Ma che razza di pecora, però!
Il buon vescovo era perplesso. A volte si avviava in quella direzione, ma poi tornava indietro.
Un giorno, infine, si sparse la notizia che una specie di pastorello che serviva il membro della Convenzione nella sua tana era venuto a chiamare un medico; che il vecchio scellerato stava per morire, che la paralisi progrediva, che non avrebbe neanche passato la notte: «Grazie a Dio», commentò qualcuno.
Il vescovo prese il bastone, indossò il soprabito per nascondere la tonaca un po' troppo logora, come abbiamo già detto, e anche per il vento che quella sera si sarebbe fatto sentire, e si avviò.
Il sole tramontava e già quasi toccava l'orizzonte quando il vescovo giunse al luogo scomunicato. Sentì, con un certo batticuore, di essere già vicino alla tana. Scavalcò un fosso, oltrepassò uno steccato, alzò una sbarra, entrò in un'aia abbandonata, fece coraggiosamente qualche passo e improvvisamente, in fondo alla radura, dietro un'alta boscaglia, scorse la caverna.
Era in verità un casolare basso basso, piccolo e pulito, con un pergolato attaccato alla facciata.
Davanti alla porta, su una vecchia sedia con le ruote, poltrona dei contadini, c'era un vecchio con i capelli bianchi che sorrideva al sole.
In piedi, vicino al vecchio seduto, stava un ragazzo, il pastorello. Porgeva al vecchio una ciotola di latte.
Mentre il vescovo guardava, il vecchio alzò la voce: «Grazie», disse, «non ho più bisogno di niente», e il suo sorriso lasciò il sole per posarsi sul ragazzo.
Il vescovo si fece avanti. Al rumore dei suoi passi il vecchio seduto voltò la testa e il suo viso espresse tutta la sorpresa che si può provare dopo una lunga vita.
«Da quando vivo qui», disse, «è la prima volta che qualcuno entra da me. Chi siete, signore?».
«Mi chiamo Bienvenu Myriel».
«Bienvenu Myriel. Questo nome l'ho già sentito. Siete voi che la gente chiama Monsignor Bienvenu?».
«Proprio io».
Il vecchio riprese con un mezzo sorriso:
«Allora siete il mio vescovo?».
«Un poco».
«Entrate, signore».
Il membro della Convenzione tese la mano al vescovo, ma il vescovo non la prese. Il vescovo si limitò a dire:
«Mi fa piacere constatare che mi avevano ingannato. Non mi sembrate certo ammalato».
«Signore», rispose il vecchio, «guarirò».
Fece una pausa e aggiunse:
«Morirò fra tre ore».
E continuò:
«Sono un po' medico; so benissimo in che modo viene l'ultima ora. Ieri solo i piedi erano freddi; oggi il freddo è arrivato alle ginocchia; ora sento che sta salendo fino alla cintura; quando arriverà al cuore, mi fermerò. Non è bello il sole? Mi sono fatto portare fuori per dare un'ultima occhiata alle cose. Ma potete parlarmi, che questo non mi stanca. Avete fatto bene a venire a trovare un uomo che sta morendo. È bene che quel momento abbia dei testimoni. Ognuno ha le sue manie; io avrei voluto arrivare fino all'alba. Ma mi restano a malapena tre ore. E sarà notte. In fin dei conti, cosa importa? Finire è cosa semplice. Non c'è bisogno del mattino per questo. E sia. Morirò sotto le stelle».
Il vecchio si girò verso il pastorello.
«Vai a coricarti, tu. Sei stato alzato la notte scorsa. Sei stanco».
Il ragazzo entrò in casa.
Il vecchio lo seguì con gli occhi e aggiunse, come parlando a se stesso:
«Morirò mentre lui dorme. I due sonni si faranno compagnia».
Il vescovo non era poi così commosso come sarebbe dato credere. In quel modo di morire non gli sembrava di sentir Dio; dobbiamo dirlo, perché le piccole contraddizioni dei grandi cuori debbono essere rilevate come tutto il resto e lui, che si compiaceva di ridere di «Sua Altezza», era un po' seccato di non venir chiamato «monsignore» ed era quasi tentato di rispondere con un «cittadino». Lo prese una velleità di familiarità burbera, comune ai medici e ai preti, ma che non era certo la sua. Quell'uomo, dopotutto, quel membro della Convenzione, quel rappresentante del popolo, era stato uno dei potenti della terra; e per la prima volta nella vita forse, il vescovo si sentì in vena di severità.
Eppure il membro della Convenzione lo trattava con una cordialità piena di modestia, in cui si sarebbe forse potuto scorgere l'umiltà di chi è vicino a essere ridotto in polvere.
Il vescovo, da parte sua, sebbene evitasse di solito la curiosità che reputava vicina all'offesa, non poteva impedirsi di studiare il membro della Convenzione con un'attenzione che, non essendo destata dalla simpatia, gli sarebbe certo stata rimproverata dalla sua coscienza, se si fosse trovato davanti a un altro uomo. Gli sembrava che uno, ex membro della Convenzione, fosse come fuori dalla legge, perfino fuori dalla carità.
G., calmo, busto eretto, voce vibrante, era uno di quei grandi ottuagenari che riempiono di stupore i fisiologi.
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