I miei uomini agiranno meglio e non se lo lasceranno sfuggire.
- Ma dove si trova questo Garrovi? - Qui.
- In Calcutta!…
— Sě, signor tenente; ma non č piů un povero saniasso. č un indiano che vive da gran signore, in un elegante bungalow situato oltre la spianata del forte William. Comprenderete che con diecimila sterline si puň vivere comodamente.
- Il furfante!… Ma il suo compagno ed i malabari?
- Li avrŕ assassinati per godersi solo la cassa piena d’oro.
- Lo credete?
- Lo sospetto, poiché se avessero diviso le diecimila sterline, a Garrovi non sarebbe toccato tanto da permettersi di condurre una vita signorile.
- č vero, ma come ha fatto Punya a sapere che il miserabile si trova in Calcutta?
- Come voi sapete, tutte le caste hanno un capo. Punya si č recato a nome mio da quello dei saniassi, chiedendogli notizie di Hungse o di Garrovi. Seppe cosě, che quei due furfanti avevano abbandonata la costa alcuni mesi or sono, per recarsi lontano a cercare lavoro. Per una fortunata combinazione, venti giorni or sono aveva incontrato Garrovi in un palanchino, seguito da parecchi servi e quantunque indossasse ricche vesti, lo aveva riconosciuto. Avendo detto che lo aveva incontrato presso la spianata del forte William, fu facile a Punya fare delle ricerche da quel lato e scoprire l’abitazione del traditore.
- Che non abbia alcuno sospetto, che lo si cerca?…
- Non abbiate timore; e poi alcuni dei miei uomini lo seguono a quest’ora e appena lo vedranno rientrare nel suo bungalow, verranno ad avvertirci.
- Permettete che anche noi prendiamo parte alla spedizione?
- on si rifiutano degli uomini come voi. I bianchi sono meno astuti degli indostani, ma hanno del coraggio da vendere.
— Ed il fratello di Middel? - chiese Harry.
- Ah!… - esclamň l’indiano. - Mi dimenticavo di dirvi che il ragazzo e giŕ qui. Battč due colpi sul disco metallico e al servo accorso alla chiamata, diede ordine d’introdurre il giovane Middel.
Pochi minuti dopo il fratello del disgraziato capitano della Djumna, entrava nel gabinetto azzurro.
Era uno dei piů bei campioni di quella razza chiamata in India holf-cat (meticci). Non aveva che tredici anni, ma aveva giŕ una muscolatura sviluppatissima ed una statura di gran lunga superiore a quella che sogliono acquistare i ragazzi europei a quell’etŕ.
Aveva una bella testa coperta di capelli, neri come l’ebano e ricciuti; la pelle del viso era d’un bronzo chiaro con certe sfumature piů argentee che dorate; il suo naso era regolarissimo, le sue labbra rosse e carnose come ciliege, i denti, candidissimi e gli occhi, grandi, nerissimi e vellutati come quelli delle andaluse. Egli indossava un semplice vestito bianco, stretto alla cintola da una fascia rossa e teneva in mano un ampio cappello di paglia in forma di fungo.
- Ecco il signore di cui ti ho parlato, Edoardo - gli disse il presidente della ŤYoung-Indiať, indicandogli il tenente.
- Permettete che vi ringrazi, signore, dell’interesse che avete dimostrato pel mio disgraziato fratello - disse il giovanetto.
- Spero di poter fare di piů, ragazzo mio, - rispose Oliviero, - e un giorno forse, renderti ancora il tuo Ali.
- Se ciň dovesse avvenire, la mia riconoscenza sarebbe eterna, signore.
— Lascia andare la riconoscenza, per ora; dimmi invece se tu puoi darci qualche schiarimento su Ali Middel.
- Nessuno, signore; l’ho giŕ detto al presidente. Ali mi ha lasciato il dieci agosto, dicendomi che si recava a Singapore con un buon carico e promettendomi di ritornare in novembre od ai primi di dicembre, ma nient’altro!
— E non hai ricevuto piů nessuna notizia?
- Nessuna, signor tenente.
- Prima di partire, ti aveva manifestato dei sospetti sul suo equipaggio. : — No, signore.
, - Eri presso qualche parente a Chandernagor?
- No, poiché non ne ho piů in India. Vivevo assieme ad un vecchio servo di mia madre.
- Ti manteneva tuo fratello?
,— Sě, non essendoci rimasta che una sola abitazione con pochi campi.
- Non hai mai veduto i due saniassi che tramarono la rovina di tuo fratello?
- no, ma conoscevo gli altri marinai.
In quell’istante fu bussato all’uscio e Punya, l’astuto giovane indiano, entrň.
- Padrone, - disse, - Garrovi č rientrato nel suo bungalow. — Dove sono i nostri uomini?
- A breve distanza che passeggiano, senza perň perdere di vista la casa.
- Sono tutti armati?
- Di pugnali e pistole.
- Hanno la ruth?
- č pronta, padrone.
- signor Powell, se credete possiamo partire - disse il presidente.
- Siamo pronti a seguirvi - rispose Oliviero.
- Ritirati per ora nella tua stanza, Edoardo - disse l’indiano al giovanetto.
- Domani saprai tutto.
Levň da un cassetto del tavolo due lunghe pistole incrostate di madrcperla e colle canne rabescate, se le nascose sotto l’ampio dubgah e uscě preceduto da Punya e seguito da Oliviero e da Harry.
