La legge lo dice.

- Sapendo che io non ho nessun diritto di prendere la parola qui, ve ne chiedo il permesso.

- Parla dunque, - gridarono venti voci.

- Uccidere un cucciolo nudo è vergogna. E poi esso offrirà una preda migliore quando sarà cresciuto. Baloo ha parlato in sua difesa; ora alle parole di Baloo io aggiungerò un toro ben grasso, che ho appena ammazzato a meno d’un mezzo miglio di qui, se voi accogliete il cucciolo d’uomo secondo la Legge. C’è qualche difficoltà?

Rispose il clamore di innumerevoli voci che dicevano:

- E che importa? Morirà quest’inverno, quando cominceranno le piogge.

Si arrostirà al sole. Che male può farci un ranocchio spelato?

Lasciatelo correre insieme con il branco. Dov’è il toro, Bagheera?

Accettiamolo.

Allora si sentì il latrato cupo di Akela che gridava:

- Guardate bene! Guardate bene, o lupi!

Mowgli, ancora intento a giocare coi sassolini, non fece nemmeno caso ai lupi che vennero a riconoscerlo da vicino uno dopo l’altro.

Finalmente si affrettarono tutti giù per la collina alla ricerca del toro ucciso, e rimasero soltanto Akela, Bagheera ed i lupi della famiglia di Mowgli. Shere Khan ruggiva ancora nella notte, infuriato perché non gli avevano abbandonato Mowgli.

- Sì, pensa a ruggire, - disse Bagheera sotto i baffi, - che arriverà il tempo in cui questo cosino spelacchiato ti farà ruggire in un altro tono, o io non conosco per niente gli uomini.

- E’ stata una cosa ben fatta, - disse Akela. - Gli uomini e i loro piccini hanno molto giudizio. Può essere di aiuto, col tempo.

- Sicuro, un aiuto in tempo di bisogno, poiché nessuno può mettersi in testa di comandare il branco in eterno, - disse Bagheera.

Akela non rispose. Egli pensava al momento che arriva per il capo di un branco, quando perde la forza e diventa ogni giorno più debole, finché gli altri lupi lo uccidono e un nuovo capo gli succede per fare a sua volta la stessa fine.

- Portatelo via, - disse Bagheera a Papà Lupo, - e allevatelo come si conviene ad uno del Popolo Libero.

Ed ecco come capitò che Mowgli venne accolto nel branco dei lupi di Seeonee per l’offerta di un toro e per le buone parole di Baloo.

Ora dovete accontentarvi di saltare dieci o undici anni buoni, e immaginarvi soltanto la vita meravigliosa che Mowgli visse fra i lupi, perché a scriverla tutta intera riempirebbe chi sa quanti libri. Egli crebbe fra i lupacchiotti, anche se questi, naturalmente, fossero già adulti quando egli non era ancora fanciullo. Papà Lupo gli fu maestro di tutto il sapere lupesco e gli insegnò il significato di tutte le cose della Jungla, finché ogni fruscio fra l’erba, ogni leggero soffio nell’aria calda della notte, ogni verso del gufo sopra la sua testa, l’impercettibile scricchiolìo che fa il pipistrello graffiando l’albero con le unghie, quando va ad appollaiarsi per un attimo, il più leggero rumore nell’acqua degli stagni, dove guizzano i pesciolini, presero per lui il valore che hanno per gli uomini d’affari tutte le operazioni del suo ufficio. Quando non era occupato a imparare, si accoccolava fuori al sole a dormire, poi mangiava e si riaddormentava. Quando si sentiva sporco o accaldato, si gettava a nuoto negli stagni della foresta, e quando gli veniva voglia di miele (Baloo gli aveva detto che il miele e le noci erano buoni da mangiare come la carne cruda) si arrampicava sugli alberi per cercarlo, come Bagheera gli aveva insegnato. Bagheera si stendeva sopra un ramo e lo chiamava: “Vieni, fratellino”.

Le prime volte Mowgli si aggrappava come il bradipo, ma cl tempo si slanciava di ramo in ramo quasi con la stessa audacia delle scimmie grigie. Ebbe anche il suo posto alla Rupe del Consiglio, alle adunate del branco, e lì si accorse che se guardava fisso un lupo, questo era costretto ad abbassare gli occhi, e così si divertiva a farlo spesso.