"Vedo, riprese a dire Ricchetto, che la proposta vi dispiace, nè già ne stupisco; ma vi do un anno intiero per risolvervi". La principessa, sciocchina com'era e smaniosa di diventare intelligente, si figurò che la fine di quell'anno non dovesse mai arrivare; di tal che accettò la proposta. Non appena ebbe promesso a Ricchetto dal ciuffo di sposarlo in capo a un anno, il tal giorno, che si sentì subito tutt'un'altra persona; diceva con gran facilità tutto ciò che le piacesse, e lo diceva con grazia, con naturalezza, con disinvoltura. Cominciò in quello stesso momento una conversazione galante e vivace con Ricchetto dal ciuffo, nella quale tanto brillò che Ricchetto pensò di averle dato più spirito di quanto se ne fosse serbato per sè.

Tornata che fu al palazzo, tutta la Corte non sapea che pensare dell'improvviso e straordinario mutamento; poichè per quante impertinenze avevano udito prima dalla bocca di lei, per altrettanto ne ammiravano ora le parole assennate e spiritose. Tutta la corte n'ebbe una gioia da non si dire; solo la sorella minore non ne fu molto allegra, poichè, non avendo più il vantaggio dello spirito, non pareva più a fianco di lei che una bertuccia tutt'altro che simpatica.

Il re la consultava ad ogni poco, e qualche volta perfino teneva consiglio nell'appartamento di lei. Alla fama del mutamento avvenuto, tutti i giovani principi dei regni vicini fecero ogni sforzo per farsi amare dalla principessa, e quasi tutti ne chiesero la mano; ma ella non ne trovava alcuno che avesse spirito abbastanza, e mentre a tutti dava retta, con nessuno s'impegnava. Ne arrivò alla fine uno così potente, ricco, spiritoso, ben fatto, che la principessa non potè fare a meno di guardarlo di buon occhio. Accortosene il padre, le disse che la lasciava libera di scegliersi uno sposo. Ma poichè, quanto più si ha spirito tanto più si dura fatica a prendere una ferma risoluzione in simili faccende, la principessa, dopo aver ringraziato il padre, domandò un po' di tempo per pensare.

Se n'andò per caso a passeggiare nello stesso bosco dove s'era imbattuta in Ricchetto dal ciuffo, per meditare più comodamente sul da fare. Mentre passeggiava immersa nei suoi pensieri, udì sotto i piedi un rumor cupo, come uno scalpiccìo di gente affaccendata. Stette in ascolto e sentì una voce che diceva: "Portami cotesta pentola". E un'altra: "Dammi cotesta caldaia". E un'altra ancora: "Metti legna al fuoco". Nel punto stesso si aprì la terra, ed ella vide in giù come una grande cucina piena di guatteri, cuochi, servi, rosticcieri. Venti o trenta di questi andarono a prendere posto in un viale del bosco intorno ad un tavolone, e là, con in mano il lardatoio e la coda di volpe sull'orecchio, si misero a lavorare in cadenza al suono di un'armoniosa canzone.

Stupita a quello spettacolo, la principessa domandò per chi lavorassero. "Lavoriamo, rispose quello che pareva il capo della banda, per il principe Ricchetto dal ciuffo, le cui nozze si faranno domani". La principessa, ancor più sorpresa di prima, si rammentò di botto che proprio il giorno appresso scadeva il termine della promessa fatta a Ricchetto dal ciuffo. Se n'era scordata, perchè nel momento di farla era una sciocchina; e poi divenuta intelligente per opera e virtù del principe, s'era scordata di tutte le sue sciocchezze.

Non aveva fatto una trentina di passi seguitando la sua passeggiata, quando ecco le si presenta Ricchetto dal ciuffo, ardito, magnifico, come un principe che vada a nozze. "Eccomi, signorina, le disse, puntuale a mantener la parola, e son sicuro che voi siete qui per mantener la vostra, rendendomi col dono della vostra mano il più felice degli uomini. - Francamente vi confesserò, rispose la principessa, che una decisione non l'ho ancora presa, nè credo che la prenderò mai quale voi la desiderate. - Voi mi fate stupire, signorina, esclamò Ricchetto dal Ciuffo. - Lo credo, disse la principessa, e certo, se avessi da fare con un uomo brutale, senza spirito, mi troverei molto imbarazzata. La parola di una principessa è sacra, egli mi direbbe, e bisogna che voi mi sposiate come prometteste; ma siccome la persona a cui parlo è la più intelligente che sia al mondo, io son sicura che sarà anche ragionevole. Voi sapete che, da sciocca qual'ero, io non mi risolvevo a sposarvi; come volete ora, dopo avermi dato tanto spirito da rendermi assai più meticolosa di prima, ch'io prenda oggi una risoluzione che non potei prendere allora? Se voi pensavate sul serio a sposarmi, aveste molto torto a guarirmi della mia grulleria e di farmi veder più chiaro che prima non vedessi. - Se un uomo senza spirito, rispose Ricchetto, avrebbe motivo, come voi dite, di rinfacciarvi la mancanza di parola, perchè volete, o signorina, ch'io non faccia lo stesso in un fatto in cui tutta la felicità della mia vita è in giuoco? Vi par giusto che le persone dotate d'intelligenza siano poste in condizione inferiore di quelle che non ne hanno? e potete voi pretender questo, voi che tanto ne avete e tanto sospiraste per averne? Ma veniamo al fatto, se vi piace: a parte la mia bruttezza, c'è in me qualche cosa che non vi vada a genio? Siete scontenta della mia nascita, del mio spirito, del mio carattere, dei miei modi? - Tutt'altro, rispose la principessa; mi piacciono in voi tutti i pregi che avete enumerati. - Se così è, riprese Ricchetto dal ciuffo, vuol dire che sarò felice, poichè voi potete far di me il più amabile degli uomini. - E come? esclamò la principessa. - La cosa accadrà, rispose Ricchetto, se voi mi amate abbastanza per desiderare che accada; e affinchè non ne dubitiate, sappiate, signorina, che quella stessa Fata da cui ebbi il dono di rendere intelligente la persona da me amata, fece anche a voi il dono di poter render bello colui che vi deciderete a beneficare col vostro amore. " - Se stanno così le cose, disse la principessa, io desidero con tutto il cuore che voi diventiate il più bello e il più amabile principe del mondo; e per quanto da me dipende vi fo questo dono".

Non avea finito di pronunciar queste parole, che Ricchetto dal ciuffo le apparve il più bell'uomo, il meglio fatto, il più amabile che avesse mai visto. Assicurano alcuni che non già l'incantesimo della Fata operò la trasformazione, bensì l'amore.