impegnata a sparecchiare la tavola, una mattina, quando Sarah, la cameriera, spalancò la porta del salotto e le annunciò il Signor Henry Lennox.

 

iii

"Chi va piano va sano e va lontano"

 

“Il Signor Henry Lennox”. Margaret stava pensando proprio a lui solo un momento prima, mentre ricordava l’interrogatorio sullo svolgimento delle sue probabili attività, una volta che si fosse ritrovata in quella casa. “Un po’ come parlare del sole e vederne i raggi!” e la luminosità del sole s’avvicinò al volto di Margaret, distogliendola dalla sua occupazione; lei avanzò morbidamente d’un passo per stringergli la mano.

“Avvisa mia madre, Sarah!” disse. “Mia madre e io desideriamo porvi così tante domande su Edith; vi sono davvero grata per la vostra visita”.

“Non ve l’avevo forse promesso?” le ricordò lui, in un tono più basso però di quello che aveva usato lei.

“Ma ho sentito parlare di voi in luoghi così lontani come le Highlands, che non potevo immaginare che passavate nell’Hampshire!”.

“Oh” rispose lui pacato, “sappiate che la nostra giovane coppia si sta divertendo con giochi terribilmente sciocchi, sta correndo ogni sorta di rischi, arrampicandosi sulle montagne e facendo vela nei laghi, e per questo ho pensato che avessero bisogno d’un mentore che si prendesse cura di loro. Così è stato; però sono diventati ingestibili per mio zio, e hanno tenuto quel vecchio gentiluomo in preda al panico sedici ore su ventiquattro! Per questo, quando ho avuto la certezza che non fossero in grado di viaggiare da soli, ho creduto fosse mio dovere non lasciarli, finché non li avessi visti imbarcati in tutta sicurezza a Plymouth”.

“Siete stato a Plymouth? Oh! Edith non me ne aveva mai parlato! Certo! Per questo mi ha scritto così di fretta recentemente! Sono salpati di martedì?”

“Si sono partiti di martedì, sollevandomi da molte responsabilità. Edith mi ha dato ogni tipo di messaggi per voi. Credo d’averne una nota riassuntiva da qualche parte; si, eccola qui”.

“Oh! Grazie!” esclamò Margaret, e poi nel desiderio di leggere la missiva da sola, senza essere guardata, approfittò della scusa d’andare a chiamare nuovamente sua madre (Sarah aveva sicuramente fatto qualche errore) per avvisarla che il Signor Lennox era lì.

Appena lei lasciò la stanza, lui cominciò a scrutare la casa e a guardarsi intorno. Il salottino avrebbe senz’altro offerto un aspetto migliore illuminato dalla luce del primo mattino; comunque la finestra centrale era stata aperta, e i roseti e i caprifogli scarlatti facevano capolino da dietro l’angolo; il piccolo prato era bellissimo, con le verbene e i gerani di mille colori brillanti. Ma la luminosità esterna, faceva sembrare i colori interni della casa poveri e sbiaditi. Il tappeto era tutt’altro che nuovo: era stato lavato spesso; l’intera canonica era più misera e sciatta di quanto avesse previsto, almeno come ambiente domestico e protettivo per Margaret, una signorina così regale. Prese uno dei libri sul tavolo, era il Paradiso di Dante, in una vecchia edizione in italiano rilegata in oro bianco e pergamena; vicino ad esso c’era un dizionario, con alcune parole copiate nella calligrafia di Margaret. Erano un noioso elenco di parole, ma gli piaceva molto guardarle. Le mise giù con un sospiro.

“Le sue condizioni sono evidentemente più modeste di quanto avevo immaginato. Questo è molto strano, le Beresford appartengono a una buona famiglia” pensò.

Margaret nel frattempo aveva trovato sua madre.