Il sole era calato e l’aria si era sensibilmente rinfrescata.

Robert fece dirigere la carrozza verso la città. Non parlarono più, e quando egli le prese la mano, lei ricambiò la stretta con inatteso calore. Nei suoi tratti stanchi comparve un barlume di gioia, quasi di felicità.

Robert si fermò con lei in un piccolo albergo che conosceva per esserci stato in altre occasioni del genere, prese una stanza e ordinò la cena. Mentre la stavano aspettando, lei sedeva con le mani in grembo su un divano di felpa blu e lui fumava una sigaretta camminando su e giù per la stanza modesta ma ben tenuta. Sopra i letti erano appese due brutte oleografie, paesaggi italiani con figure; a destra il Vesuvio, che diffondeva sul golfo di Napoli fumo e chiarore di fuoco, a sinistra un’osteria nella campagna romana con carrettieri vestiti di rosso e di azzurro, ragazze dal largo sorriso e, sullo sfondo, un acquedotto con colonne mozze. Mai conoscerà dell’Italia più di quello che le è dato di vedere in queste immagini, pensò Robert. E il suo sguardo carico di rimorso e commiserazione sfiorò il capo della donna, che continuava a star seduta in silenzio, nella sua blusa di lino a pois blu chiusa fino al collo e un poco sgualcita. I capelli erano biondo scuro e folti, gli occhi chiari e grandi, ma i tratti del volto, alla luce giallastra del lampadario a due bracci che pendeva dal soffitto, apparivano ancora più sfioriti che non nel chiarore crepuscolare della strada. A un tratto alzò gli occhi su di lui e con tono semplice, quasi asciutto, gli disse: «Non pensi male di me, ma sono veramente così sola». Commosso, Robert le si fece più vicino, le prese le guance tra le mani e la baciò sulla bocca.

Poco dopo la mezzanotte, quando ormai stavano per andarsene, lei gettò uno sguardo alla tavola apparecchiata sulla quale erano rimasti degli avanzi della cena e disse: «E’ davvero un gran peccato».

«Domani li riscalderanno per qualcun altro» disse lui in tono scherzoso. E lei: «Lo potremmo fare anche noi, dal momento che abbiamo pagato». E al suo sguardo sorpreso: «Hai qualcosa in contrario?». Al che lui, un poco imbarazzato: «Veramente non ce ne sarebbe bisogno, bambina mia». E aggiunse: «Scusami se ne parlo, ma, se me lo permetti… sono a tua disposizione…». Lei lo interruppe con un gesto deciso della mano, ma senza fare l’offesa. «Grazie»

disse, e con un sorriso stanco: «Questo di me non devi pensarlo».

Svolse il rotolo dei fogli da musica, che conteneva, oltre alcuni quaderni di musica un po’ stracciati, anche qualche foglio di carta protocollo, incartò in uno di essi la carne fredda e infilò il pacchetto nella tasca dell’impermeabile. Poi scesero le scale; Robert faceva luce con una candelina. In strada la prese sottobraccio. «Oh, non c’è bisogno che mi accompagni a casa!» disse lei. «Non sono certo obbligato a farlo. Ma se mi fa piacere». Al primo angolo era ferma una vettura. «Andremo in carrozza» disse lui. Lei scrollò il capo.

«Sprecone» rispose, con lo stesso tono stanco di qualche ora prima, quando Robert aveva ordinato una bottiglia di vino pregiato.