Camminava per campi fioriti e si portava al seno fiori recisi e agnellini caduti; con le stelle negli occhi e il vento tra i capelli — Le prese la borsa.
«Arrivederci, Elsie» lei disse, e si incamminarono lungo la strada, lei con il parasole ben ritto e camminando come se si aspettasse di incontrare qualcuno appena girato l’angolo, mentre per la prima volta in vita sua Charles Tansley provava un orgoglio straordinario; un uomo che scavava una fognatura smise di scavare e la guardò; lasciò ricadere il braccio e la guardò; Charles Tansley provò un orgoglio straordinario; sentì il vento e i ciclamini e le violette perché per la prima volta nella vita camminava con una bella donna. Teneva saldamente la sua borsa.
2
«Niente gita al Faro, James» disse, in piedi davanti alla finestra, parlando con imbarazzo, ma cercando, in segno di rispetto per la signora Ramsay, di addolcire la voce quanto meno in una parvenza di cordialità.
Che uomo odioso e meschino, pensò la signora Ramsay, perché continuare a dirlo?
3
«Forse al risveglio troverai il sole splendente e gli uccelli che cantano» disse con tenera comprensione, accarezzando i capelli del bambino, perché suo marito, con la sua caustica affermazione che il tempo non sarebbe stato bello, lo aveva depresso, lo vedeva bene. La gita al Faro era una autentica passione per lui, lo comprendeva, e, come non avesse detto abbastanza suo marito con la caustica affermazione che domani non sarebbe stato bello, era venuto quell’odioso ometto a mettere di nuovo il dito nella piaga.
«Forse domani sarà bello» disse accarezzandogli i capelli.
Ora poteva soltanto ammirare il frigorifero, e sfogliare le pagine del catalogo sperando di trovare qualcosa come un rastrello o una falciatrice, che, con le punte e l’impugnatura, richiedessero la massima cura e abilità per venir ritagliate. Tutti quei giovani parodiavano il marito, rifletté; lui diceva che avrebbe piovuto; loro dicevano che ci sarebbe stata una vera tempesta.
Ma a quel punto, mentre sfogliava le pagine, la sua ricerca di un rastrello o una falciatrice si interruppe di colpo. Il sordo mormorio, interrotto a intervalli irregolari dal suono delle pipe che venivano tirate fuori e delle pipe che venivano riposte, che le garantiva, sebbene non potesse sentire che cosa dicevano (sedeva nel vano della finestra), che gli uomini chiacchieravano piacevolmente; quel brusio che durava ormai da mezz’ora e aveva preso posto in modo rassicurante nella scala dei suoni che si affollavano su di lei, come il colpo delle palle contro le mazze, il secco, improvviso, scandito esclamare «E questo? E questo?» dei ragazzi che giocavano a cricket, era cessato; così, il ricadere monotono delle onde sulla sabbia, che di consueto accompagnava con un ritmo regolare e rassicurante i suoi pensieri e sembrava ripetere all'infinito mentre lei sedeva accanto ai ragazzi le parole confortanti di una antica ninnananna mormorata dalla natura: “Veglio su di te
—sono il tuo sostegno”, ma in altri momenti, all’improvviso e in modo inatteso, soprattutto quando la sua mente si risollevava appena da quello a cui si stava dedicando, non aveva quel dolce significato, ma come uno spettrale rullo di tamburi scandiva senza pietà il ritmo della vita, portava alla mente la distruzione dell’isola, inghiottita dal mare, e le ricordava, a lei i cui giorni erano scivolati via in un susseguirsi di rapide azioni, che tutto era effimero come un arcobaleno — quel suono che era stato offuscato e nascosto dagli altri suoni di colpo le risuonò vuoto alle orecchie, e lei alzò lo sguardo in un impulso di terrore.
Avevano smesso di parlare; era questa la spiegazione. Passando in un secondo dalla tensione che l’aveva afferrata all’estremo opposto che, quasi a risanarla da quell’inutile dispendio di emozione, era freddo, divertito e un poco maligno, concluse che si erano liberati del povero Charles Tansley. Non aveva molta importanza per lei. Se a suo marito erano necessarie offerte sacrificali (come gli erano necessarie) gli offriva allegramente Charles Tansley, che aveva avvilito il suo bambino.
Alzando il capo, ascoltò ancora un istante, come in attesa di un suono consueto, di un suono regolare, meccanico; poi, sentendo che in giardino iniziava qualcosa di ritmico, in parte detto, in parte cantato, mentre il marito passeggiava su e giù sulla veranda, qualcosa a metà tra una canzone e un suono gracidante, tornò a acquetarsi, nuovamente certa che tutto andasse bene, e chinando lo sguardo al libro che teneva sulle ginocchia trovò il disegno di un coltello da tasca con sei lame che poteva venir ritagliato soltanto se James faceva molta attenzione.
