La povera ragazza scappò e andò a rifugiarsi nel bosco vicino. S'imbattè in lei il figlio del re, che tornava dalla caccia, e vedendola così bella, le domandò che facesse là sola sola e perchè piangeva. "Ahimè! signore, gli è che la mamma mi ha scacciata di casa". Il figlio del re che le vide uscir di bocca sei perle e sei diamanti, la,pregò di dirgli donde venisse quel dono.

Ella gli narrò ogni cosa. Il figlio del re se, ne innamorò, e considerando che un dono simile valeva assai più di qualunque più ricca dote, la condusse al palazzo del Re suo padre, e la sposò.

Quanto alla sorella, tanto si fece prendere in uggia, che la mamma la scacciò; e la disgraziata, dopo aver molto camminato senza trovare un cane, che la ricevesse, andò a morire sul margine d'un bosco.

Morale

Diamanti e monete d'oro hanno sugli animi un gran potere; ma le parole cortesi hanno assai più forza e valore.

Altra morale

La cortesia costa un po' di studio e di tolleranza; ma prima o dopo ha il suo compenso, spesso anzi quando meno ci si pensa.

 

Ricchetto dal ciuffo

C'era una volta una regina, la quale mise al mondo un figlio, così brutto e mal fatto che si stentò un pezzo a crederlo un essere umano. Una Fata, presente alla nascita, assicurò nondimeno che il bambino sarebbe stato amabile lo stesso, visto che avrebbe avuto molto spirito; soggiunse anzi che in virtù del dono da lei fattole, egli avrebbe potuto comunicare tutto il proprio spirito alla persona che avesse amato.

Tutto ciò consolò la povera regina, che era desolata per aver dato alla luce un così sconcio marmocchio. Vero è che il bambino non appena incominciò a parlare, disse mille cose graziose, con questo di più che aveva in tutti i suoi modi non so che di spiritoso, che tutti n'erano incantati. Dimenticavo dire ch'egli era nato con un ciuffettino sulla testa, ond'è che lo chiamavano Ricchetto dal ciuffo, essendo Ricchetto il nome suo di famiglia.

In capo a sette, otto anni, la regina d'un regno vicino partorì due bambine. La prima era più bella del giorno, e la regina n'ebbe tanta contentezza che si temette per la sua salute. La stessa Fata, che aveva assistito alla nascita del piccolo Ricchetto dal ciuffo, era presente, e per moderare la gioia della regina, dichiarò a questa che la principessina non avrebbe avuto punto spirito e che sarebbe stata sciocca per quanto bella. La regina ne fu mortificata; ma, pochi momenti dopo un maggior dolore le toccò, poichè la seconda figlia si trovò che era brutta all'eccesso. "Non vi affliggete tanto, signora, le disse la Fata; vostra figlia sarà compensata per un altro verso, e tanto spirito avrà che sarà quasi impossibile accorgersi dell'assenza di bellezza in lei. - Dio lo voglia, esclamò la regina; ma non ci sarebbe mezzo di fare avere un tantino di spirito alla sorella maggiore, che è così bella? - Per lei, signora, nulla posso io per quanto riguarda lo spirito, rispose la Fata; ma tutto posso quanto a bellezza; e poichè per farvi contenta son pronta a fare qualunque cosa, le darò per dono di poter rendere bello o bella la persona che le andrà a genio".

Via via che si facevan grandi le due principessine, crescevan anche i loro pregi, sicchè si discorreva da per tutto della bellezza della prima e dello spirito della seconda. Vero è che anche i difetti crebbero con l'età. La seconda diventava sempre più brutta, la prima sempre più sciocca: o non rispondeva a chi l'interrogava o diceva una scempiaggine. Era inoltre così goffa, che non riusciva a posare quattro porcellane sul marmo d'un caminetto senza romperne una, nè a bere un bicchier d'acqua senza versarsene la metà sui vestiti.

Benchè la bellezza sia un gran vantaggio in una giovanetta, la brutta faceva sempre miglior figura della sorella nelle brigate. A primo tratto si andava verso la bella per vederla e ammirarla; ma subito dopo si correva da quella che aveva più spirito, per udire dalla sua bocca mille cose graziose; sicchè in meno d'un quarto d'ora la grande non aveva intorno a sè anima viva, l'altra invece era circondata da tutte le parti. Stupida com'era, la grande se n'avvide, e avrebbe dato volentieri tutta la sua bellezza per avere metà dello spirito della sorella. La regina, per quanto fosse prudente, non potè fare a meno di rimproverare parecchie volte la sua sciocchezza, il che poco mancò non facesse morir di dolore la poverina.

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Un giorno essendosi rifugiata in un bosco per piangere la sua disgrazia, si vide venire incontro un omicciattolo deforme, ma sfarzosamente vestito. Era il giovine principe Ricchetto dal ciuffo, che s'era innamorato di lei avendone visto i ritratti sparsi per tutto il mondo, ed avea perciò lasciato il regno paterno per avere il piacere di vederla e parlarle. Tutto lieto di trovarla sola, le si avvicinò con tutto il rispetto e la gentilezza immaginabili. Poi vistala così malinconica, le disse, dopo i consueti complimenti: "Non capisco, signorina, come mai una così bella fanciulla possa essere così triste; perchè infatti, benchè io possa vantarmi di aver visto migliaia di bellezze, nessuna, vi assicuro, nemmeno alla lontana, è paragonabile a voi". Bontà vostra, signore, rispose la principessa, e non disse altro. - La bellezza, riprese Ricchetto, è tal pregio che vale tutto il resto; e quando la si ha, non so vedere come ci si possa affliggere. - Preferirei, disse la principessa, esser brutta come voi e aver dello spirito, all'esser bella e stupida come sono. - Il più sicuro indizio di spirito è la persuasione di non averne, signorina; più se ne ha, più si crede di mancarne. - Cotesto non lo so, disse la principessa; so bene invece di essere molto stupida, e da ciò deriva il dolore che mi uccide. - Se non è che questo, signorina, io posso facilmente far cessare le vostre pene. - E come farete? esclamò la principessa. - Io ho il potere, signorina, disse Ricchetto dal ciuffo, di dare tutto lo spirito possibile e immaginabile alla persona da me amata; e poichè questa persona siete proprio voi, signorina, da voi solo dipende aver quanto spirito volete, purchè acconsentiate a sposarmi".

La principessa rimase interdetta e non rispose.