Tuttavia, del poco che mi rimane vi chiedo ancora di poter disporre a vostro favore.
Ma voi, signor Fogg, come farete?
Io, signora, - rispose freddamente il “gentleman”, - non ho bisogno di nulla.
Come? Ma avete riflettuto alla sorte che vi aspetta?
Vi assicuro che ho fatto le mie riflessioni.
Auda tacque un istante, pensosa. Poi vivacemente soggiunse:
E’ vero che in ogni modo la miseria non potrebbe mai colpire un uomo come voi. I vostri amici...
Io non ho amici, signora.
I vostri parenti...
Non ho più parenti.
Vi compiango allora, signor Fogg. Oh, la solitudine è davvero una triste cosa!... Ma, nemmeno un cuore amico avete, in cui deporre le vostre pene? Si dice che in due anche la miseria sia sopportabile.
Lo dicono, signora.
La signora Auda si era alzata. Porse la bella bianca mano al “gentleman”.
Signor Fogg, - disse, - volete accettare al tempo stesso una parente ed un’amica? Volete accettarmi per moglie? Un riflesso insolito splendeva ora negli occhi di Phileas Fogg; c’era come un tremito nelle sue labbra mentre la signora Auda lo guardava. La sincerità, la fermezza soave e forte di quel bello sguardo di una nobile creatura che osa tutto per salvare colui a cui deve tutto, lo sorprese dapprima, quindi lo penetrò.
Phileas Fogg chiuse un istante gli occhi come per evitare che quello sguardo avanzasse di più nel suo cuore. Quando li riaprì, disse semplicemente:
Io vi amo. Sì, in verità, per quanto c’è di più sacro al mondo, io vi amo! E sono il più felice degli uomini di poter congiungere il mio destino con il vostro.
Ah! - esclamò la signora Auda portandosi la mano al cuore.
Passepartout fu chiamato. Venne subito. Phileas Fogg teneva ancora fra le sue la mano della signora Auda.
Passepartout capì. E la sua larga onesta faccia brillò come il sole allo zenit delle regioni tropicali.
Il signor Fogg gli chiese se non fosse troppo tardi per andare ad avvertire il reverendo Samuel Wilson, della parrocchia di Mary-le-Bone.
Mai troppo tardi! - esclamò il francese, con un sorriso che valeva un perù. Erano le otto e cinque minuti.
La cerimonia sarà domani, lunedì! - disse Passepartout con solennità.
Per domani lunedì? - chiese compitamente Phileas Fogg, guardando la sua giovane fidanzata.
Per domani lunedì - confermò la signora Auda.
Passepartout uscì a gambe levate.
36.
PHILEAS FOGG VIENE NUOVAMENTE ACCREDITATO SUL MERCATO.
E’ tempo di dire quale mutamento fosse avvenuto nell’opinione pubblica di Londra allorché circolò la notizia che il vero ladro della Banca d’Inghilterra - un certo James Strand - era stato arrestato a Edimburgo il 17 dicembre.
Alla vigilia di questa data, Phileas Fogg era ancora per tutti il delinquente che la polizia braccava intorno al globo. Adesso tornava ad essere il più onorabile dei “gentleman”, occupato a compiere matematicamente il suo eccentrico giro del mondo in ottanta giorni. Tutti i quotidiani ne parlavano. Tutti gli scommettitori pro e contro, che da tempo avevano abbandonato la speculazione, risuscitarono. Le scommesse, anzi, si centuplicavano. Il nome di Phileas Fogg veniva nuovamente accreditato sul mercato. I cinque colleghi del “gentleman”, al Club della Riforma, passarono quei tre giorni dal 17 al 21 in vero orgasmo.
Dove sarà Phileas Fogg a quest’ora?
Non ha mai più dato notizie di sé! E gli ottanta giorni stanno per spirare.
Che sia morto in viaggio?...
Non pensiamoci neppure! Avrà piuttosto rinunciato all’impresa.
E se invece stesse continuando matematicamente il suo itinerario?...
