Gli errori di stampa sono stati corretti, alcune trascuratezze stilistiche eliminate, soppressi alcuni brevi capoversi contenenti unicamente ripetizioni.

Il III Libro, che ha offerto difficoltà del tutto inaspettate, è ora pure quasi pronto nel manoscritto. Se la salute me lo concede, potrò iniziarne la stampa già questo autunno.

Londra, 15 luglio 1893.

F. Engels

NOTE

1 Nella prefazione a: La miseria della filosofia. Risposta alla Filosofia della miseria di Proudhon di K. MARX, trad. tedesca di E. Bernstein e K. Kautsky, Stoccarda 1885 [Edizione italiana: Edizioni Rinascita, Roma, 1950 (II ediz.), p. 9 sgg.].

2 ROSCOE-SCHORLEMMER, Ausführliches Lehrbuch der Chemie, Braunschweig, 1877, I, pp. 13-18.

3 «Così dunque con la concentrazione delle fortune nelle mani di un piccolo numero di proprietari, il mercato interno si contrae sempre più e l’industria è sempre più costretta a cercare i suoi sbocchi nei mercati stranieri, dove la minacciano più grandi rivoluzioni» (cioè la crisi del 1817, che viene descritta subito dopo). Nouveaux principes, ed. 1819, parte I, p. 336.

SEZIONE I LE METAMORFOSI DEL CAPITALE E IL LORO CICLO

CAPITOLO 1 - IL CICLO DEL CAPITALE MONETARIO

Il processo ciclico1 del capitale si attua in tre stadi, i quali, secondo l’esposizione del primo volume, formano la seguente serie:

Primo stadio

il capitalista appare sul mercato delle merci e sul mercato del lavoro come compratore; il suo denaro viene convertito in merce, ossia compie l’atto di circolazione

D — M.

Secondo stadio

consumo produttivo da parte del capitalista delle merci acquistate. Egli opera come produttore capitalistico di merci; il suo capitale compie il processo di produzione. Il risultato è: merce di valore maggiore di quello dei suoi elementi di produzione.

Terzo stadio

il capitalista si ripresenta sul mercato come venditore; la sua merce viene convertita in denaro, ossia compie l’atto di circolazione

M — D.

La formula per il ciclo del capitale monetario è dunque:

D — M..... P..... M’ — D’,

nella quale i puntini indicano l’interruzione del processo di circolazione e M’ e D’ contrassegnano M e D accresciuti di plusvalore.

Il primo e il terzo stadio sono stati esaminati nel I Libro solo nella misura in cui era necessario per la comprensione del secondo stadio, il processo di produzione del capitale. Le differenti forme di cui si riveste il capitale nei suoi diversi stadi e che esso, al ripetersi del ciclo, ora assume ora abbandona, non vennero perciò considerate. Esse costituiscono ora l’oggetto immediato della ricerca.

Per comprendere esattamente queste forme, occorre innanzi tutto fare astrazione da tutti quei momenti che nulla hanno a che fare con il mutamento di forma e la costituzione della forma come tali. Per questo si presuppone qui non solo che le merci vengano vendute al loro valore, ma anche che ciò avvenga in condizioni immutate. Si prescinderà, dunque, anche dalle variazioni di valore che possono intervenire nel corso del processo ciclico.

I. PRIMO STADIO. D — M2

D — M rappresenta la conversione di una somma di denaro in una somma di merci: per il compratore, trasformazione del suo denaro in merce, per i venditori, trasformazione delle loro merci in denaro. Ciò che fa di questo processo della circolazione generale delle merci insieme una sezione funzionalmente determinata nel ciclo autonomo di un capitale individuale, è dapprima non la forma del processo, bensì il suo contenuto materiale, cioè lo specifico carattere d’uso delle merci che si scambiano il posto col denaro. Da una parte vi sono mezzi di produzione, dall’altra forza-lavoro, fattori oggettivi e personali della produzione di merci, la cui natura parti colare deve naturalmente corrispondere al tipo dell’articolo da produrre.

Se chiamiamo

L la forza-lavoro,

Pm i mezzi di produzione,

la somma di merci da comperare M è

M = L + Pm,

o, più brevemente,

M = M(L+Pm).

