Racconto del Garzone del Canonico
Frammento Nono.
Prologo dell’Economo.
Racconto dell’Economo.
Frammento Decimo.
Prologo del Parroco.
Racconto del Parroco.
Congedo.
Introduzione.
A Máire.
I “Canterbury Tales” (che il Chaucer ideò intorno al 1387) costituiscono la vasta e multiforme epopea della società medievale inglese, colta nel periodo in cui questa stava passando dal feudalesimo all’organizzazione nazionale. Tale trasformazione, che aveva avuto inizio assai prima della nascita del poeta e si sarebbe compiuta molto tempo dopo la sua morte, fu affrettata durante il corso della sua vita da profondi rivolgimenti politici ed economici.
Mentre la guerra dei cento anni con la Francia (1337-1453), incominciata come guerra dinastica e feudale, andava assumendo un carattere etnico e «imperialista», una spaventosa epidemia di peste colpiva l’Inghilterra: in soli sei mesi (fra il 1349 e il 1350) la popolazione del regno venne ridotta da quattro a due milioni circa. In una società in cui di solito il mutare delle condizioni di vita era molto lento, le conseguenze economiche d’uno spopolamento così rapido si fecero sentire ancor più profondamente. L’improvvisa scarsezza di mano d’opera rese i contadini esigenti e ribelli. I baroni, non potendo trovare operai per lavorare sui loro feudi, cercarono di affittare le terre; molti rinunciarono all’agricoltura e si dedicarono al commercio della lana e delle stoffe. Da un’economia fondata su locali costumi di servizi personali si passò rapidamente a un’economia monetaria che si estendeva a tutta la nazione. Si crearono nel frattempo le prime imprese capitalistiche e scoppiarono i primi scandali finanziari. Lo spirito corporativo delle confraternite medievali, che imponeva precisi obblighi sociali e morali nell’impiego della ricchezza stava ormai agonizzando, e col sorgere del capitalismo incominciava l’inevitabile collusione del potere economico con quello politico. Mentre finanzieri senza scrupoli entravano da padroni nei parlamenti, la classe contadina reclamava la propria emancipazione da ogni obbligo servile. La massa dei ribelli che nel 1381 s’impadronì di Londra non era costituita da gente affamata tratta alla violenza dalla disperazione: era gente che stava progredendo rapidamente in ricchezza e indipendenza; non tanto rapidamente però, da veder soddisfatte le sue nuove aspirazioni. Non fu difficile domare la rivolta, ma il ritmo dei mutamenti sociali, accelerato dalla guerra e dalla «morte nera», non si arrestò. Il sistema dei manieri feudali si stava ormai irrimediabilmente dissolvendo.
Durante questo periodo di grandi mutamenti nella struttura della società, ebbe inizio in Inghilterra un movimento religioso precorritore della riforma protestante. La Chiesa, che aveva civilizzato il paese insegnando ai ricchi la carità e ai potenti la moderazione, era stata a sua volta corrotta dalla ricchezza e dalla potenza. Quanto più i vescovi e i monaci prosperavano, tanto più i preti delle parrocchie erano in condizioni miserrime.
Molti fra questi furono costretti, dopo la grande peste, ad abbandonare il proprio ufficio e a venir meno alla propria missione. Quelli che mantennero fede ai loro ideali si fecero spesso banditori di dottrine rivoluzionarie, come, ad esempio, John Ball, il più celebre dei preti nella rivolta del 1381. Ma il fuoco dell’entusiasmo religioso s’era quasi spento dovunque: le campagne inglesi erano percorse da frati questuanti, indulgenzieri, cursori di tribunali ecclesiastici, contro cui le accuse di vendere la giustizia si facevano sempre più insistenti. John Wycliffe, un dotto di Oxford, giunse alla conclusione che, per ridare prestigio alla Chiesa, bisognava spogliarla dei suoi beni e ricondurla alla povertà primitiva. Condannato, ripudiò l’autorità pontificia e, nei suoi ultimi anni, insegnò che la sola sorgente delle verità cristiane era la Bibbia, che tradusse e fece tradurre per la prima volta in inglese, mandando i suoi discepoli, i “lollards”, a predicare nei villaggi la povertà e l’uguaglianza.
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