Verso le quattro il dhumni si trovava a poche miglia da Sonapore. Giŕ riapparivano dei villaggi ed il terreno non era piů coperto da quegli eterni macchioni di bambů.

Si vedevano campi di senapa coperta di fiori gialli, di granturco, di saggina bianca che serve di cibo comune al popolo, e risaie chiuse fra arginetti alti alcuni piedi, destinati a trattenere ed a regolare le acque, giŕ coperte da lunghi steli d’un bel verde e che producono, sotto quel clima, dei chicchi enormi. Mezz’ora dopo i viaggiatori entravano in Sonapore, piccola stazione in quell’epoca, abitata da poche dozzine di molanghi, brutti indigeni sempre tremanti per le febbri e da pochi soldati sipai alloggiati in un meschino bungalow.1 Fu concessa un’altra ora di riposo agli zebů, durante la quale il tenente e Harry approfittarono per pranzare e per ottenere l’indirizzo del presidente della ŤYoung-Indiať e alle sei ripartivano coll’eguale velocitŕ, essendo ormai prossimi alla capitale del Bengala.

Infatti verso le otto, nel momento in cui il sole tramontava dietro le grandi foreste dell’alto delta, il dhumni giungeva nella grande pianura su cui si erge la ricca capitale, colla sua selva di campanili, di cupole e di pagode, colla imponente linea dei suoi palazzi schierati lungo il corso del fiume gigante e colla enorme mole del forte William. - Allo Strand - disse il tenente al conduttore.

I due zebů, punzecchiati vivamente, piegarono verso il fiume, passando dinanzi ad una interminabile fila di bungalow, che servono da case di campagna ai ricchi inglesi ed ai grandi negozianti indostani e si slanciarono sullo Strand, la via aristocratica di Calcutta che corre lungo il fiume fino al forte William, passeggio favorito degli europei, che sfoggiano un lusso veramente orientale, e dei principi indiani.

Pochi minuti dopo il dhumni s’arrestava dinanzi ad un grandioso fabbricato di stile indiano, a due piani, fiancheggiato da vasti giardini. Su di uno scudo, di dimensioni gigantesche si vedeva scritto in lettere dorate:

ŤYOUNG-INDIAť

nota: Abitazioni ad un solo piano circondate da una veranda, riparata da stuoie di coccotiero.

 

Il tenente balzň agilmente a terra, raddoppiň le rupie promesse al conduttore del dhumni e seguito dal vecchio Harry, salě la gradinata di marmo, sulla cui cima, dinanzi alla porta, vegliava un indiano armato d’una canna col pomo d’argento.

- Il presidente della ŤYoung-Indiať č ancora qui? - chiese Oliviero a quel guardia-portone.

- Sě, signore - rispose l’indiano.

- Va’ a dirgli che il tenente Oliviero Powell, comandante la quarta compagnia dei sipai di PortCanning, desidera comunicargli dei documenti importanti che riguardano la grab la Djumna.

L’indiano li introdusse in un gabinetto a pianterreno, dipinto in azzurro, di forma circolare, adorno di grandi vasi cinesi, entro i quali crescevano alcune di quelle rose bianche chiamate kundia dall’acuto profumo e che si coltivano nelle valli di Belli e di Sirinagor, e cinto, lungo le pareti, da divani di seta trapunta in oro, con guanciali di raso fiorato ricamati in argento. Una grande lampada di metallo dorato, sostenente un globo enorme di porcellana azzurra, illuminava quel salottino, versando sui divani una luce pallida, che rassomigliava a quella che tramanda l’astro notturno. Il tenente ed il marinaio si erano appena seduti, quando la porta si aprě e comparve un vecchio indiano, magro come un fakiro, con una lunga barba bianca, che faceva spiccare vivamente la pelle abbronzata del viso e due occhi penetranti ed intelligenti.

Vestiva come gl’indostani delle caste elevate. Il suo dubgah, specie di ampio mantello che forma larghe pieghe, era di seta bianca a fiorami; la sua cintura era pure di seta, ma trapunta in oro e adorna di pietre preziose; i suoi calzoncini erano di mussola a ricami d’argento, stretti al collo del piede da un legaccio d’oro e il turbantino che coprivagli il capo accuratamente rasato, era sormontato da uno smeraldo che non doveva costare meno di quattromila rupie. Egli mosse verso il tenente, facendo un profondo inchino, poi gli porse la destra alla moda europea, dicendogli:

— Sono a vostra disposizione, signore.

- Siete voi il presidente della ŤYoung-India?ť - gli chiese Oliviero.

- Sě, signor tenente.