Considerato secondo il suo contenuto, D — M si presenta dunque come D — M(L+Pm) cioè D — M si suddivide in

 

0100090000037800000002001c00000000000400000003010800050000000b0200000000050000000c027802b302040000002e0118001c000000fb021000070000000000bc02000000000102022253797374656d0002b3020000c8c8110072edc63038e815000c020000b3020000040000002d01000004000000020101001c000000fb02d8ff0000000000009001000000000440001254696d6573204e657720526f6d616e0000000000000000000000000000000000040000002d010100050000000902000000020d000000320a230000000100040000000000b202760220921200040000002d010000030000000000

 

la somma di denaro D si scinde in due parti, l’una delle quali acquista forza-lavoro (D — L), l’altra mezzi di produzione (D — Pm). Queste due serie di compere appartengono a mercati completamente differenti, l’una al mercato delle merci in senso stretto, l’altra al mercato del lavoro.

Oltre a questa scissione qualitativa della somma di merci, nella quale D viene convertito,
D — M(L+Pm) rappresenta però anche un rapporto quantitativo sommamente caratteristico.

Noi sappiamo che il valore, rispettivamente il prezzo della forza- lavoro, viene pagato al suo possessore, che la offre in vendita come merce, nella forma di salario, cioè come prezzo di una somma di lavoro che contiene pluslavoro; così che, se, ad esempio, il valore giornaliero della forza-lavoro per un prodotto di 5 ore di lavoro è uguale a 60 €, questa somma nel contratto tra compratore e venditore figura come il prezzo o salario, poniamo, per un lavoro di 10 ore. Se un contratto simile venisse ad esempio stipulato con 50 operai, questi dovrebbero fornire al compratore, durante una giornata, 500 ore di lavoro, metà delle quali, ossia 250 ore di lavoro, pari a 25 giornate lavorative di 10 ore, consiste solo di pluslavoro. Quantità e volume dei mezzi di produzione da comperare devono essere sufficienti per l’impiego di tale massa di lavoro.

D — M(L + Pm) non esprime dunque unicamente il rapporto qualitativo secondo cui una determinata somma di denaro, ad esempio 101.280 €, viene convertita in mezzi di produzione e forza-lavoro che si corrispondono reciprocamente, ma anche un rapporto quantitativo tra le due quote del denaro investite in forza-lavoro L e in mezzi di produzione Pm, un rapporto in precedenza determinato dalla somma del pluslavoro eccedente da erogarsi da parte di un determinato numero di operai.

Se dunque, ad esempio, il salario settimanale dei 50 operai di una filanda ammonta a 12.000 €, si devono spendere in mezzi di produzione 89.280 €, ponendo che sia tale il valore dei mezzi di produzione che il lavoro settimanale di 3.000 ore, di cui 1.500 ore di pluslavoro, trasforma in filo.

operai

salario settimanale

spesa in mezzi di produzione

durata settimanale di  lavoro

pluslavoro

n

ore

ore

50

12.000

89.280

3.000

1.500

Qui è del tutto indifferente considerare fino a che punto, nei diversi rami di industria, l’impiego di lavoro addizionale condizioni un’aggiunta di valore, sotto forma di mezzi di produzione. L’importante è soltanto che, in ogni caso, la quota di denaro spesa in mezzi di produzione — i mezzi di produzione comprati in D — Pm — deve essere sufficiente, dunque calcolata in precedenza per questo, procurata in proporzione corrispondente. Ossia, la massa dei mezzi di produzione deve essere sufficiente ad assorbire la massa di lavoro, per poter essere da essa trasformata in prodotto. Se non ci fossero mezzi di produzione sufficienti, il lavoro eccedente, del quale il compratore dispone, non sarebbe utilizzabile; il suo diritto di disporne non servirebbe a nulla. Se ci fossero più mezzi di produzione che lavoro disponibile, essi non sarebbero saturati dal lavoro, e non verrebbero trasformati in prodotto.

Non appena si è compiuto D — M(L + Pm) il compratore dispone non soltanto dei mezzi di produzione e della forza-lavoro necessari per produrre un articolo utile.