Scesero lo Strand, seguendo la sponda dell’Hugly, che in quell’ora era quasi deserto, essendo giŕ le undici, attraversarono l’ampia spianata del forte, la cui mole imponente giganteggiava nell’ombra e pochi minuti dopo s’arrestavano dinanzi ad una graziosa villa situata presso la riva, in una localitŕ deserta. Punya alzň un dito e indicň le persiane attraverso alle quali si vedevano sfuggire degli sprazzi di luce.
- Sta bene - disse il presidente della ŤYoung-Indiať. - L’amico č ancora sveglio.
Accostň alle labbra un fischietto d’argento e lanciň tre note, deboli sě, ma che
si potevano udire a duecento passi di distanza.
Quasi subito si videro delle ombre sorgere dietro ai cespugli che crescevano
presso il fiume, ed avvicinarsi rapidamente ed in silenzio.
In pochi istanti dodici indiani si trovarono attorno al presidente.
- Siete pronti? - chiese a loro il vecchio.
- Sě, padrone.
- Preparate le armi e seguitemi al bungalow.
IL SAniASSO DELLA DJUMNA
I bungalow dell’India, come si disse, sono case di campagna o meglio delle palazzine che hanno uno stile particolare, adattatissime alle necessitŕ del clima e che non mancano d’una certa eleganza. sono tutte ad un solo piano, il quale si alza su di un basamento di mattoni e SOR montate da un tetto in forma piramidale, che difende molto bene le stanze dal l’eccessivo calore del sole.
Tutto all’intorno gira una galleria chiamata varanga, sostenuta da eleganti colonne e riparata da stuoie di coccotiero, mentre le cucine e le scuderie si prolungano ai fianchi della costruzione principale, formando due ali. Le stanze sono tutte ampie, bene arieggiate ed ognuna ha annesso un gabinetto da bagno, usando gli abitanti immergersi al mattino e alla sera. Le mobilie invece sono poche, ma utilissime: qualche tavola, qualche cassettone di acajů, delle grandi sedie ad alti schienali, lunghe un metro per poter distendere comodamente le gambe, e vasti letti coperti da ampie zanzariere per difendersi dalle migliaia di zanzare che popolano le rive dei corsi d’acqua. Il bungalow di Garrovi era costruito come tutti gli altri, ma invece di essere tutto cinto da un giardino, la sua facciata si specchiava nelle acque del Gange, sicché il suo proprietario, dalla varanga, poteva dominare buon tratto di quell’immenso fiume.
“Il presidente della ŤYoung-India,ť a cui nulla sfuggiva, prima d’appressarsi alla porta comandň a quattro dei suoi uomini di celarsi fra i cespugli che crescevano sulla riva, poi dispose gli altri intorno all’abitazione, per impedire qualsiasi tentativo di fuga da parte del traditore.
Ciň fatto si diresse verso la porta seguito da Punya, da Oliviero e dal vecchio marinaio e percosse un gong che stava sospeso ad una colonna della varanga. Un istante dopo, un servo del bungalow appariva sul pianerottolo della piccola gradinata di pietra.
— č in casa il tuo padrone? - gli chiese il presidente.
- Sě - rispose il servo inchinandosi.
- Introducimi da lui.
— Ma io ignoro chi tu sei.
— Il presidente della ŤYoung-Indiať.
Bastň il nome di quella potente e popolare associazione, perché la porta si . aprisse interamente.
- Entra - disse il servo. - Vado ad avvertire il padrone.
l— E inutile - rispose l’indiano, sollecitamente. - Guidaci da lui senza perdere
?tempo.
Preceduti dal servo, i tre uomini ed il giovanotto attraversarono un salotto ed entrarono in una stanza illuminata da una grande lampada, in mezzo alla quale, comodamente sdraiato su di un seggiolone di rotang, stava un uomo occupato ad aspirare il fumo profumato del guracco che bruciava entro una di quelle grandi pipe alte due piedi, di porcellana finissima e che vengono chiamate hukah.
Era un indiano di statura poco superiore alla media, ma magro come lo sono in generale quasi tutti gl’indostani. Le sue braccia nude, parevano bastoni coperti di cuoio, ma certe rigonfiature dimostravano come quell’individuo, pur essendo cosě esile, dovesse possedere una forza muscolare notevole. Il suo viso, dalla pelle d’un bronzo molto cupo senza riflessi, non aveva quei lineamenti cosě fini come si riscontrano nelle razze pure delle popolazioni dell’India. Aveva la fronte depressa, il naso un po’ grosso, gli zigomi assai sporgenti, le labbra carnose ed i suoi occhi, di un nero profondo, avevano qualche cosa di feroce e di tetro.
Una larga cicatrice, che gli attraversava il volto dall’orecchio destro alla guancia sinistra, lo rendeva ancor meno simpatico.
Indossava perň un ricchissimo dubgah di seta bianca fiorata con fiocchi e frange d’oro, il quale gli nascondeva il petto e le gambe, ed il suo cranio, accuratamente rasato e unto di recente d’olio di cocco profumato, era semicoperto da una pezzuola di seta rossa.
Vedendo entrare quegli sconosciuti, l’indiano si era alzato con un’agilitŕ da felino ed i suoi sguardi si fissarono sul presidente e sui due europei con un’epressione di viva inquietudine.
- Cosa volete voi? - chies’egli, balzando in piedi. - Chi vi ha introdotti, senza farvi prima annunciare?
- Era inutile - disse il vecchio indiano.
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