— Ebbene, signor presidente, leggete questi documenti che un caso strano fece cadere nelle mie mani.

L’indiano prese i foglietti, che il tenente gli porgeva e dopo d’aver pregato i visitatori di accomodarsi, appressatosi alla lampada, si mise a leggerli con profonda attenzione.

Oliviero e Harry, che spiavano il suo volto, lo videro a poco a poco alterarsi, come sotto l’impulso d’una collera lenta sě, ma terribile, poiché quand’ebbe finito, i suoi sguardi mandavano cupi lampi e la sua fronte era coperta di rughe profonde.

- č stato adunque commesso un delitto infame? - diss’egli, guardando il tenente.

- Se il documento č vero, cosě deve essere - rispose Oliviero.

- Deve essere vero, poiché io conoscevo da vari anni Ali Middel e so che era d’una onestŕ scrupolosa. Ma come avete avuto questi documenti?

- Furono trovati sotto le ali di un’oca emigrante, da me uccisa nella baia di PortCanning.

- Ma allora Middel č ancora vivo!…

- Lo suppongo anch’io, quantunque sia trascorso un mese dall’odioso attentato. Se non fosse riuscito a lasciare la cabina, io non so come avrebbe potuto impadronirsi di quell’oca e affidarle queste pagine.

- č vero - disse l’indiano.

- Credete che sia il caso di rivolgersi alle autoritŕ anglo-indiane?… Un simile delitto non dovrebbe rimanere impunito, e credo che qualche cosa si potrebbe tentare per salvare quel disgraziato Ali Middel.

L’indiano fece un gesto che poteva scambiarsi per un’alzata di spalle.

- Le autoritŕ anglo-indiane! - disse poi, con leggera ironia. - Che importa loro se un marinaio č scomparso, se un delitto č stato commesso lontano dal Bengala, in pieno oceano? Sta alla ŤYoung-Indiať vendicare Ali e scoprire i colpevoli.

- Voi!

- L’associazione, signore, per buona fortuna, possiede dei mezzi potenti. Non č per ricuperare le diecimila sterline, le quali ormai saranno sfumate, né il carico di cocciniglia, ma per non lasciare impunito un delitto cosě infame e vendicare un membro di questa benemerita societŕ. Signor tenente, vorreste unire i vostri sforzi ai nostri?

- Io, signor presidente, avevo giŕ deciso di organizzare per mio conto una spedizione, e di recarmi nell’Oceano Indiano, per cercare di salvare quello sfortunato capitano.

- Siete un uomo di cuore e vi ringrazio a nome della societŕ, signor tenente. Allora agiremo senza perdere tempo.

Prese da un piccolo sgabello una mazzuola di metallo e avvicinatosi ad un grande disco di bronzo, sospeso sopra una porta, battč tre colpi facendo rintronare il salottino.

- Che cosa fate? - chiese Oliviero.

- Lo saprete subito - rispose l’indiano.

SULLE TRACCE DI GARROVI

Le vibrazioni del disco metallico non erano ancora cessate, quando comparve sulla porta del gabinetto un giovane indiano di quindici anni, dalla fisionomia intelligentissima e colla pelle di color bronzo chiaro con dei riflessi d’oro. Tutto il suo vestiario consisteva in un roma! di colore giallognolo, tinta preferita dagli indiani perché meglio resiste al sole ed alla pioggia, e che gli scendeva dai fianchi fino al collo dei piedi.

S’inchinň dinanzi al presidente della ŤYoung-Indiať con grande rispetto e attese di venire interrogato, fissando i suoi occhi neri e vellutati sul giovane tenente.

- Conosci il capo dei saniassi di Calcutta? - gli chiese il presidente.

- Sě, padrone - rispose il giovanetto.

- Ho da affidarti una parte importante, ma che spero tu eseguirai a puntino, fidando nella tua intelligenza e nella tua astuzia.

— Parla, padrone.

- Io desidero sapere che cosa sia avvenuto di due indiani che un tempo facevano parte della casta dei saniassi.

- Dimmi i nomi di quei due uomini.

- Uno si chiama Hungse e l’altro Garrovi.

- Non li scorderň, padrone.

- Ti avverto che metto a tua disposizione tutto il personale della ŤYoung-India ť e la cassa č aperta per tutto quello che ti potrebbe occorrere. Va’ e ritorna con buone notizie.

Il giovanetto s’inchinň nuovamente e uscě rapidamente, chiudendo la porta.

- Perdonate, signore - disse Oliviero, che pareva in preda ad un vivo stupore.

- Credete voi che quel giovanetto possa riuscire? Un sorriso sfiorň le labbra dell’indiano.

