Ma non intendo ostacolarti, Cassio, nei desideri tuoi. Perciň ti lascio.

CASSIO - Bruto, č da un po che ti vado osservando: mi par di non trovar piů nel tuo sguardo quela mostra dumana gentilezza e daffetto che tera abituale. Tieni una mano troppo distaccata e fredda sulamico tuo, che tama.

BRUTO - Non lasciarti ingannar dalapparenza, Cassio; se noti un velo nel mio sguardo, il turbamento che mi vedi in volto č rivolto soltanto su me stesso. Da qualche tempo sono tormentato da passioni in conflitto, da pensieri che son rivolti soltanto a me stesso, e che offuscano, forse, in qualche modo, il mio comportamento verso gli altri. Ma di ciň non si debbono dar pena i miei migliori amici, nel novero dei quali sei tu, Cassio; né diano a certa mia trascuratezza altro senso se non che questo Bruto, in guerra con se stesso, poveretto, dimentica le usuali sue maniere daffetto verso gli altri. Tutto qui.

CASSIO - Alora ho molto male interpretato finora, Bruto, i CASSIO - Alora ho molto male interpretato finora, Bruto, i moti del tuo animo; sě da tener sepolti nel mio petto, senza osare di fartene partecipe, gravi pensieri, degne riflessioni. Ma dimmi, Bruto: sai guardarti in faccia?

BRUTO - No, Cassio. Locchio non vede se stesso che per riflesso, attraverso altre cose.

CASSIO - Č vero; ed č un peccato, Bruto, che tu non abbia un tale specchio che rifletta dinnanzi alocchio tuo il tuo valore interno, sě che tu possa mirare in esso la tua immagine. Ho udito molta gente di riguardo a Roma - tranne limmortale Cesare - che parlando di Bruto e lamentandosi del giogo impostoci da questi tempi, hanno auspicato che il nobile Bruto si potesse vedere coi suoi occhi.

BRUTO - In quali rischi vorresti cacciarmi, Cassio, con questo stare a domandarmi di cercare in me stesso qualche cosa che non cč?

CASSIO - Bene, alora, Bruto, ascolta: siccome sai che non ti puoi vedere perfettamente, se non per riflesso, io mi faccio tuo specchio, ed umilmente mi sforzerň di rivelarti in breve quel che di te tu non conosci ancora. E non aver su me nessun sospetto, nobile Bruto; ché se tu sapessi chio fossi un beffatore da strapazzo, o uno uso a invilir lamicizia col profferirla al primo che mi cŕpita coi soliti melensi giuramenti; o uno uso ad adulare il prossimo con grandi abbracci, per poi dirne male, o a profondersi in voti damicizia alintera congrega, nei banchetti, alora sě che avresti ben ragione di ritenermi per uomo malfido.

(Fanfare e grida dalinterno)

(Fanfare e grida dalinterno)

BRUTO - Che voglion dire tutte queste grida? Temo che acclamino Cesare re.

CASSIO - Ah, tu lo temi? Debbo alora credere che non vorresti che fosse cosě?

BRUTO - Certo, che non vorrei che fosse, Cassio, anche se lamo come padre figlio. Ma perché mi trattieni cosě a lungo? Di che cosa vorresti farmi parte? Se č cosa che riguarda il bene pubblico, innanzi a un occhio mettimi lonore, innanzi alaltro mettimi la morte; li guardo con la stessa indifferenza; perché cosě maiutino gli dči, comč vero chio amo piů lonore del nome mio, io non temo la morte.

CASSIO - Che tu possieda in te tale virtů, Bruto, io lo so almeno cosě bene, come conosco i tratti del tuo volto. Ed č proprio lonore largomento di cui voglio parlarti. Non so quel che pensiate, tu ed altri, di questa vita, ma, per conto mio, meglio vorrei non essere mai nato che viver nel terrore dun mio simile, dun uomo in carne ed ossa come me. Io sono nato libero, come Cesare, e tu lo sei del pari. Entrambi, tu ed io, siam come lui, ben nutriti, capaci come lui di sopportare il piů rigido inverno; tantč che un certo giorno di tempesta, col Tevere che, torbido e irritato, smaniava tutto contro le sue sponde, Cesare viene accanto a me e mi dice: Cassio, ti senti di saltar con me dentro questa corrente furibonda, e nuotare laggiů, fino a quel punto?.

Non fece in tempo a dirlo, chio, cosě armato come mi trovavo, mi tuffai, e gli feci dentro lacqua il cenno di seguirmi. E cosě fece.

La corrente ruggiva, ed a bracciate, con la forza dei muscoli ed il cuore da lottatori noi la fendevamo in lotta contro il flutto cuore da lottatori noi la fendevamo in lotta contro il flutto travolgente. Ma prima di toccar la meta a terra, udi gridarmi Cesare: Soccorso! Aiuto, Cassio! Aiuto, sto affogando!. Al che io, come Enea, nostro grande avo, si trasse sule spale il vecchio Anchise da Troia in fiamme, salvai dale onde, stremato, questo Cesare. Questuomo č ora divenuto un dio, e Cassio č solo una vil cosa, un cencio duomo, tenuto ad inchinarsi fino a terra se appena Cesare, distrattamente, gli fa col capo un segno di saluto.

Quandera in Spagna fu colto da febbre, e nele fitte dela malattia notavo come fosse tutto un tremito

Eh, sě, quel dio tremava, oh!, se tremava.