Non per nulla Schiller diceva che le disquisizioni kantiane su questo argomento possono soddisfare solo degli schiavi, mentre Strauss si limitava a deriderla.
Berlioz parlava, ma nello stesso tempo pensava: «Ma chi può essere questo tipo? E come fa a parlare cosí bene il russo?»
- Bisognerebbe prendere questo Kant e spedirlo per un paio di annetti a Solovki! 3- sparò Ivan Nikolaeviè in modo del tutto inaspettato.
- Ivan! - sussurrò confuso Berlioz.
Però la proposta di deportare Kant a Solovki non solo non sorprese il forestiero, ma anzi lo entusiasmò.
- Giusto, giusto, - gridò, e il suo occhio sinistro verde, volto verso Berlioz, cominciò a brillare. - È proprio il posto che farebbe per lui! Glielo dicevo quella volta a colazione: «Lei, professore, mi scusi tanto, ha escogitato qualcosa d'incoerente. Magari sarà una cosa acuta, ma non si capisce proprio nulla. La prenderanno in giro».
Berlioz spalancò gli occhi. «A colazione... con Kant?...Che assurdità sta dicendo?», pensò.
- Però, - continuava lo straniero, per nulla turbato dallo stupore di Berlioz, e rivolgendosi al poeta, - non è possibile spedirlo a Solovki per il semplice motivo che da oltre cento anni egli si trova in luoghi assai piú remoti, e trarlo di là è assolutamente impossibile, glielo assicuro.
- Peccato! - replicò il poeta attaccabrighe.
- È proprio un peccato, - confermò lo sconosciuto facendo brillare l'occhio, e continuò: - Ma ecco il problema che mi preoccupa: se dio non esiste, chi dirige la vita umana e tutto l'ordine sulla terra?
- È l'uomo che dirige, - si affrettò a rispondere irritato Bezdomnyj a questa domanda che, bisogna riconoscerlo, non era molto chiara.
- Mi perdoni, - replicò con dolcezza lo sconosciuto, per dirigere bisogna avere un piano esatto per un periodo abbastanza lungo. Mi permetta perciò di chiederle come può l'uomo dirigere, se non solo gli manca la possibilità di fare un piano perfino per un periodo ridicolmente breve, come, diciamo, un millennio, ma non è neppure in grado di rispondere del proprio domani!
- Del resto, - qui lo sconosciuto si voltò verso Berlioz, - immagini che lei si metta a dirigere, a disporre di sé e degli altri, che cominci, come dire, a prenderci gusto, ma a un tratto lei scopre di avere, he... he... un sarcoma al polmone - Qui lo sconosciuto sorrise dolcemente, come se il pensiero di un sarcoma al polmone gli facesse piacere, sí, un sarcoma... - ripeté questa sonora parola socchiudendo gli occhi come un gatto, - e la sua attività direttiva è bell'e finita!
- Nessun destino, eccetto il proprio, la interessa piú. I parenti cominciano a mentirle. Lei, sentendo che c'è qualcosa che non va, si precipita dai migliori medici, poi dai ciarlatani, e magari dalle chiromanti. Sia la prima cosa che la seconda e la terza sono, lei capisce, assolutamente insensate. E tutto finisce in modo tragico: colui che, ancora poco fa, credeva di dirigere qualcosa, è steso immobile in una cassa di legno, e le persone circostanti, comprendendo che dal defunto non si cava piú alcun costrutto, lo cremano in un forno.
- Ma succede anche di peggio: uno magari ha appena deciso di andare a Kislovodsk, - qui il forestiero guardò Berlioz strizzando gli occhi, - una cosuccia da nulla, si direbbe, ma non riesce a fare neppure quella, perché scivola e va a finire sotto un tram! Non mi vorrà mica dire che è stato lui a dirigere se stesso in quel modo! Non sarebbe piú giusto pensare che è stato qualcun altro a dirigerlo cosí? Qui lo sconosciuto emise una strana risatina.
Berlioz aveva ascoltato con grande attenzione lo sgradevole racconto sul sarcoma e sul tram, e certi pensieri allarmanti cominciavano a tormentarlo. «Non è un forestiero... non è un forestiero... - pensava, - è un tipo stranissimo... ma insomma chi mai può essere?...»
- Vedo che lei ha voglia di fumare, - disse a un tratto lo sconosciuto a Bezdomnyj. - Che sigarette preferisce?
- Perché, ne ha di diversi tipi? - chiese cupo il poeta che aveva terminato le sue.
- Quali preferisce? - ripeté lo sconosciuto.
- Bè, La Nostra Marca, - rispose con astio Bezdomnyi.
Lo sconosciuto tirò immediatamente fuori dalla tasca un portasigarette e lo porse a Bezdomnyj.
- La Nostra Marca.
Sia il direttore sia il poeta furono sbalorditi non tanto dal fatto che nel portasigarette vi fosse proprio La Nostra Marca quanto dal portasigarette stesso. Era enorme, d’oro massiccio, e quando venne aperto, sul suo coperchio scintillò d'un fuoco bianco e azzurro un triangolo di brillanti.
Qui i letterati ebbero pensieri differenti. Berlioz: «No è uno straniero!», e Bezdomnyj: «Il diavolo se lo porti. Che roba!...»
Il poeta e il proprietario del portasigarette cominciarono a fumare, mentre Berlioz, che non era un fumatore, rifiutò.
«Bisognerà rispondergli cosí, - decise Berlioz, - sí, l'uomo è mortale, nessuno lo mette in dubbio. Ma il fatto è che...»
Però non fece in tempo a pronunciare queste parole che lo straniero riprese a parlare:
- Sí, l'uomo è mortale, ma questa sarebbe solo una mezza disgrazia. Il brutto è che a volte muore all'improvviso, è questo il guaio! E in genere non è in grado di dire che cosa farà stasera.
«Che modo assurdo d'impostare il problema...», penso Berlioz e obiettò:
- Via, adesso lei sta esagerando. So piú o meno esattamente che cosa farò stasera. Naturalmente, se mentre passo per la Bronnaja mi cade una tegola in testa...
- Una tegola, - lo interruppe gravemente lo sconosciuto, - non cadrà mai in testa a nessuno cosí, senza una ragione. In particolare, posso assicurarle che lei non corre affatto questo rischio. Lei morirà di un'altra morte.
- Forse lei sa di quale, - s'informò Berlioz con un'ironia perfettamente naturale, lasciandosi trascinare in un conversazione veramente assurda, - e me lo vorrà dire?
- Volentieri, - replicò lo sconosciuto. Misurò Berlioz con lo sguardo, come se si accingesse a fargli un vestito, borbottò tra i denti qualcosa come: «Uno, due... Mercurio è nella seconda casa...
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