Non è ancora escluso che il 21, alle 8,45 di sera, ce lo vediamo comparire, come il dio della puntualità, sulla soglia del salone! Questa era la ridda delle idee che i banchieri John Sullivan e Samuel Fallentin, l’ingegnere Andrew Stuart, Walter Ralph amministratore della Banca d’Inghilterra e il birraio Thomas Flanagan agitavano senza tregua nelle loro menti e nelle loro discussioni. Intanto si erano lanciati dispacci in America e in Asia per avere notizie di Phileas Fogg. Si mandò mattina e sera ad osservare la casa di Saville Row. Nulla! La polizia stessa non sapeva più che ne fosse stato del “detective” Fix, disgraziatamente gettatosi sopra una falsa pista.
Nella Borsa di Londra, a conclusione di tutto questo fermento d’attesa, le famose «azioni» intitolate a Phileas Fogg erano tornate a circolare. E la loro quotazione saliva alle stelle. Naturalissimo quindi che la sera del 21 dicembre una folla enorme affluisse in Pall-Mall e nelle strade adiacenti al Club della Riforma. Ci volle la presenza d’una pattuglia di polizia per mantenere un po’ d’ordine in quella calca.
Nel salone del Club, sprofondati entro le poltrone distribuite qua e là in ordine sparso, Sullivan, Fallentin, Ralph, Stuart e Flanagan aspettavano, gli occhi fissi sul quadrante del decorativo orologio a pendolo le cui lancette segnavano allora le 8 e 25 minuti.
Signori: altri venti minuti, e il termine convenuto fra noi e Phileas Fogg sarà spirato! - disse a quel punto Andrew Stuart, alzandosi.
Una evidente emozione lo dominava.
A che ora è giunto l’ultimo treno da Liverpool? - domandò Thomas Flanagan.
Alle 7 e 23 - rispose Walter Ralph. - E il treno successivo non arriva che a mezzanotte e 10.
Ebbene, signori: se Fogg tosse giunto col treno delle 7 e 23, sarebbe già qui. Possiamo considerare la scommessa come guadagnata! L’emozione tremava sempre più viva nella voce di Andrew Stuart, il quale aveva proferito solennemente queste parole.
Aspettiamo; non pronunciamoci ancora - rispose Samuel Fallentin. - Voi sapete meglio di me che il nostro collega è un eccentrico di prim’ordine: il campione della puntualità, non arrivando né un minuto prima né un minuto dopo. Come ho già detto un’altra volta, non mi meraviglierei di vedercelo capitare davanti all’ultimo istante.
E io, invece, - ribatté Stuart al colmo del nervosismo, quand’anche lo vedessi, non ci crederei!
Infatti, - venne di rinforzo Thomas Flanagan, - il progetto del signor Fogg era insensato. Per campione d’esattezza che egli sia, non avrà mai potuto impedire dei ritardi che in qualunque viaggio sono inevitabili! E anche il ritardo di un paio di giorni bastava a compromettere la sua impresa.
Ci fu un attimo di silenzio. Poi riparlò Sullivan.
Le cose devono senz’altro andare male al nostro collega. Io mi baso sul fatto che non ne abbiamo ricevuto la minima notizia: e sì che i fili telegrafici non mancavano sulla sua strada!
Phileas Fogg ha perso, signori! Vi ripeto che ha perso cento volte!
incalzò l’arrabbiato Andrew Stuart. - Voi sapete benissimo che il «China», il solo piroscafo che egli avrebbe potuto prendere da New York a Liverpool per essere qui in tempo utile, è giunto ieri. Ebbene, eccovi la lista dei passeggeri, pubblicata sulla “Shipping Gazette” (la Gazzetta Navale). Il nome di Phileas Fogg non vi figura. Siete convinti?... Ammettendo tutte le più favorevoli combinazioni, a quest’ora il nostro amico è appena in America. Ritengo che avrà almeno venti giorni di ritardo sulla data convenuta, e altrettanto avverrà anche per le cinquemila sterline di Lord Albermale.
Walter Ralph terminò la frase del collega:
E’ evidente, e noi domani non avremo che da presentare ai banchieri Fratelli Baring l’assegno del signor Phileas Fogg. In quell’istante l’orologio del salone segnava le 8 e 40.
Ancora cinque minuti - disse Andrew Stuart.
I gentlemen si guardavano. Ognuno cercava per quanto possibile di non lasciar trasparire troppo i battiti del proprio cuore. Erano dei giocatori, ma la posta del gioco era davvero molto alta! Ma non volevano darlo a vedere. Per darsi un contegno, su proposta di Samuel Fallentin presero posto con affettata indifferenza a un tavolo da gioco.
