È vero che hai sofferto anche la fame? Ah, — esclamò poi il Verre con tenerezza, — tu hai sofferto la fame, e in casa mia, in casa di tuo padre, si buttava ai cani la grazia di Dio, ma che dico ai cani? Al letamaio, si buttava, la grazia di Dio: il latte, il formaggio, il pane, e tante altre cose. E mio figlio aveva fame! Andrea, piccolo Andrea, vedi che cosa è la superbia!

Andrea fece un gesto, volle parlare, gridare, ma si frenò. Dopo tutto a che serviva adirarsi contro quell'infelice incosciente, abbrutito dall'alcool?

— Veniamo al sodo — intervenne il Tedde. — Ecco che Andrea è qui, e vi chiede scusa: non è vero, Andrea?

— È vero.

— Bene; ora zio Verre desidera vivamente che tu riprenda gli studi e riac-quisti il tempo perduto. Lascia a te la scelta della carriera, purché tu ti faccia onore. Ora tu resterai qualche giorno ancora in paese, poi ripartirai. Dalla città scriverai spesso, dando notizie di te, dei tuoi studî; intanto, oggi stesso, zio Verre è disposto a versare la somma necessaria per rifornirti di vesti, di libri, per il viaggio e le tasse.

Il Tedde parlava perché l'intendesse zio Larentu; e zio Larentu, per tutta risposta, mise mano alla borsa.

— Tutto, tutto quel che volete — disse commosso. — Quanto occorre? Cento, duecento lire? Cento scudi? Parlate. Zio Verre è ricco, darà tutto quello che occorre. Zio Verre non è sordo. Parla tu, figlio mio; il mio danaro non è danaro dei cani, ma quando si tratta d'un figlio unico!... Benché, — aggiunse, aprendo il portafogli e guardandovi dentro, — benché tu abbi guardato così il signor Tedde! Perché lo hai guardato così? Perché c'è qui l'acquardente?

L'acquardente [4] non fa male: fa bene anzi! Sono altre cose che fanno male, figlio mio.

Prese dal portafogli due biglietti rossi, li spiegò, li depose sulla tavola, e proseguì:

— Ebbene, sì, io mi ubbriaco. Che male c'è? Credi tu che io me ne vergogni? Non mi ubbriaco forse col mio vino? Tu non devi preoccuparti di ciò. Tu va, studia, divertiti, chiedi tutto quello che vuoi. Zio Verre è ricco come il ma-re, e ti manderà tutto quello che vorrai. Tu diventa un professorone; quando ritornerai io sarò morto, sarò dentro quest'ampolla; la vedi tu quest'ampolla?

È piena di lucertole: le vedi tu?

Andrea ebbe un fremito.

— Egli vede delle lucertole — pensò amaramente. — Dunque è più che ubbriaco: è già in delirio. Ed io prenderò i danari suoi? Mai, mai, mai! È una truffa, è un delitto, una viltà. Non voglio nulla, io, non voglio nulla.

S'alzò bruscamente, si mise a passeggiare su e giù per la stanza, concitato, sdegnato.

Zio Verre lo seguiva cogli occhi, e continuava a rivolgergli discorsi insensa-ti.

— Andrea, — disse il Tedde con voce grave, — prendi i danari che tuo padre ti dà. Sono tuoi.

Andrea s'avvicinò, prese i danari e se li pose in tasca.

— Va bene! — esclamò zio Verre.