Era davvero così. 

Il mondo lo avrebbe senz’altro condiviso, se Bankes avesse saputo dire perché quella donna gli piaceva tanto; perché la vista di lei che leggeva una favola al bambino avesse su di lui esattamente lo stesso effetto della soluzione di un problema scientifico, così che egli ne rimaneva in contemplazione, e sentiva, come sentiva quando aveva dimostrato qualcosa di assoluto sul sistema digestivo delle piante, che la barbarie era domata, il regno del caos vinto. 

Alla vista di tale estasi — poiché come altrimenti la si sarebbe potuta chiamare? — Lily Briscoe dimenticò completamente quel che stava per dire. Non era nulla di importante; qualcosa che riguardava la signora Ramsay. Impallidiva paragonata a quella “estasi”, a quella silenziosa contemplazione per cui lei provava intensa gratitudine; poiché nulla le dava tanto sollievo, la liberava dalla perplessità della vita, e prodigiosamente ne sollevava i fardelli quanto questo sublime potere, questo dono celeste, e non lo si sarebbe potuto turbare, finché durava, così come non si sarebbe potuta infrangere la freccia di sole che si distendeva sul pavimento. 

Che qualcuno amasse così, che Bankes provasse quei sentimenti per la signora Ramsay (lo guardò interrogandosi) era confortante e esaltante. Pulì i pennelli uno dopo l’altro su un vecchio straccio, in un gesto deliberatamente servile. Cercava rifugio dalla venerazione che si estendeva a tutte le donne; si sentiva lodata. Che lui guardasse pure; lei avrebbe osservato di nascosto il suo quadro. 

Le venne da piangere. Era brutto, era brutto, era infinitamente brutto! Naturalmente avrebbe potuto farlo in  modo diverso; i colori avrebbero potuto essere più diluiti e spenti; le forme rese più eteree; come lo avrebbe visto Paunceforte. Ma lei non lo vedeva così. Vedeva il colore bruciare su una intelaiatura d’acciaio; la luce dell’ala di una farfalla distesa sugli archi di una cattedrale. Di tutto questo rimanevano soltanto alcuni segni casuali, scarabocchiati sulla tela. E il quadro non sarebbe mai stato visto; non sarebbe mai neppure stato appeso, e ecco Charles Tansley che le sussurrava all’orecchio: “Le donne non sanno dipingere, le donne non sanno scrivere...”. 

Ora ricordò che cosa stava per dire della signora  Ramsay. Non sapeva come lo avrebbe espresso; ma sarebbero state parole di critica. La sera prima era stata infastidita da una certa prepotenza. Seguendo lo sguardo che Bankes posava su di lei, si disse che nessuna donna poteva venerare un’altra donna al modo in cui lui venerava; potevano soltanto cercare rifugio all’ombra che Bankes stendeva su entrambe. Guardando nella direzione del raggio dello sguardo di lui, vi aggiunse il suo diverso raggio, pensando che era senza dubbio la più bella delle creature (china sul libro); forse la migliore; pure, diversa dalla forma perfetta che si scorgeva là. Ma perché diversa, e in  che modo diversa? si chiese, raschiando via dalla tavolozza tutti quei mucchietti di blu e di verde che ora le sembravano zolle senza vita, e tuttavia si promise di ispirarli, di costringerli a muoversi, a fluire, a fare quel che lei voleva domani. In che cosa era diversa? Che spirito vi era in lei, quale elemento essenziale grazie al quale, se aveste trovato un guanto in un angolo del divano, avreste saputo innegabilmente, dal dito ripiegato, che era suo? Era come un uccello per la velocità, una freccia per la precisione. Era volitiva; era imperiosa (naturalmente, si ricordò Lily, io penso ai suoi rapporti con le donne, e io sono molto più giovane, una creatura insignificante che vive nei pressi di Brompton Road). Apriva le finestre delle camere da letto. Chiudeva le porte. (Cercava così di dare mentalmente il via al ritmo della signora Ramsay.) Entrava a notte tarda, con un colpo leggero alla porta della sua camera da letto, avvolta in una vecchia pelliccia (poiché la cornice della sua bellezza era sempre così — affrettata ma adatta, e interpretava questo o quell’altro avvenimento — Charles Tansley che perdeva l’ombrello; Carmichael che fiutava e annusava; Bankes che diceva: “i sali vegetali vanno perduti”. Tratteggiava tutte queste cose abilmente; spesso le deformava maliziosamente; e, avvicinandosi alla finestra, fingendo di dover andare — era l’alba, vedeva il sorgere del sole — si volgeva a mezzo, in un gesto più intimo, ma sempre ridendo, insisteva che lei doveva, Minta doveva, tutti dovevano sposarsi, poiché in tutto il mondo, per quante corone di alloro potessero venirle gettate (ma alla signora Ramsay non importava nulla della sua pittura), per quanti trionfi potesse conquistare (probabilmente la signora Ramsay ne aveva conosciuti parecchi), e a questo punto si rattristava, si incupiva, e tornava alla sua sedia, non era possibile negare una cosa: una donna nubile (le prendeva leggermente la mano per un istante), una donna nubile ha perduto la parte migliore della vita. La casa sembrava piena di bambini che dormivano e della signora Ramsay che ascoltava; di luci schermate di respiri regolari. 

