I Trentanove Scalini
John Buchan
I Trentanove Scalini
The Thirtynine Steps © 1993
Il Giallo Economico Classico N° 18 - 23 ottobre 1993
Personaggi principali
Richard Hannay
protagonista
Franklin P. Scudder
la vittima
Paddock
cameriere
Harry
candidato alle elezioni
Turnbull
spaccapietre
Mannaduke Jopley
agente di cambio
Sir Walter
cacciatore
1.
Incontro con un uomo morto
Ero proprio nauseato dell’esistenza, quel giorno, quando rincasai, verso le tre del pomeriggio, dopo una corsa nella City. Tre mesi trascorsi nella terra natale erano bastati a ridurmi così, in una situazione spirituale che superava ogni previsione più nera e che contrastava apertamente con la mia indole. Non mi sembra il caso di indagare le ragioni del mio profondo disgusto, ma credo che vi prendessero parte il clima ingrato, la conversazione monotona dei miei compatrioti e un tenore di vita che non era quello di un uomo d’azione. Anche le attrattive londinesi mi parevano insipide come acqua di soda lasciata al sole per un po’ di tempo.
Dov’erano andati a finire i grandi progetti concepiti durante gli ultimi anni del mio soggiorno a Buluwayo, nel Sudafrica? Non avevo altro sfogo oltre quello di mordermi le dita e di rivolgermi energiche ramanzine, che cominciavano invariabilmente così: “Richard Hannay, amico mio. Ti sei messo su una strada falsa e bisogna che tu ne esca”.
Quando stavo costruendo la mia modesta fortuna — altri avrebbero preteso di più, ma io ho saputo rispettare il limite che mi ero imposto —
John Buchan
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1993 - I Trentanove Scalini
mi ripromettevo di spremerne tanto piacere, quante privazioni avevo sopportato.
Mio padre mi aveva condotto lontano dalla Scozia all’età di sei anni e da allora non era tornato più in patria. L’Inghilterra mi appariva perciò come un sogno da “Mille e una notte” e contavo di stabilirmici appena possibile per il resto dei miei giorni.
Ma ben presto le illusioni se ne erano andate. In capo a una settimana ero stanco di ammirare le rarità della città e, dopo un mese, mi ritrovai ad averne abbastanza dei ristoranti, dei teatri e delle corse di cavalli. La mia noia dipendeva senza dubbio dal fatto che non avevo un vero amico che mi tenesse compagnia. Molte persone mi invitavano a casa loro, ma non s’interessavano gran che ai fatti miei. Mi rivolgevano due o tre domande sul Sudafrica, dopo di che tornavano ai loro affari personali. Grandi dame mi invitavano ai loro ricevimenti ove incontravo istitutori della Nuova Zelanda, direttori di giornali di Vancouver, e mi tediavo terribilmente.
Ed ecco perché io a trentasette anni, sano e robusto, provvisto di tanto denaro da potermi permettere ogni divertimento, sbadigliavo dalla mattina alla sera sino a scardinarmi la mascella, e mi vedevo sul punto, per poco che le cose durassero così, di rifare i bagagli per tornare nel Sudafrica, dato che ero l’uomo più annoiato del Regno Unito.
Quel pomeriggio avevo litigato col mio agente di cambio per certi impieghi di denaro, ma col solo scopo di sollevarmi un po’ lo spirito; prima di ritornare a casa entrai al mio Circolo, una specie di osteria, per essere esatti, che accettava tra i suoi membri i coloniali. Lì presi un aperitivo mentre davo una scorsa ai giornali della sera. Essi non parlavano che dei conflitti in Oriente e, tra gli altri, c’erano vari articoli su Carolidè, il Primo Ministro della Grecia. Quel bel tipo mi andava a genio. Egli era, sotto ogni aspetto, il solo uomo di primo piano un po’ interessante; inoltre, era lecito dire che il suo gioco era leale, cosa, questa, che non si poteva affermare di molti altri.
Appresi ch’egli era odiato come un’autentica bestia nera a Berlino e a Vienna, ma che noi eravamo disposti a sostenerlo. Un giornale arrivava ad asserire che si doveva vedere in lui l’ultima barriera tra l’Europa e la catastrofe. Mi venne fatto di chiedermi se non ci fosse una probabilità di impiego per me da quelle parti. L’Albania mi seduceva, come l’unico paese che potesse salvarmi dallo sbadiglio.
Verso le sei rientrai in casa e mi cambiai; pranzai al Caffè Reale, dopo di John Buchan
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1993 - I Trentanove Scalini
che entrai in una sala da ballo. Lo spettacolo era disgustoso: donne caprioleggianti e uomini che facevano smorfie scimmiesche; non c’era nulla di più attraente; per questo me ne andai subito.
La notte era dolce e limpida; mi avviai a piedi verso l’appartamento che avevo preso in affitto presso Portland Place.
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