Ciò che Reiting raccontava di sé e di Basini gli sembrava, interrogando se stesso, una storia senza importanza. Una colpevole leggerezza e un’azione vile e riprovevole da parte di Basini, a cui sarebbe certamente seguito un qualche estro crudele di Reiting. E d’altronde sentiva, come in un trepido presagio, che ora gli avvenimenti avevano preso una piega a lui sfavorevole, e che nell’incidente c’era qualcosa che lo minacciava come con una punta acuminata.
Non poté fare a meno di figurarsi Basini in visita da Boena e si guardò attorno nello stanzino. Le pareti sembravano incombere su di lui, quasi agguantarlo con mani insanguinate, la rivoltella appesa al muro dondolava su e giù…
Per la prima volta qualcosa era caduto, come un sasso, nella solitudine indefinita delle sue fantasticherie e adesso era là, non ci si poteva far niente, era una realtà. Ieri Basini era ancora uno esattamente uguale a lui; s’era spalancata una botola e Basini era precipitato. Proprio come nella descrizione di Reiting: un cambiamento improvviso, e uno è diventato un altro…
E di nuovo tutto questo aveva in qualche modo a che fare con Boena. I suoi pensieri s’erano macchiati d’empietà. L’odore putrido e dolciastro che ne era emanato l’aveva sconvolto. E quel senso di profonda umiliazione, quell’abdicare a se stesso, quel restar sepolto sotto le foglie pesanti, livide, velenose della vergogna, che aveva accompagnato i suoi sogni come una lontana, incorporea immagine speculare, adesso, con Basini, era improvvisamente divenuto realtà.
Era dunque qualcosa che ci si può davvero aspettare, da cui si deve stare in guardia, che può balzar fuori all’improvviso dagli specchi muti dei pensieri?…
Ma allora era possibile anche tutto il resto. Allora erano possibili anche Reiting e Beineberg. Era possibile quello stanzino… Allora era pure possibile che il chiaro mondo quotidiano, l’unico a lui noto finora, avesse una porta che s’apriva su un altro, fosco, mugghiante, impetuoso, nudo e distruttore. Che fra gli uomini la cui esistenza, ordinatamente divisa tra ufficio e famiglia, si svolge come in un edificio solido e trasparente di ferro e di vetro e altri uomini, reietti, macchiati di sangue, sudici, smarriti in labirinti pieni di voci urlanti, non vi sia soltanto un trapasso, e che invece i confini dei loro mondi si tocchino segretamente e possano esser varcati in qualsiasi momento…
E la domanda si ridurrebbe allora a un: com’è possibile questo? Cosa accade in un simile momento? Cosa balza su urlando e cosa si spegne di colpo?…
Queste erano le domande che per Törless affioravano insieme a quell’evento. E affioravano confuse, con le labbra serrate, e le velava una sensazione cupa, indefinita… una spossatezza, una paura.
E tuttava come da lontano, rotte e isolate, alcune delle loro parole echeggiavano nell’animo di Törless riempiendolo di una trepida attesa.
In quel momento cadde la domanda di Reiting.
Törless cominciò subito a parlare, obbedendo a un impulso improvviso, a uno sbigottimento. Gli parve che fosse imminente qualcosa di decisivo, ed ebbe paura di questa cosa che si avvicinava, cercò di scansarla, di prender tempo… Parlava, ma nello stesso istante sentiva che i suoi erano solo discorsi marginali, che le sue parole mancavano di un sostegno interiore e che la sua vera opinione non…
Disse: «Basini è un ladro.» E il suono preciso, duro di questa parola gli fece così bene che la ripeté due volte. «… Un ladro. E un essere simile lo si punisce dappertutto, in ogni parte del mondo. Va denunciato, allontanato dal collegio! Veda poi lui di correggersi: con noi non può più stare!»
Ma Reiting disse con un’espressione di risentita meraviglia: «Oh no! Perché spingere subito la cosa all’estremo?»
«Perché? Ma non ti sembra ovvio?»
«Proprio per niente. Tu ti comporti come se fuori dalla porta ci fosse una pioggia di zolfo pronta a distruggerci tutti se teniamo ancora Basini fra noi. E invece la cosa non è affatto così terribile.»
«Come puoi dire questo? Tu dunque vuoi continuare a star seduto, a mangiare, a dormire ogni santo giorno insieme a uno che ha rubato e che poi ti si è offerto come fantesca, come schiavo! Proprio non lo capisco. Dopotutto noi veniamo educati insieme perché facciamo parte della stessa società. A te sarà indifferente se magari un giorno ti ritroverai con lui nello stesso reggimento o lavorerai con lui nello stesso ministero, o se lui frequenterà le stesse famiglie che frequenterai tu, e magari farà la corte a tua sorella … ?»
«Be’, non ti sembra di esagerare?» rise Reiting. «Ti comporti come se facessimo parte per la vita di una confraternita! Cosa credi, che ci porteremo sempre addosso un distintivo che dice: esce dal collegio di W., ha particolari diritti e particolari doveri? Più tardi ognuno di noi farà la sua strada, e ognuno diventerà quel che ha diritto di diventare, perché non c’è mica una sola società. Perciò penso che non ci sia bisogno di romperci la testa pensando al futuro. E per quanto riguarda il presente, io mica ho detto che con Basini dobbiamo restare amici. Si potrà ben trovare il modo di mantenere le distanze. Basini è in mano nostra, possiamo fare di lui quel che vogliamo, per me puoi anche sputargli in faccia due volte al giorno: e finché lui lo sopporterà, che comunanza potrà mai esserci fra noi? E se si ribellerà potremo sempre fargli vedere chi è il padrone… Tu devi solo lasciar perdere l’idea che tra noi e Basini esista qualche altra relazione oltre a questa: che la sua bassezza ci darà modo di spassarcela!»
Benché Törless non fosse affatto convinto del fatto suo, continuò a scaldarsi: «Senti, Reiting, perché ti prendi tanto a cuore Basini?»
«Me lo prendo a cuore? Non mi pare proprio. E in ogni caso non ho nessun motivo particolare; a me l’intera storia è perfettamente indifferente. Mi secca soltanto che tu esageri così. Cos’hai in testa? Una specie di idealismo, mi pare. Un sacro fuoco per il collegio o per la giustizia.
1 comment