Oh ma, diceva Lily, c’era suo padre; la sua casa; e anche, se avesse osato dirlo, la sua pittura. Ma tutto questo sembrava tanto piccolo, tanto verginale paragonato all’altro. Pure, mentre la notte volgeva al termine, e bianche luci  dividevano le tende, e di quando in quando un uccello trillava in giardino, raccogliendo un coraggio disperato invocava la propria esenzione dalla legge universale; ne perorava la causa; le piaceva essere sola; le piaceva essere sé stessa; non era fatta per il matrimonio; e così doveva incontrare lo sguardo grave di occhi di ineguagliata profondità, e affrontare la semplice certezza della signora Ramsay (ora era puerile) che la sua cara Lily, la sua piccola Brisk era una sciocca. Allora, ricordava, aveva appoggiato la testa in grembo alla signora Ramsay e aveva riso, e riso, e riso, riso quasi istericamente al pensiero della signora Ramsay che governava con immutabile calma destini che assolutamente non  riusciva a comprendere. Sedeva là semplice, seria. Aveva ritrovato ora la sensazione di lei — il dito piegato del guanto. Ma in quale segreto rifugio era penetrata? Lily Briscoe aveva infine alzato lo sguardo, e ecco là la signora Ramsay,  affatto inconsapevole della causa della sua risata, sempre pronta a governare, ma ora senza più alcuna traccia di dispotismo, e al suo posto, qualcosa di chiaro come lo spazio che le nuvole infine rivelano — il piccolo spazio di cielo che dorme accanto alla luna. 

Era saggezza? Era conoscenza? Era, ancora una volta, l’ingannevolezza della beltà, così che tutte le proprie percezioni, a metà strada verso la verità, venivano intrappolate in una rete d’oro? o nascondeva dentro di sé un segreto che Lily Briscoe credeva fermamente le persone dovessero avere perché il mondo potesse continuare? Non potevano  tutti vivere confusamente, alla giornata, come lei. Ma se sapevano, potevano dire agli altri che cosa sapevano? Seduta a terra con le braccia che cingevano le ginocchia della signora Ramsay, vicina a lei quanto più era possibile, sorridendo al pensiero che la signora Ramsay non avrebbe  mai conosciuto la ragione di quella stretta vicinanza, Lily aveva immaginato che nelle camere della mente e del cuore della donna che, fisicamente, la stava toccando, vi fossero, come nei tesori delle tombe dei re, tavolette con iscrizioni sacre, che avrebbero insegnato ogni cosa a chi avesse saputo decifrarle, ma non sarebbero mai state offerte apertamente, mai rese pubbliche. Per quale arte, nota all’amore o all’astuzia, era possibile forzare le porte di quelle camere segrete? Per quale mezzo era possibile diventare, come acque versate nella stessa giara, inestricabilmente la stessa cosa con l’oggetto adorato? Poteva riuscirvi il corpo, o la mente, che si insinuava sottilmente negli intricati corridoi del cervello? o il cuore? Amare, come diceva la gente, poteva fare di lei e della signora Ramsay una tosa sola? poiché non era la conoscenza ma l’unione che desiderava, non iscrizioni su tavolette, nulla che potesse venir scritto in un linguaggio noto agli uomini, ma l’intimità, che è conoscenza, aveva pensato, appoggiando la testa sulle ginocchia della signora Ramsay. 

Non era accaduto nulla. Nulla! Nulla! mentre appoggiava la testa contro le ginocchia della signora Ramsay. E tuttavia sapeva che conoscenza e saggezza erano custodite nel cuore della signora Ramsay. Come era dunque possibile, si era chiesta, conoscere questa o quella cosa degli altri, rigorosamente sigillati quali erano? Come un’ape, attirata da una dolcezza o un’asprezza nell’aria inafferrabile al tocco o al gusto, la gente non abbandonava mai l’alveare a forma di cupola, percorreva da sola le distese d’aria sui paesi del mondo, e poi tornava a visitare gli alveari con i loro mormorii e i loro movimenti; gli alveari che erano le persone. La signora Ramsay si era alzata. Lily si era alzata. 

La signora Ramsay era uscita. Per giorni e giorni aleggiò attorno a lei, come si avverte dopo un sogno un sottile mutamento nella persona che si è sognata, più vivido di qualsiasi cosa dicesse, il suono di un mormorio, e quando sedeva nella poltrona di giunco nel vano della finestra del salotto, agli occhi di Lily aveva una forma augusta; la forma di una cupola. 

Il raggio dello sguardo seguì la traiettoria dello sguardo di Bankes fino alla signora Ramsay che sedeva là a leggere con James alle ginocchia. Ma ora mentre lei ancora guardava, Bankes aveva smesso.