da circa tre mesi, il vescovo disse:

«Malgrado tutto mi trovo parecchio in difficoltà».

«Sfido!», esclamò la signora Magloire, «monsignore non ha neppure richiesto l’assegno per le spese di carrozza in città e per i viaggi nella diocesi… Si usava un tempo, per i vescovi».

«Toh!», disse il vescovo, «avete ragione, signora Magloire».

Fece la sua richiesta.

Qualche tempo dopo, il Consiglio generale, accogliendo quella domanda, gli assegnò una somma di tremila franchi annui a titolo di: Assegno a Monsignor vescovo per spese di carrozza, di posta e visite pastorali.

Questo fatto sollevò non poche proteste da parte della borghesia locale e un senatore dell’impero, già membro del consiglio dei Cinquecento, favorevole al diciotto brumaio, titolare di una magnifica dotazione senatoriale nei dintorni di D., colse l’occasione per scrivere al ministro dei culti, il signor Bigot de Préameneu, un bigliettino irritato e confidenziale del quale riportiamo fedelmente alcune righe:

«Spese di carrozza? Ma perché, in una città che conta meno di quattromila abitanti?… Spese di viaggi?… Che scopo hanno questi viaggi, prima di tutto? E poi: come servirsi di una carrozza in questi paesi di montagna? Non ci sono strade: si può solo andare a cavallo. Perfino il ponte sulla Durance, a Chateau-Arnoux, regge a malapena i carri a buoi…

Tutti uguali questi preti, avidi, avari… Costui, sulle prime ha voluto fare il buon apostolo, ora fa come gli altri. Gli ci vuole carrozza e corriere. Ha bisogno di lusso, ecco, come i vescovi di prima. Signor conte, le cose non potranno andar bene se non quando l’imperatore ci avrà liberati dai pretonzoli… Abbasso il Papa… Io sono per Cesare e basta ecc., ecc., ecc.».

La cosa, in compenso, fece gran piacere alla signora Magloire.

«Bene», disse Baptistine, «monsignore ha cominciato con gli altri, ma ha dovuto finire col pensare a se stesso. Ha messo a posto tutte le opere di carità; ecco tremila franchi per noi. Finalmente!…».

Quella sera stessa, il vescovo scrisse e consegnò a sua sorella una nota così concepita:

Spese di carrozza e di visite

Per dare un brodo di carne agli ammalati

dell’ospedale

millecinquecento

franchi

Per la società di carità materna di Aix

duecentocinquanta

franchi

Per la società di carità materna di Draguignan

duecentocinquanta franchi

Per

i

trovatelli

cinquecento

franchi

Per

gli

orfani

cinquecento

franchi

Totale tremila

franchi

Questo era il bilancio di Myriel.

Quanto agli altri proventi vescovili, esenzioni dalle pubblicazioni, dispense, prediche, benedizioni di chiese e di cappelle, matrimoni ecc. il vescovo li esigeva dai ricchi con la stessa decisione con la quale poi distribuiva ai poveri.

In breve tempo le offerte di denaro arrivarono in abbondanza. Alla porta di monsignor Myriel bussavano quelli che possedevano e quelli che avevano bisogno. Il vescovo, così, in meno di un anno era diventato tesoriere di tutte le beneficenze e cassiere di tutte le miserie. Grosse somme di denaro passavano per le sue mani, ma nulla servì a fargli cambiare qualcosa nel suo tenore di vita o ad aggiungere qualcosa di superfluo all’indispensabile.

Tutt’altro! Poiché c’è sempre più miseria in basso che non fratellanza in alto, ogni cosa era, si può dire, distribuita prima ancora che egli l’avesse ricevuta. Aveva un bel ricevere denaro, non aveva mai un soldo. Allora si privava del suo.

L’usanza vuole che i vescovi appongano tutti i loro nomi di battesimo alle ordinanze e alle lettere pastorali, ma i poveri del paese, quasi guidati da una specie d’istinto affettuoso, avevano scelto, fra i vari nomi del vescovo, quello che per loro aveva un significato e lo chiamavano semplicemente monsignor Bienvenu. Lo chiameremo così anche noi. Del resto, gli piaceva quel nome, «Mi piace», soleva dire. «Bienvenu corregge monsignore».

Non pretendiamo che il nostro ritratto sia perfetto; diciamo soltanto che gli è somigliante.

III • A BUON VESCOVO DURO VESCOVADO

Non che monsignor vescovo, per aver convertito in elemosine le spese di carrozza, trascurasse perciò le sue visite.