Devo dirti una cosa all’orecchio, Moor, un’idea che mi ossessiona da un po’ di tempo, e tu sei l’uomo adatto… bevi, fratello, bevi. Che ne dici se diventassimo ebrei e fondassimo un nuovo regno d’Israele?

 

KARL (ridendo a crepapelle)

Ah, a quanto vedo vuoi far passare di moda il prepuzio da quando il barbiere te l’ha tagliato, no?

 

SPIEGELBERG

Che chiacchierone impenitente! È vero, per miracolo sono già stato circonciso. Ma, rispondimi, non è un piano scaltro e coraggioso? Spediamo un manifesto ai quattro capi del mondo, e invitiamo in Palestina tutti quelli che non mangiano carne di porco. Allora io dimostrerò con documenti inoppugnabili che discendo da Erode il Tetrarca, eccetera. Appena sbarcati sulla terraferma, sarà una vittoria clamorosa: si potrà ricostruire Gerusalemme. Noi, subito, battiamo il ferro finché è caldo, bandiamo i turchi dall’Asia, abbattiamo i cedri del Libano, fabbrichiamo le navi, e commerciamo in fibbie e fermagli con tutti gli abitanti. Intanto…

 

KARL (prendendogli la mano e sorridendo)

Camerata, il tempo della follia è finito.

 

SPIEGELBERG (stupito)

Come, non vorrai recitare la parte del figliuol prodigo! Un ragazzo di fegato come te, che ha tracciato con la spada più sfregi sul viso del prossimo che tre scrivani nella raccolta degli editti in un anno bisestile! Devo proprio ricordarti il funerale del tuo cane? Ah! Mi basterà evocare in tua presenza quell’esempio per soffiarti il fuoco nelle vene, se nient’altro riesce a scuoterti. Ti ricordi che i signori del Consiglio avevano fatto tagliare la zampa al tuo cane e che tu, per rappresaglia, hai indetto il digiuno in tutta la città? Il tuo editto provocò l’ilarità generale. Ma tu, invece, facesti requisire tutte le scorte di carne che esistevano a Lipsia e così, otto ore dopo, non c’era neanche un osso da rosicchiare e il prezzo del pesce saliva vertiginosamente. I magistrati e i borghesi meditavano la vendetta. Ma noi studenti uscimmo in strada, eravamo settecento, tu guidavi il corteo, dietro c’erano i macellai, i sarti, i merciai, poi i locandieri, i barbieri e tutte le corporazioni, che bestemmiavano e giuravano di porre la città a ferro e fuoco se si fosse torto un capello a uno studente. Andò a finire come la sparatoria di Hornberg, e quei signori rimasero con un palmo di naso. Allora tu hai convocato i medici a consulto, e hai dichiarato che avresti sborsato tre ducati a chi avrebbe scritto una ricetta per il tuo cane. Noi temevamo che quei signori fossero troppo tronfi d’onore per accettare, e già pensavamo al modo di obbligarli. Ma non fu necessario: quei signori si batterono per i tre ducati, si contrattò per il minor offerente e infine si scese fino a tre soldi: in un’ora erano state scritte ben dodici ricette, tanto è vero che, poco dopo, l’animale spirò.

 

KARL

Maledetti imbecilli!

 

SPIEGELBERG

Le esequie furono magnifiche, ci furono una quantità di carmi funebri per il cane. Era calata la notte, c’erano mille persone nel corteo che tenevano in una mano una lanterna e nell’altra la spada. Attraversammo tutta la città facendo un fracasso indiavolato di campane e un terribile cozzar di ferraglie, finché il cane non fu sepolto. Poi ci fu un banchetto che durò fino all’alba, e dopo tu ringraziasti i signori per le loro condoglianze e facesti rivendere la carne a metà prezzo. Mort de ma vie! Avevamo per te lo stesso rispetto che una guarnigione riserba a chi le ha fatto conquistare una fortezza…

 

KARL

Non ti vergogni a vantartene? Non hai abbastanza pudore da arrossire davanti a simili esibizioni?

 

SPIEGELBERG

Allora vattene, tu non sei più Moor. Ti ricordi o no che mille volte, con la bottiglia in mano, ti sei fatto beffe di quel vecchio avaro di tuo padre? Dicevi che stesse pur là a zappare e a seppellire i suoi soldi, mentre tu te ne lavavi la bocca: ti ricordi, ti ricordi o no? Ah, fanfarone miserabile, incorreggibile! Quelle sì erano parole schiette e generose, ma…

 

KARL

Maledetto te che me lo ricordi! Maledetto me che l’ho detto! Ma è stato solo tra i fumi dell’ebbrezza quando il mio cuore non partecipava alle bestemmie che mi uscivano tra i denti!

 

SPIEGELBERG (scuotendo il capo)

No, no, no! Non è possibile, fratello, che tu parli seriamente. Dimmi, fratellino, non sarà il bisogno a farti dire queste cose? Su, vieni, che ti racconto una delle mie monellerie! Vicino a casa c’era un fosso piuttosto largo, otto piedi più o meno, e noi ragazzi facevamo a gara a chi sarebbe riuscito a saltare dall’altra parte. Ma era tutto inutile. Pluff, eri già per terra soffocato da scherzi e risate, e in più venivi preso a palle di neve. Accanto alla casa, c’era alla catena il cane di un cacciatore, una bestia cattiva che, più veloce del lampo, afferrava le ragazze per un lembo della sottana quando, per sbaglio, si avvicinavano troppo. Ero felice di aizzare il cane ogni volta che potevo e crepavo dal ridere quando quella bestiaccia mi guardava furibonda, pronta a saltarmi addosso, se solo avesse potuto. Cosa accadde? Una volta ripresi di nuovo le ostilità: gli lanciai una pietra con tanta forza contro le costole che, in un balzo, riuscì a spezzare la catena e ad avventarsi su di me che scappai a precipizio, più rapido di una folgore. Perdiana! Ecco davanti a me quel maledetto fossato. Cosa potevo fare? Il cane era lì, rabbioso, e stava per raggiungermi. Quindi mi decido in fretta e furia e prendo la rincorsa. Ho saltato.