Non cederei la mia parte di quattromila sterline sulla scommessa - disse Andrew Stuart, sedendosi, - a chi me ne offrisse in questo momento 3999!
Erano le 8 e 42.
I giocatori presero le carte. Ma involontariamente i loro occhi correvano al quadrante del pendolo. Per quanto grande fosse ormai per quei cinque gentiluomini la sicurezza di vincere, mai minuti parvero ad essi più lunghi!
Le 8 e 43 - annunciò Flanagan, tagliando il mazzo che Ralph gli presentava.
Poi tacquero tutti. Nel salone del Club regnava un silenzio religioso.
Fuori invece c’era un sempre crescente clamore della folla.
Il pendolo scandiva i secondi con regolarità cronometrica.
Le 8 e 44 - disse Sullivan.
Un minuto ancora, e la scommessa era guadagnata. Andrew Stuart e i suoi colleghi non giocavano più. Avevano messo da parte le carte. S’erano messi a contare i secondi!
Al quarantesimo minuto secondo, nessuno. Al cinquantesimo, ancora nessuno!...
Al cinquantacinquesimo minuto di secondo si udì fuori della porta come un tuono. Applausi, urrà, e anche delle imprecazioni, che andavano crescendo.
I cinque gentlemen si guardarono e si levarono in piedi.
Al cinquantasettesimo minuto secondo, la porta del salone si aprì. E il pendolo non aveva ancora battuto il sessantesimo secondo che Phileas Fogg comparve sulla soglia seguito da una folla delirante la quale aveva forzato l’ingresso del Club:
Con voce calma il “gentleman” disse:
Eccomi, signori.
37.
SI DA’ QUI LA PROVA CHE, FACENDO IL GIRO DEL MONDO, PHILEAS FOGG NON HA GUADAGNATO NULLA, SE NON LA FELICITA’.
Sì! Era proprio Phileas Fogg in persona.
I lettori ricorderanno che alle 8 e cinque della sera venticinque ore circa dopo l’arrivo dei viaggiatori a Londra Passepartout era stato incaricato dal suo padrone di avvertire il reverendo Samuel Wilson per un certo matrimonio che si doveva celebrare senz’altro l’indomani. Il servo si era precipitato, contento come una pasqua, a fare l’ambasciata. E all’abitazione del reverendo aveva trovato che questi non era rincasato ancora.
Naturalmente Passepartout attese. E gli toccò attendere almeno venti buoni minuti.
Insomma, erano le 8 e 25 quando egli uscì dalla casa del reverendo Samuel Wilson. Ma in quale stato! Scarmigliatissimo, senza cappello, correndo, correndo, come non si è mai visto correre a memoria d’uomo, atterrando i passanti, precipitandosi sui marciapiedi come una tromba di ciclone.
In tre minuti era di ritorno a Saville Row e piombava senza fiato nella camera di Mister Phileas Fogg.
Passepartout non riusciva a parlare.
Che c’è? - gli chiese il “gentleman”.
Padrone mio... - balbettò il giovane. - Matrimonio... impossibile.
Impossibile?
Impossibile... per domani... E perché?
Perché domani... è domenica!
Lunedì - corresse il signor Fogg.
No... oggi... sabato.
Sabato?! Impossibile.
Sì, sì, sì! - esclamò Passepartout. - Vi siete sbagliato di un giorno! Siamo giunti ventiquattr’ore prima... Ma non ci rimangono che dieci soli minuti!
Passepartout aveva afferrato il suo padrone per il bavero e lo trascinava con una forza irresistibile.
Phileas Fogg, preso così d’assalto, senza aver il tempo di riflettere, lasciò la sua camera, lasciò la casa, saltò in un “cab”, promise cento sterline al cocchiere, e dopo avere schiacciato due cani e urtato cinque carrozze giunse a Pall-Mall davanti al Club della Riforma. L’orologio scoccava le 8 e 45 quando egli compariva nel salone.
Phileas Fogg aveva compiuto il giro del mondo in 80 giorni.
Phileas Fogg aveva vinto la scommessa di 20 mila sterline! Occorrono delle spiegazioni. Come mai un uomo così preciso aveva potuto commettere quell’errore d’un giorno nel computo del tempo? Come è che egli si credeva giunto a Londra il sabato sera 21 dicembre, mentre non era che il venerdì 20 dicembre, 79 giorni soltanto dopo la sua partenza?
