Il mendicante aveva la stessa taglia, gli stessi cenci, la stessa apparenza di ogni giorno. «Bah!...», disse Jean Valjean, «sono pazzo! sogno! impossibile!», e rientrò profondamente turbato.
Osò appena confessare a se stesso che quel viso che aveva creduto di vedere era il viso di Javert.
La notte, riflettendovi, si rammaricò di non aver rivolto la parola all'uomo per costringerlo ad alzar la testa una seconda volta.
L'indomani, al calar della notte, ritornò. Il mendicante era al suo posto. «Buongiorno, buonuomo», disse risolutamente Jean Valjean dandogli un soldo. Il mendicante alzò la testa e rispose con voce dolente: «Grazie, mio buon signore». Era ben il vecchio scaccino.
Jean Valjean si sentì pienamente rassicurato. Si mise a ridere. «Come diavolo ho fatto a prenderlo per Javert?», pensò. «Comincio ad avere le traveggole?». E non ci pensò più.
Qualche giorno dopo, potevano essere le otto di sera, era in camera sua e faceva compitare Cosette ad alta voce, quando sentì aprire e richiudere la porta della stamberga. La cosa gli parve singolare. La vecchia, l'unica che abitasse con lui in quella casa, si coricava sempre appena faceva buio per non consumare candele. Jean Valjean fece segno a Cosette di tacere. Sentì qualcuno salire la scala. A rigore, poteva essere la vecchia che, magari non sentendosi bene, era andata in farmacia. Jean Valjean ascoltò. Il passo era pesante e suonava come il passo di un uomo; ma la vecchia portava scarpe grosse e nulla somiglia al passo di un uomo quanto il passo di una vecchia. Tuttavia Jean Valjean spense la candela.
Aveva mandato a letto Cosette dicendole sottovoce: «Coricati senza far rumore»: e mentre la baciava in fronte, i passi si arrestarono. Jean Valjean rimase in silenzio, immobile, la schiena rivolta alla porta, seduto sulla sedia da cui non si era mosso, trattenendo il respiro nell'oscurità. In capo a un lungo intervallo, non sentendo più nulla, si voltò senza far rumore, e alzando gli occhi verso la porta della stanza vide una luce attraverso il buco della serratura. Quella luce formava una sorta di stella sinistra nel nero della porta e del muro. Lì c'era evidentemente qualcuno che teneva una candela in mano e ascoltava.
Passarono alcuni minuti e la luce se ne andò. Soltanto, egli non sentì alcun rumore di passi, cosa che sembrava indicare che colui che era venuto ad origliare alla porta si era tolto le scarpe.
Jean Valjean si gettò vestito sul letto e non poté chiudere occhio per tutta la notte.
All'alba, mentre si assopiva per la stanchezza, fu svegliato dallo stridìo di una porta che si apriva in qualche mansarda in fondo al corridoio, poi intese lo stesso passo d'uomo che aveva salito la scala la vigilia. Il passo si avvicinava. Si gettò giù dal letto e applicò l'occhio al buco della serratura, che era abbastanza grande, sperando di vedere al passaggio l'individuo che si era introdotto quella notte nella stamberga e aveva origliato alla sua porta. Era un uomo in effetti, che passò, stavolta senza fermarsi, davanti alla camera di Jean Valjean. Il corridoio era ancora troppo buio perché si potesse distinguerne il viso; ma quando l'uomo raggiunse la scala, un raggio della luce esterna lo mise in risalto, e Jean Valjean lo vide di schiena completamente. L'uomo era d'alta statura, vestito di una finanziera lunga, con un randello sottobraccio. Era l'incollatura formidabile di Javert.
Jean Valjean avrebbe potuto tentare di rivederlo dalla finestra che dava sul viale. Ma avrebbe dovuto aprire la finestra: non osò.
Era evidente che quell'uomo era entrato con una chiave, e come a casa sua.
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