I dolori del giovane Werther

 


I dolori del giovane Werther

Goethe, Johann Wolfgang von

Pubblicato: 1774

Categoria(e): Narrativa, Romanzo

Fonte: http://www.liberliber.it


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Ho raccolto con cura e qui espongo quanto ho potuto trovare intorno alla storia del povero Werther, e so che me ne sarete riconoscenti. Voi non potrete negare la vostra ammirazione e il vostro amore al suo spirito e al suo cuore, le vostre lacrime al suo destino.

E tu, anima buona, che come lui senti l'interno tormento, attingi conforto dal suo dolore, e fai che questo scritto sia il tuo amico, se per colpa tua o della sorte non puoi trovarne di più intimi.

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Libro primo

4 maggio 1771.

Come sono lieto di esser partito! Amico carissimo, che è mai il cuore dell'uomo! Ho lasciato te che amo tanto, dal quale ero inseparabile, e so-no lieto! Pure so che tu mi perdonerai. Tutte le altre persone che conosce-vamo non sembravano forse scelte apposta dal destino per angosciare un cuore come il mio?

Povera Eleonora! Eppure io ero innocente. Che potevo fare se mentre

le grazie capricciose di sua sorella mi procuravano un piacevole passa-tempo, in quel povero cuore nasceva una passione? Ma… sono proprio

del tutto innocente? Non ho forse alimentato i suoi sentimenti? Non mi sono dilettato delle sue sincere, ingenue espressioni che tanto spesso ci facevano ridere, e che erano invece così poco risibili? non ho io… Ah!

l'uomo deve sempre piangere su se stesso! Io voglio, caro amico, e te lo prometto, io voglio emendarmi; non voglio più rimuginare quel po' di male che il destino mi manda, come ho fatto finora; voglio godere il presente e voglio che il passato sia per sempre passato. Senza dubbio tu hai ragione, carissimo, i dolori degli uomini sarebbero minori se essi - Dio sa perché siamo fatti così! - se essi non si affaticassero con tanta forza di immaginazione a risuscitare i ricordi del male passato, piuttosto che sopportare un presente privo di cure.

Sarai così buono di dire a mia madre che sbrigherò nel miglior modo

possibile i suoi affari e gliene darò notizie quanto prima. Ho parlato con mia zia e non ho affatto trovato in lei quella donna cattiva che da noi si ritiene lei sia. È una donna ardente, passionale e di ottimo cuore. Le ho reso noti i lamenti di mia madre per la parte di eredità che lei ha tratte-nuta; me ne ha esposto le ragioni e mi ha detto a quali condizioni sarebbe pronta a rendere tutto, e anche più di quanto noi domandiamo. Basta, non voglio scrivere altro su questo; dì a mia madre che tutto andrà bene.

Intanto, a proposito di questa piccola questione, ho osservato che

l'incomprensione reciproca e l'indolenza fanno forse più male nel mondo della malignità e della cattiveria. Almeno queste due ultime sono certo più rare.

Del resto io qui mi trovo benissimo; la solitudine è un balsamo prezioso per il mio spirito in questo luogo di paradiso, e questa stagione di giovinezza riscalda potentemente il mio cuore che spesso rabbrividisce.

Ogni albero, ogni siepe è un mazzo di fiori e io vorrei essere un

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maggiolino per librarmi in questo mare di profumi e potervi trovare tutto il mio nutrimento.

La città in se stessa non è bella, ma la circonda un indicibile splendore di natura. Questo spinse il defunto Conte M. a piantare un giardino sopra una delle colline che graziosamente si intrecciano e formano leggia-drissime valli. Il giardino è semplice, e si sente fin dall'entrare che ne tracciò il piano non un abile giardiniere, ma un cuore sensibile che qui voleva godere se stesso. Ho già sparso lacrime su colui che non è più, in quel cadente gabinetto che era un giorno il suo posticino favorito e che ora è il mio. Presto sarò padrone del giardino; il giardiniere mi si è già af-fezionato in questi pochi giorni e non dovrà pentirsene.

10 maggio.

La mia anima è pervasa da una mirabile serenità, simile a queste belle mattinate di maggio che io godo con tutto il cuore. Sono solo e mi rallegro di vivere in questo luogo che sembra esser creato per anime simili al-la mia. Sono così felice, mio caro, così immerso nel sentimento della mia tranquilla esistenza che la mia arte ne soffre. Non potrei disegnare nulla ora, neppure un segno potrei tracciare; eppure mai sono stato così gran pittore come in questo momento. Quando l'amata valle intorno a me si avvolge nei suoi vapori, e l'alto sole posa sulla mia foresta impenetrabil-mente oscura, e solo alcuni raggi si spingono nell'interno sacrario, io mi stendo nell'erba alta presso il ruscello che scorre, e più vicino alla terra osservo mille multiformi erbette; allora sento più vicino al mio cuore brulicare tra gli steli il piccolo mondo degli innumerevoli, infiniti vermi-ciattoli e moscerini, e sento la presenza dell'Onnipossente che ci ha creati a sua immagine e ci tiene in una eterna gioia. Amico mio, quando dinanzi ai miei occhi si stende il crepuscolo e posa intorno a me il mondo e il cielo tutto nell'anima mia come la sembianza di donna amata, allora

spesso sono preso da un angoscioso desiderio e penso: Ah, potessi tu esprimere tutto questo, trasfonderlo sulla carta così pieno e caldo come vive in te, e fosse questo lo specchio della tua anima, come la tua anima è lo specchio del Dio infinito. Ma mi sprofondo in un abisso e m'inchino al-la potenza dello splendore di questa visione.

12 maggio.

Io non so se spiriti ingannevoli si librino su questa contrada o se la calda, celeste fantasia che è nel mio cuore renda tutto così paradisiaco 5

intorno a me. Ecco lì una fonte, una fonte alla quale io sono legato come Melusina alle sue sorelle. Tu scendi per un piccolo poggio e ti trovi dinanzi a un arco, da dove venti scalini ti conducono giù a una limpidissima acqua che sgorga da rocce marmoree. Il piccolo muro che chiude il recinto, gli alti alberi che l'ombreggiano intorno, la freschezza del luogo: tutto questo ha un non so che di piacevole e di attraente. Non passa giorno che io non sieda lì un'ora. Vengono dalla città le fanciulle ad attingere acqua, innocente e necessaria faccenda che una volta compivano le stesse figlie dei re. E quando sono lì, il mondo antico, patriarcale, rivive potentemente in me e ripenso come i nostri padri alla fontana stringevano e rompevano relazioni e come attorno alle fontane e alle sorgenti ondeg-giassero spiriti benefici.

Oh colui che non può partecipare a questi sentimenti, non deve mai essersi dissetato a una fresca fontana dopo una faticosa passeggiata, in un giorno d'estate!

13 maggio.

Mi domandi se devi spedirmi i miei libri. Mio caro, te ne prego in no-me di Dio, tienimeli lontani. Non voglio più esser guidato, ravvivato, in-fiammato; questo cuore arde abbastanza per se stesso; ho bisogno di un canto che mi culli, e questo l'ho trovato, in tutta la sua pienezza, nel vecchio Omero. Quante volte io calmo il mio sangue ardente… perché tu

non avrai mai visto nulla di così mutevole come il mio cuore.