aveva due lunghe orecchie, e, cosa più straordinaria ancora, con una udiva solo il sì e con l'altra il no; in modo che la povera bestia si trovava continuamente fra due voci contrarie: il bene ed il male.

E le lettere, le lettere di affetto, piene di tante cose dolci, divertenti e soprattutto di utilissimi consigli, che il Gran Poeta scriveva, quando trovavasi in viaggio, ai suoi figli? Oh! quelle lettere meravigliose ogni padre dovrebbe leggerle, studiarle e farle studiare a tutti i suoi! Che salutari lezioni di amor paterno e filiale se ne trarrebbero.

Chi sa, un giorno forse non lontano, se l'incoraggiamento dei nostri lettori non ci verrà meno, le raccoglieremo e pubblicheremo.

Ma non solo negli scritti e nell'improvvisazione ci si rivela l'affetto di Hugo pei piccoli, egli aveva anche un ingegno tutto speciale nell'organizzare feste per l'infanzia.

In esilio aveva dato vita a quei celebri pranzi annuali per i fanciulli poveri, che tanto bene fecer loro, e, tornato in patria, ogni anno l'albero di Natale di casa Hugo era uno di quegli avvenimenti attesi con ansia gioconda dai fortunati che potevano intervenirvi.

Il Natale specialmente del 1877 fece epoca, tanto che i giornali ne diedero l'ampia relazione, che ci piace qui riportare.

I due nipotini di Hugo avevano invitati per la circostanza tutti i loro piccoli amici ed all'ora fissata un incantevole stuolo di bimbi, ridendo e cinguettando, si presentò alla via di Clichy N. 21.

Pur essendo in pieno giorno, erano appena le due del dopo pranzo, si vedeva il salone illuminato fantasticamente. In esso nascondevasi V. Hugo, preparando la sorpresa della festa.

Ad un tratto le porte del salone si spalancarono ed un grido di ammirazione eruppe dal più profondo di quei piccoli petti: il lampadario, il monumentale lampadario di casa Hugo, appariva trasformato, come per virtù d'incantesimo, in gigantesco albero di Natale. Ed i gridi di gioia delle rosee bocche, e gli applausi festanti di quelle delicate manine crebbero d'intensità, raggiungendo il massimo dell'entusiasmo, quando scorsero in un angolo il gran Poeta circondato da una legione di pupattole, da un reggimento di pulcinelli. Dal lato dove erano le pupattole si vedeva scritto: Camera delle pupattole e dall'altro: Senato dei porricinelli.

Quando i bambini furono tutti a posto, il Poeta prese la parola e disse: "Signori senatori, signore senatoresse, i disgraziati che dovete giudicare sono grandi delinquenti, ogni giorno commettono attentati mostruosi; non vivono che di rapina e di spoliazioni, il furto è per essi un'abitudine. Se voi li graziate, cominceranno di nuovo a spargere il male ed il terrore. Non hanno alcun rispetto per le cose sacre e si rendono responsabili degli atti più impertinenti e più sacrileghi contro gli edifici religiosi. In una parola, sono dei grandi scellerati; nondimeno io vi propongo di accordar loro la grazia e di votar l'amnistia. Si conducano qui i prigionieri".

Fu portato un piccolo oggetto accuratamente coperto: "Ecco i miserabili, disse il Maestro, i quali non si pentono mai del male che fanno; quelli che vogliono perdonarli alzino la mano!"

Tutti i bambini alzarono le mani.

Allora V. Hugo sollevando il velo che nascondeva il misterioso oggetto, scoprì una gabbia dove erano rinchiusi due poveri passeri, che, spaventati dalla luce improvvisa, si misero a batter le ali, ed a cacciar acute strida.

V. Hugo andò alla finestra, l'aprì, e prendendo delicatamente i due prigionieri, diè loro la libertà, fra gli applausi del suo incantevole minuscolo senato.

Poi cominciò la distribuzione dei giocattoli, tirando a sorte; alle bimbe toccarono le pupattole, ai bimbi i pulcinelli. In fine V. Hugo esclamò: "Vi resta un ultimo lotto" e ciò dicendo mostrò un biglietto da cinquecento lire.

L'ansia crebbe, il piccolo mondo invocò la buona sorte, ognun perse naturalmente; ma il gran Poeta con un pietoso inganno fece in modo che la somma toccasse ai poveri.

Chi volesse saperne di più intorno a Victor Hugo ed i bimbi legga la mirabile prefazione di Pasquale Borrelli al nostro volume Leggenda della Bella Baldura.

*

* *

Abbiamo voluto narrarvi tutto ciò per dimostrarvi che, come pei traduttori, così per gli autori, a noi non piace ricorrere al primo venuto, bensì ai più grandi specialisti del genere, a quelli che sanno sul serio divertire ed istruire i ragazzi.

Con questo programma ai volumi già pubblicati seguiranno le novelle del celebre Grimm, il grande scrittore tedesco, L'ultima Fata del Balzac, I Nuovi Racconti di Fate e la Bacchetta magica di Madama di Ségur ed altri dei più noti autori di tutti i paesi.

Daremo anche a Cesare quel che è di Cesare, evitando il riprovevole uso di attribuire tutti i racconti di fate, sieno essi scritti all'epoca di Omero o a quella del La Fontaine, da autori russi od... ostrogoti, al Perrault, il quale non ne ha scritto che solo undici: otto in prosa e tre in versi, e son quelli che noi pubblichiamo in questo e nel prossimo volume, che avrà per titolo Le Fiabe della Nonna. Abbiamo, per maggior intelligenza dei nostri piccoli lettori, fatto tradurre in prosa anche i tre racconti in versi.

Ad ogni autore attribuiremo quindi quello che ha scritto, evitando l'ibrido miscuglio, la grande confusione di cui si è or ora discorso ed abituando così i ragazzi all'ordine ed al discernimento dei caratteri e delle forme delle diverse letterature.

. . . . . . . . . . . . . . .