— Non temete, tenente - disse poi. - Punya vale meglio dei vostri piů intelligenti capi di polizia e riuscirŕ a sapere che cosa e accaduto dei due saniassi.

- E quanti giorni impiegherŕ?

- Tutto dipende dalle circostanze, ma io spero di poter avere buone notizie prima di domani sera. Ora occupiamoci del fratello di quel povero Middel.

- Lo farete cercare?

- Questa notte istessa manderň degli uomini a Serampore. Quel ragazzo puň forse fornire delle preziose informazioni.

- Ma ditemi, signore, chi era questo Middel?

- Un angloindiano, nato da padre bianco e da una indiana di Chandernagor, se non erro. Da sei anni esercitava il grande cabotaggio con una grab di sua proprietŕ.

- E suo fratello č giovane?

- Credo che non abbia piů di tredici o quattordici anni.

- Dunque domani voi sperate di vedere il ragazzo e di sapere qualche cosa sui due saniassi.

- Sě, signor tenente, e quando riusciremo a sapere dove č naufragata o dove si č arenata la grab, la ŤYoung-Indiať prenderŕ l’iniziativa per cercare di salvare il suo disgraziato socio e per vendicarlo.

Il tenente e Harry si alzarono.

- A domani - disse Oliviero, tendendo la mano all’indiano.

- Vi attendo - rispose questi, accompagnandoli fino allo scalone.

Il tenente ed il vecchio marinaio lasciarono la sede della ŤYoung-Indiať e si recarono in uno dei migliori alberghi dello Strand, essendo affranti da quella corsa disordinata attraverso il delta gangetico.

L’indomani, non sapendo come impiegare il tempo, avendo promesso di ritornare dal presidente della ŤYoung-Indiať dopo il tramonto del sole, si recarono a fare una visita alla Cittŕ nera ed ai suoi bazar, che Oliviero, sbarcato da solo sei settimane, non aveva ancora avuto l’occasione di vedere. Black-town, ossia la Cittŕ nera, č l’antica capitale del reame del Bengala ed č la parte piů caratteristica di Calcutta, essendo abitata dai soli indiani; la Cittŕ bianca, che č di costruzione recente e che non ha nulla d’orientale, essendo cittŕ europea, č invece abitata dagli inglesi e da pochi principi indiani.

Quantunque abbia molti secoli di vita, la Black-town ha conservato tali e quali i suoi quartieri. č un ammasso di catapecchie e di pagode, di costruzioni basse, ad un solo piano, semicadenti e di costruzioni ardite che lanciano a grande altezza le loro punte, le loro cupole fregiate di teste d’elefanti o delle nove incarnazioni di Visnů, il dio conservatore degli indostani. Tutto č lurido nell’antica capitale del Bengala: luride le vie, strette, tortuose, fangose e sfondate; oscure ed esalanti ingrati odori le piccole botteghe, entro le quali stanno seduti colle gambe incrociate, immobili come statue, i venditori, circondati dai piů stravaganti oggetti che immaginare si possa; orribili perfino i bazar che sono formati da costruzioni di tavole disgiunte e marcite, che per unico ornamento hanno dei lucchetti di dimensioni grottesche che di sera servono a chiudere le porte.

Il giovane tenente e Harry passarono gran parte della giornata girovagando pei bazar, fra una folla continua di bengalesi, di arracanesi, di malabari, di mussulmani delle regioni settentrionali, soffermandosi ad ammirare i numerosi incantatori di serpenti, scherzanti colle specie piů pericolose di rettili, poi alla sera ritornarono alla Cittŕ bianca e riguadagnarono lo Strand. Il presidente della ŤYoung-Indiať li attendeva nel salotto azzurro, dove erano

entrati la sera precedente. Appena entrati, dalla fisionomia lieta del vecchio indiano, s’accorsero che doveva aver raccolto delle buone notizie.

- Vi aspettavo con impazienza - diss’egli, dopo d’aver stretta la mano ad Oliviero. - Ho da comunicarvi delle importanti novitŕ.

- č riuscito nella difficile impresa il vostro giovane indiano? - chiese il tenente.

- Oltre le mie speranze.

— Sa, forse, dove si trovano i due saniassi?

- Sě, ma uno solo. Di Hungse non si č potuto avere notizie.

- Ci basta uno - disse Oliviero, che era raggiante. - L’avete fatto arrestare?

- Non ancora, ma questa notte noi lo sorprenderemo nella sua abitazione. Ho giŕ fatto radunare dieci uomini risoluti.

— Lo arresteremo noi.

- Preferisco lasciare in pace la vostra polizia.