Gli ci vuole carrozza e corriere. Ha bisogno di lusso, ecco, come i vescovi di prima. Signor conte, le cose non potranno andar bene se non quando l'imperatore ci avrà liberati dai pretonzoli... Abbasso il Papa... Io sono per Cesare e basta ecc., ecc., ecc.».

            La cosa, in compenso, fece gran piacere alla signora Magloire.

            «Bene», disse Baptistine, «monsignore ha cominciato con gli altri, ma ha dovuto finire col pensare a se stesso. Ha messo a posto tutte le opere di carità; ecco tremila franchi per noi. Finalmente!...».

            Quella sera stessa, il vescovo scrisse e consegnò a sua sorella una nota così concepita:

 

            Spese di carrozza e di visite

 

            Per dare un brodo di carne agli ammalati

            dell'ospedale                                                                millecinquecento franchi

            Per la società di carità materna di Aix                          duecentocinquanta franchi

            Per la società di carità materna di Draguignan                   duecentocinquanta franchi

            Per i trovatelli                                                                       cinquecento franchi

            Per gli orfani                                                               cinquecento franchi

                                    Totale                                                  tremila franchi

 

            Questo era il bilancio di Myriel.

            Quanto agli altri proventi vescovili, esenzioni dalle pubblicazioni, dispense, prediche, benedizioni di chiese e di cappelle, matrimoni ecc. il vescovo li esigeva dai ricchi con la stessa decisione con la quale poi distribuiva ai poveri.

            In breve tempo le offerte di denaro arrivarono in abbondanza. Alla porta di monsignor Myriel bussavano quelli che possedevano e quelli che avevano bisogno. Il vescovo, così, in meno di un anno era diventato tesoriere di tutte le beneficenze e cassiere di tutte le miserie. Grosse somme di denaro passavano per le sue mani, ma nulla servì a fargli cambiare qualcosa nel suo tenore di vita o ad aggiungere qualcosa di superfluo all'indispensabile.

            Tutt'altro! Poiché c'è sempre più miseria in basso che non fratellanza in alto, ogni cosa era, si può dire, distribuita prima ancora che egli l'avesse ricevuta. Aveva un bel ricevere denaro, non aveva mai un soldo. Allora si privava del suo.

            L'usanza vuole che i vescovi appongano tutti i loro nomi di battesimo alle ordinanze e alle lettere pastorali, ma i poveri del paese, quasi guidati da una specie d'istinto affettuoso, avevano scelto, fra i vari nomi del vescovo, quello che per loro aveva un significato e lo chiamavano semplicemente monsignor Bienvenu. Lo chiameremo così anche noi. Del resto, gli piaceva quel nome, «Mi piace», soleva dire. «Bienvenu corregge monsignore».

            Non pretendiamo che il nostro ritratto sia perfetto; diciamo soltanto che gli è somigliante.

 

III • A BUON VESCOVO DURO VESCOVADO    (torna all'indice)

 

            Non che monsignor vescovo, per aver convertito in elemosine le spese di carrozza, trascurasse perciò le sue visite. È una diocesi faticosa quella di D. Vi sono pochissime pianure e molte montagne, quasi niente strade, come abbiamo appena detto; trentadue parrocchie, quarantun vicariati, duecentottantacinque succursali. Visitarle tutte era un'impresa. Monsignor vescovo ci riusciva. Andava a piedi quando erano nelle vicinanze, in barroccio se in pianura, a dorso di mulo se sui monti. Le due anziane donne lo accompagnavano. Quando la gita sarebbe stata troppo faticosa per loro, andava solo.

            Una volta giunse a Senez, antica città vescovile, a cavalcioni di un asino. La sua borsa, proprio a secco quel giorno, non gli aveva permesso di meglio. Il sindaco della città venne a riceverlo sulla porta del vescovado e lo guardava tutto scandalizzato smontare dall'asino. Intorno, alcuni borghesi ridevano. «Signor sindaco», disse allora il vescovo, «e voi, signori, capisco perché vi scandalizzate, trovate che è troppo orgoglio, per un povero prete, montare la stessa cavalcatura di cui si servì Gesù Cristo. L'ho fatto per necessità, credete, non per vanità».

            In queste sue visite, egli si mostrava pieno di indulgenza con tutti; conversava più che predicare. E non andava mai a cercar troppo lontano i suoi argomenti, i suoi esempi. Agli abitanti di un paese citava, per esempio, quelli di un paese vicino; nei cantoni dove si è più avari con i bisognosi, diceva:

            «Guardate quelli di Briançon! Ai bisognosi, alle vedove, agli orfani consentono di falciare i prati tre giorni prima degli altri.