Di colpo un alto grido, come di un sonnambulo svegliato a metà, qualcosa come
In una tempesta di fucili e cannoni1
le risuonò con assoluta intensità all’orecchio, e subito si volse con apprensione per vedere se qualcuno lo sentiva. Soltanto Lily Briscoe, scoprì con gioia; e non aveva importanza. Ma la vista della ragazza in piedi a dipingere al limitare del prato le risvegliò la memoria; avrebbe dovuto tenere quanto più possibile la testa nella stessa posizione per il quadro di Lily. Il quadro di Lily! La signora Ramsay sorrise. Con i suoi occhietti da cinese e la sua faccia avvizzita non si sarebbe sposata mai; non era possibile prendere molto sul serio la sua pittura; ma era una creaturina indipendente, alla signora Ramsay piaceva per questo, così, ricordando la propria promessa, chinò il capo.
4
A dire il vero, le fece quasi cadere il cavalletto, piombandole contro gesticolando e gridando: «Con audacia e valore cavalcammo», ma, per buona fortuna, si volse bruscamente e cavalcò via, per morire gloriosamente, immaginò, sulle alture di Balaclava. Nessuno riusciva a essere a un tempo tanto ridicolo e tanto allarmante. Ma fino a quando continuava così, a agitare le braccia e gridare, Lily era al sicuro; non si sarebbe fermato a guardare il suo quadro. E questo Lily Briscoe non lo avrebbe sopportato. Anche mentre osservava l’insieme, il disegno, il colore, la signora Ramsay seduta nel vano della finestra con James, continuava a tenere d’occhio l’ambiente circostante nel timore che qualcuno si avvicinasse all’improvviso, e lei di colpo scoprisse che il suo quadro veniva osservato. Ma ora, con i sensi così all’erta, mentre guardava intensamente, fino a che il colore del muro e della clematide oltre il muro le ardeva negli occhi, avvertì che qualcuno usciva dalla casa, andando verso di lei; ma in qualche modo intuì, dai passi, che si trattava di William Bankes, così, se il suo pennello tremò, lei, come avrebbe fatto si fosse trattato di Tansley, di Paul Rayley, di Minta Doyle, in pratica di chiunque altro, non voltò la tela, ma la lasciò ritta sul cavalletto. William Bankes le era accanto.
Avevano stanze in affitto al villaggio, e così, entrando, uscendo, congedandosi a tarda sera davanti alla porta, si erano scambiati poche parole sulla minestra, sui ragazzi, su piccole cose, che li avevano resi alleati; così, mentre lui ora le era accanto con un’aria da intenditore (era tanto vecchio da poter essere suo padre, un botanico, vedovo, profumato di sapone, molto ordinato e pulito) lei non si mosse. Lui non si mosse. Aveva scarpe ottime, pensò Bankes. Lasciavano lo spazio necessario alle dita dei piedi. Abitando nella stessa casa in cui abitava lei, aveva notato anche quanto fosse metodica, in piedi prima di colazione e subito fuori a dipingere, da sola, pensava: povera, probabilmente, e senza l’incarnato e il fascino della signorina Doyle, certo, ma con un buon senso che ai suoi occhi la rendeva superiore a quella giovane donna. Ora, per esempio, mentre Ramsay piombava verso di loro, gridando, gesticolando, la signorina Briscoe, ne era certo, capiva.
Qualcuno aveva sbagliato.
Ramsay li guardò con aria minacciosa. Li guardò apparentemente senza vederli. E per questo entrambi si sentirono vagamente a disagio. Avevano visto insieme qualcosa che non avrebbero dovuto vedere. Erano due intrusi in una questione privata. Dunque, pensò Lily, era probabilmente un pretesto per allontanarsi, per non essere più a portata d’udito, quando il signor Bankes disse quasi subito che faceva molto freddo e suggerì di fare due passi. Sì, sarebbe venuta. Ma fu uno sforzo per lei distogliere lo sguardo dal quadro.
La clematide era di un luminoso violetto; il muro di un bianco abbagliante. Non le sarebbe parso onesto cambiare il luminoso violetto e il bianco abbagliante, dal momento che li vedeva così, per quanto fosse di moda, dopo la visita di Paunceforte, vedere tutto pallido, elegante, semitrasparente. E poi, sotto il colore c’era la forma. La vedeva con tanta imperiosa chiarezza quando guardava: soltanto quando prendeva in mano il pennello, tutto l’insieme cambiava.
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