Ecco la spiegazione di questo errore e che è molto semplice. Phileas Fogg, senza neanche saperlo, aveva guadagnato un giorno sul suo itinerario: e ciò unicamente perché aveva fatto il giro del mondo andando verso est. Avrebbe invece perduto un giorno se fosse andato in senso contrario, ossia verso ovest. Infatti, andando verso est, Phileas Fogg camminava incontro al sole: e per conseguenza i giorni diminuivano per lui di tante volte quattro minuti quanti erano i gradi di latitudine che egli percorreva in quella direzione. Ora, sulla circonferenza terrestre si contano 360 gradi: moltiplicando 360 per 4 minuti si hanno precisamente 24 ore, vale a dire un giorno, quel giorno inconsapevolmente guadagnato.
In altri termini: mentre Phileas Fogg viaggiando verso est aveva veduto il sole passare 80 volte al proprio meridiano, i suoi colleghi a Londra non lo avevano visto passare che 79 volte. Ecco perché quel giorno che era sabato, e non la domenica come credeva Phileas Fogg, essi lo aspettavano nel salone del Club. Ed ecco ciò che il famoso orologio di Passepartout, che era stato sempre mantenuto sull’ora di Londra, avrebbe dimostrato se, oltre ai minuti e alle ore, avesse segnato pure i giorni! Phileas Fogg aveva dunque guadagnato 20 mila sterline. Ma siccome strada facendo ne aveva spese circa 19 mila, il risultato pecuniario era ben scarso. Si sa tuttavia che l’onorabilissimo “gentleman” aveva cercato in quella scommessa soltanto la lotta e la vittoria sulle difficoltà, non già la ricchezza.
Anzi, la somma del profitto egli la divise tra il fido servitore e l’infelicissimo Fix a cui era incapace di serbare rancore. Soltanto per regolarità, Phileas Fogg trattenne a Passepartout il costo delle 1920 ore di gas consumato per sua colpa.
Quella stessa sera il signor Fogg, sempre impassibile e flemmatico, disse alla signora Auda:
Il nostro matrimonio vi conviene ancora, signora?
Signor Fogg, tocca a me farvi questa domanda. Voi eravate rovinato; ora siete ricco...
Scusatemi: la mia ricchezza vi appartiene! Se voi non aveste avuto il pensiero di questo matrimonio, il mio servo non sarebbe andato dal reverendo Wilson, io non sarei stato avvertito dell’errore. E...
Caro signor Fogg - disse la giovane.
Cara Auda - rispose Phileas Fogg.
Non occorre aggiungere che il matrimonio si celebrò quarantotto ore dopo. Passepartout, superbo, raggiante, abbagliante, vi figurò come testimone della sposa. Non l’aveva salvata lui? Questo onore gli era dovuto.
L’indomani prima dell’alba il servo bussava con fracasso alla porta di camera del suo padrone.
La porta venne aperta e Phileas Fogg flemmatico comparve.
Che c’è, Passepartout?
C’è... c’è, signore... Sono venuto a sapere or ora...
Che cosa?
Che potevamo compiere il giro del mondo in 78 giorni soltanto!
Senza dubbio: non attraversando l’India - confermò il signor Fogg. - Ma se non avessimo attraversato l’India, non avremmo salvato la signora Auda; essa non sarebbe divenuta mia moglie, e... E il signor Fogg richiuse tranquillamente la porta. Così, dunque, Phileas Fogg aveva vinto la sua scommessa. Aveva compiuto in ottanta giorni un giro completo del mondo! Per portarlo a termine aveva utilizzato tutti i mezzi di trasporto: piroscafi, ferrovie, carrozze, “yachts”, navi da carico, slitte, elefanti. L’eccentrico “gentleman” aveva svelato in questo affare le sue meravigliose qualità di sangue freddo e di precisione. Ma in seguito? Che cosa aveva guadagnato con tutto quel movimento? Che cosa si era portato indietro da quel lungo viaggio?
«Niente», forse dirà qualcuno. Sì, niente, al di fuori di una donna attraente la quale - per quanto la cosa possa sembrare inverosimile - lo rendeva il più felice degli uomini!
E in verità, non si farebbe volentieri anche per meno di questo l’intero Giro del Mondo?
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