lo chiamò per nome con quanta forza aveva. Il nome rimbombò nella notte. E da lontano giunse una flebile risposta. Dunque Barnabas aveva già fatto tanta strada. K. lo chiamò di nuovo e nello stesso tempo si avviò nella sua direzione; là dove s'incontrarono, dalla locanda non erano più visibili.

«Barnabas», disse K., senza poter dominare un tremito della voce, «volevo dirti ancora qualcosa. Noto che tutto è organizzato malissimo; qualora mi occorresse una cosa dal castello, dipenderei completamente da una tua eventuale venuta. Se ora per caso non ti avessi raggiunto - corri come se avessi le ali ai piedi, ti credevo ancora alla locanda - chissà quanto avrei dovuto aspettare prima di vederti ricomparire». «Bene, puoi chiedere al capo», disse Barnabas, «di mandarmi da te a giorni fissi, indicati da te stesso». «Nemmeno questo basterebbe», disse K., «può essere che per un anno io non abbia nulla da mandare a dire e che un quarto d'ora dopo la tua partenza debba comunicare qualcosa d'improrogabile». «Allora», disse Barnabas, «devo far sapere al capo che tra te e lui bisogna istituire un contatto diverso, che non passi attraverso me?». «No, no», disse K., «niente affatto, dicevo così per dire; questa volta ho avuto la fortuna di raggiungerti». «Vuoi che torniamo alla locanda?», chiese Barnabas. «Così puoi darmi il nuovo messaggio». Aveva già fatto un passo verso la casa. «Barnabas», disse K. «non è necessario, faccio un tratto di strada con te». «Perché non vuoi tornare alla locanda?», chiese Barnabas. «M'infastidisce quella gente», disse K., «hai visto tu stesso come sono invadenti i contadini». «Possiamo andare in camera tua», disse Barnabas. «È la camera delle serve», disse K., «sudicia e soffocante, volevo accompagnarti un tratto proprio per non rimanere lì dentro; basta che tu mi dia il braccio», aggiunse K. per vincere definitivamente l'esitazione di Barnabas, «perché tu hai un passo più sicuro». E K. gli si attaccò al braccio. Era buio pesto, K. non vedeva affatto il viso di Barnabas, scorgeva appena la sua figura, già un istante prima aveva dovuto cercare il suo braccio a tentoni.

Barnabas lo lasciò fare e insieme si allontanarono dalla locanda. Certo, nonostante ce la mettesse tutta, K. sentiva di non riuscire a stare al passo con Barnabas, d'impedirgli i movimenti e che in circostanze normali questo semplice particolare sarebbe bastato a far fallire ogni cosa, soprattutto in viuzze come quella, dove, quella stessa mattina, K. era sprofondato nella neve e dalla quale solo le braccia di un Barnabas avrebbero potuto tirarlo fuori. Ma per ora K.