Faceva una visita pastorale a Chastelar.
Il sindaco andò a riceverlo consigliandolo di ritornare sui suoi passi.
Cravatte batteva la montagna fino ad Arche e oltre; c’era pericolo, anche con una scorta. Era come voler esporre inutilmente tre o quattro disgraziati gendarmi.
«Perciò», disse il vescovo, «ho pensato di andarci senza scorta».
«Ma cosa vi viene in mente, signor vescovo!», gridò il sindaco.
«Proprio questo, che non voglio assolutamente i gendarmi e che parto fra un’ora».
«Partite?».
«Parto».
«Solo?».
«Solo».
«Monsignore,
non
fatelo!».
«C’è, sulla montagna», replicò il vescovo, «un umile piccolo comune, piccolo così, dove non vado da tre anni. Sono miei buoni amici. Pastori mansueti e onesti. Hanno la proprietà di una capra su trenta che ne custodiscono, fanno dei bei cordoni di lana di vari colori, suonano ariette rustiche con dei piccoli flauti a sei fori. Hanno bisogno che qualcuno parli loro del buon Dio ogni tanto. Che cosa direbbero di un vescovo che ha paura? Che cosa direbbero se non ci andassi?».
«Ma, monsignore, e i briganti?».
«Toh! ora che ci penso. Avete ragione: potrei incontrarli. Anch’essi potrebbero aver bisogno che si parli loro del buon Dio».
«Ma è una banda, monsignore! Sono un branco di lupi!».
«Signor sindaco, forse Gesù mi vuole pastore in quel branco. Chi conosce le vie della Provvidenza?».
«Ma
vi
deruberanno, monsignore!».
«Non
ho
nulla».
«Vi
uccideranno».
«Un povero prete che passa borbottando le sue sciocchezze?… Via! A che scopo?».
«Ah!… E se li incontrate?».
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