Il padre di famiglia

Torquato Tasso

Il padre di famiglia

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Edizioni di riferimento

elettroniche

Liz, Letteratura Italiana Zanichelli

a stampa

Torquato Tasso, Dialoghi, a cura di E. Raimondi, Firenze, Sansoni, 1958

Design

Graphiti, Firenze

Impaginazione

Thèsis, Firenze-Milano

Torquato Tasso Il padre di famiglia Q

All’illustrissimo signor Scipion Gonzaga.

Illustrissimo mio signore,

Dedico a Vostra Signoria illustrissima questo mio dialogo per arra d’alcun’altre cose che m’apparecchio di scriverle. E le bacio le mani.

Di Vostra Signoria illustrissima

affezionatissimo servitore,

TORQUATO TASSO.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 3

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Torquato Tasso Il padre di famiglia Q

Il padre di famiglia

Era ne la stagione che ‘l vindemiatore suol premer <da l’uve> mature il vino e che gli arbori si veggono in alcun luogo spogliati de’ frutti, quando io, ch’in abito di sconosciuto peregrino tra Novara e Vercelli cavalcava, veggendo che già l’aria cominciava ad annerare e che tutto <intorno> era cinto di nuvoli e quasi pregno di pioggia, cominciai a pungere più forte il cavallo. Ed ecco intanto <mi> percosse negli orecchi un latrato di cani con-fuso da gridi: e volgendomi indietro, vidi un capriolo che, seguito da <due> velocissimi veltri, già stanco, fu da loro sovragiunto, sì che quasi mi venne a morire innanzi a’ piedi. E poco stante <arrivò> un giovinetto d’età di diciotto o venti anni, alto <di> statura, vago d’aspetto, proporzionato di membra, asciutto e nerboruto, il quale, percotendo i cani e sgridandoli, la fera, che scannata avevano, lor tolse di bocca e diedela ad un villano, il qual, recatala in ispalla, ad un cenno del giovinetto innanzi con veloce passo s’incaminò; e ‘l giovanetto, verso me rivolto, disse: Ditemi, per cortesia, ov’è il vostro viaggio? E io: A Vercelli vorrei giungere questa sera, se l’ora il concedesse. Voi potreste forse arrivarvi, diss’egli, se non fosse che ‘l fiume, che passa dinanzi alla città e che divide i confini del Piemonte da quelli di Milano, è in modo cresciuto che non vi sarà agevole il passarlo: sì che vi consiglierei che meco questa sera vi piacesse d’albergare; ché di qua del fiume ho una picciola casa, ove potrete star con minor disagio ch’in altro luogo vicino.

Mentr’egli queste cose diceva, io gli teneva gli occhi fissi nel volto, e parevami di conoscere in lui un non so che di gentile e di grazioso. Onde, di non basso affare giudicandolo, tutto ch’a piè il vedessi, renduto il cavallo al vetturino che meco veniva, a piedi dismontai e gli dissi che su la ripa del fiume prenderei consiglio, secondo il suo parere, di passar oltre o di fermar-mi: e dietro a lui m’inviai. Il qual disse: Io innanzi anderò non per attribuir-mi superiorità d’onore, ma per servirvi come guida. E io risposi: Di troppo nobil guida mi favorisce la mia fortuna: piaccia a Dio ch’ella in ogni altra cosa prospera e favorevol mi si dimostri. Qui tacque; e io lui, che taceva, seguitava; il quale spesso si rivolgeva a dietro e tutto con gli occhi dal capo a le piante mi ricercava, quasi desideroso di saper chi io mi fossi. Onde a me parve di voler, prevenendo il suo desiderio, in alcun modo sodisfarlo, e dissi: Io non fui mai in questo paese, percioché altra fiata ch’andando in Francia passai per lo Piemonte, non feci questo camino; ma, per quel ch’a me ne paia, non ho ora da pentirmi d’esserci passato, perché assai bello è il paese è da assai cortese gente abitato.

Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 4

ACTA G. D’Anna Thèsis Zanichelli

Torquato Tasso Il padre di famiglia Q

Qui egli, parendogli ch’io alcuna occasione di ragionar gli porgessi, non poté più lungamente il suo desiderio tener celato, ma mi disse: Ditemi, di grazia, chi siete e di qual patria, e qual fortuna in queste parti vi conduce. Son, risposi, nato nel regno di Napoli, città famosa d’Italia, e di madre napolitana, ma traggo l’origine paterna da Bergamo, città di Lombardia; il nome e ‘l cognome mio vi taccio, ch’è sì oscuro che, perch’io pur il vi dicessi, né più né meno sapreste delle mie condizioni: fuggo sdegno di principe e di fortuna, e mi riparo negli stati di Savoia. Ed egli: Sotto ma-gnanimo e giusto e grazioso principe vi riparate. Ma come modesto, accor-gendosi ch’io alcuna delle mie condizioni gli voleva tener celata, d’altro non m’addomandò. E poco eravamo oltre cinquecento passi caminati, ch’arrivammo in ripa al fiume, il qual correva così rapido che niuna saetta con maggior velocità da arco di Partia uscì giamai, ed era tanto cresciuto che più dentro alle sue sponde non si teneva; e per quel ch’ivi da alcuni villani mi fu detto, il passatore non voleva dispiccarsi dall’altra riva e aveva negato di tragittare alcuni cavalieri francesi, che con insolito pagamento avevan voluto pagarlo. Ond’io, rivolto al giovinetto che m’aveva guidato, dissi: La necessità m’astringe ad accettar quello invito che per elezione ancora non avrei ricusato; ed egli: Se ben io vorrei più tosto questo favore riconoscer dalla vostra volontà che dalla fortuna, piacemi nondimeno ch’el-la abbia fatto in modo che non ci sia dubbio del vostro rimanere. Io m’an-dava più sempre per le sue parole confermando ch’egli non fosse d’ignobile nazione né di picciolo ingegno; onde, contento d’essermi a così fatto oste avenuto: S’a voi piace, risposi, quanto prima riceverò il favor dell’esser al-bergato, tanto più mi sarà grato. A queste parole egli la sua casa m’additò, che dalla ripa del fiume non era molto lontana.

Ella era di nuovo fabricata ed era di tanta altezza ch’alla vista di fuor si poteva comprendere che più ordini di stanze, l’uno sovra l’altro, conte-nesse; aveva dinanzi quasi una picciola piazza d’alberi circondata; vi si sali-va per una scala doppia, la qual era fuor della porta e dava due salite assai commode per venticinque gradi, larghi e piacevoli, da ciascuna parte.