Tutta la stanchezza dei mesi precedenti era scomparsa, e io mi sentivo giovane come a dieci anni. Così raggiunsi un dirupo che digradava dolcemente verso un piccolo corso d’acqua e a un chilometro di distanza sulla landa scorsi il pennacchio di fumo del treno.

Più mi avvicinavo alla stazione, più la giudicavo ideale per il mio piano.

La brughiera infoltiva tutt’intorno e non lasciava libero che il posto per la strada ferrata a linea unica, il binario morto, una sala d’aspetto,, un ufficio, la piccola casa del capostazione e un minuscolo quadrato poeticamente coltivato a uva spina e fiorito di garofani. Nessuna strada pareva condurre alla stazione, e, per completare la desolazione del quadro, la lieve increspatura d’uno stagno frusciava contro una sponda di granito a mezzo chilometro di distanza. Aspettai nascosto tra l’erba alta, sin che vidi avvicinarsi il fumo del treno che si dirigeva verso Est. Allora mi avvicinai allo sportello e presi un biglietto per Dumfries.

Nella vettura non c’era che un vecchio contadino col suo cane: una bestia dagli occhi vacui della quale sentivo di fidarmi. L’uomo dormiva e sul sedile vicino a lui era spalancato lo Scotsman del mattino. Me ne impossessai avidamente nella speranza di trovarvi qualche cosa.

C’erano due colonne sull’assassinio di Portland Place, ché così era chiamato. Il mio buon Paddock aveva dato l’allarme e fatto arrestare il lattaio. Mi parve di capire che quel povero diavolo doveva aver pagato cara la sua sovrana — denaro che, da parte mia, potevo considerare ben collocato — poiché la polizia si era occupata di lui per una gran parte della giornata. Nelle “Recentissime” trovai nuovi particolari sulla faccenda. Il lattaio era stato rilasciato. Quanto all’assassino, sulla cui identità la polizia manteneva il segreto, egli aveva, secondo i più, lasciato Londra con un treno diretto verso il Nord.

Un breve trafiletto mi designava come il proprietario dell’appartamento nel quale s’erano svolti gli avvenimenti. Vidi in questa inserzione un’astuzia grossolana della polizia tendente a convincermi che non mi si sospettava colpevole del delitto.

John Buchan

22

1993 - I Trentanove Scalini

Il giornale non conteneva altro di interessante: niente sulla politica estera né su Carolidè, niente sulle questioni che avevano interessato Scudder. Lo rimisi sul sedile e m’accorsi che il treno s’approssimava alla stazione dov’ero sceso il giorno prima. Il treno diretto all’Ovest attendeva per lasciar passare il nostro; ne erano scesi tre uomini che interrogavano il capostazione piantatore di patate. Indovinai che appartenessero alla polizia locale e che questa, avvisata da Scotland Yard, aveva seguito le mie tracce sino a questo paese sperduto.

Ben celato nell’ombra, non perdevo di vista il gruppo: uno dei tre uomini prendeva alcune note su un taccuino. Il vecchio piantatore di patate sembrava molto seccato e il ragazzo al quale aveva consegnato il mio biglietto parlava con volubilità. Tutti guardavano verso la brughiera nella direzione della via bianca e io speravo di vederli seguire le mie tracce da quella parte.

Il nostro treno lasciava la stazione quando il mio vicino si svegliò. Mi lanciò uno sguardo interrogativo, obbligò il suo cane a tacere con una pedata e mi chiese dove fossimo arrivati. Evidentemente aveva bevuto molto.

— Ecco che cosa vuol dire appartenere alla società di moderazione! —

concluse con l’amarezza d’un rimpianto.

Gli espressi la mia meraviglia di vedere in lui uno di quei coraggiosi apostoli.