Saliti la scala, ci ritrovammo in una sala di forma quasi quadrata e di convenevol grandezza; perciò che aveva due appartamenti di stanze a destra e due altri a sinistra, e altrettanti appartamenti si conosceva ch’erano nella parte della casa superiore. Aveva incontra alla porta per la quale noi eravamo entrati un’altra porta; e da lei si discendeva per altrettanti gradi in un cortile, intor-Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 5

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no al quale erano molte picciole stanze di servitori e granai, e di là si passava in un giardino assai grande e ripieno d’alberi fruttiferi, con bello e maestrevole ordine disposti. La sala era fornita di corami e d’ogni altro ornamento ch’ad abitazion di gentiluomo fosse conveniente: e si vedeva nel mezzo la tavola apparecchiata e la credenza carica di candidissimi piatti di creta, piena d’ogni sorte di frutti.

Bello e commodo è l’alloggiamento, diss’io, e non può esser se non da nobile signore posseduto, il quale tra’ boschi e nella villa la dilicatura e la politezza della città non lassa desiderare; ma sietene forse voi il signore? Io non, rispose egli, ma mio padre n’è signore, al quale piaccia Iddio di donar lunga vita: il qual non negherò che gentiluomo non sia della nostra città non del tutto inesperto delle corti e del mondo, se ben gran parte della sua vita ha spesa in contado, come colui c’ha un fratello che lungamente è stato cortigiano nella corte di Roma e ch’ivi ancor si dimora, carissimo al buon cardinal Vercelli, del cui valore e della cui auttorità in questi nostri paesi è fatta molta stima. E in qual parte d’Europa e d’Italia è conosciuto, dissi io, il buon cardinale, ove non sia stimato?

Mentre così ragionava, sopragiunse un altro giovinetto di minor età, ma non di men gentile aspetto, il qual della venuta del padre portava aviso, che da veder sue possessioni ritornava. Ed ecco sopragiungere il padre a cavallo, seguito da uno staffiero e da un altro servitore a cavallo: il quale, smontato, incontanente salì le scale. Egli era uomo d’età assai matura e vicina più tosto a’ sessanta ch’a’ cinquant’anni, d’aspetto piacevole insieme e venerando, nel quale la bianchezza de’ capelli e della barba tutta canuta, che più vecchio l’avrian fatto parere, molto accresceva di degnità. Io, fatto-mi incontra al buon padre di famiglia, il salutai con quella riverenza ch’a gli anni e a’ sembianti suoi mi pareva dovuta; ed egli, rivoltosi al maggior figliuolo, con piacevol volto gli disse: Onde viene a noi questo oste, che mai più mi ricordo d’avere in questa o ‘n altra parte veduto? A cui rispose il maggior figliuolo: Da Novara viene e a Turino se ne va. Poi, fattosi più presso al padre, gli parlò con bassa voce in modo ch’egli si ristette di volere spiar più oltre di mia condizione, ma disse: Qualunque egli sia, sia il bene arrivato: ch’in luogo è venuto ov’a’ forestieri si fa volentieri onore e servizio.

E io, della sua cortesia ringraziandolo, dissi: Piaccia a Dio che, come ora volentieri ricevo da voi questo favore dell’albergo, così in altra occasione ricordevole e grato mene possa dimostrare.

Mentre queste cose dicevamo, i famigliari avevan recata l’acqua alle Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 6

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mani; e poi che lavati ci fummo, a tavola ci sedemmo, come piacque al buon vecchio, che volle me come forestiero onorare. E ‘ncontinente de melloni fu quasi carica la mensa: e gli altri frutti vidi ch’all’ultimo della cena ad un suo cenno furono riserbati. Ed egli così cominciò a parlare: Quel buon vecchio Coricio, coltivator d’un picciolo orto, del quale mi sovviene d’aver letto in Vergilio,

Dapibus mensas onerabat inemptis.

E a questa imitazione disse il Petrarca, del suo bifolco ragionando: E poi la mensa ingombra

Di povere vivande,

Simili a quelle ghiande

Le quai fuggendo tutto il mondo onora.

Sì che non dovete maravigliarvi s’anch’io ad imitazion loro potrò caricarvi la mensa di vivande non comprate, le quali se tali non saranno quali voi altrove sete solito di gustare, ricordatevi che sete in villa, e a casa di povero oste vi sete abbattuto. Estimo, diss’io, parte di felicità il non esser costretto di mandare alle città per le cose necessarie al ben vivere, non ch’al vivere, delle quali mi pare che qui sia abbondanza.

Non occorre, diss’egli, ch’io per alcuna cosa necessaria o convenevole a vita di povero gentiluomo mandi alla città, percioché dalle mie terre ogni cosa m’è, la dio mercé, copiosamente somministrata: le quali in quattro parti, o specie che vogliam dirle, ho divise. L’una parte è la maggiore e da me arata e seminata di frumento e d’ogn’altra sorte di legumi; l’altra è lasciata a gli alberi e alle piante, i quali sono necessari o per lo fuoco o per l’uso delle fabriche e degli instrumenti delle case, comech’in quella parte ancora che si semina sian molti ordini d’alberi su’ quali le vite secondo l’usanza de’ nostri piccioli paesi sono appoggiate; la terza è prateria, nella quale gli armenti e le greggi ch’io ho usano di pascolare; la quarta ho riserbata a l’erbe e a’ fiori, ove sono ancora molti alveari d’api: perciò ch’oltre questo giardino nel quale tanti alberi fruttiferi vedete da me piantati e il quale dalle possessioni è alquanto separato, ho un bruolo molto grande, che d’ogni maniera d’erbaggio è copiosissimo molto. Bene avete le vostre terre compartite, dissi io, e ben si pare che di Varrone, non sol di Virgilio, siate studioso. Ma questi melloni, che sono così saporosi, nascono anch’essi su le Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 7

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vostre terre? Nascono, diss’egli, e, se vi piacciono, mangiatene a vostra voglia, né riguardate a me: che se poco n’ho gustati, non l’ho fatto perché ce ne sia carestia, ma perch’io gli giudico assai malsani, come quelli che, se ben sono oltre tutti gli altri di dolcissimo sapore e gratissimi al gusto, nondimeno, non sollevandosi mai di terra né ogni lor parte scoprendo al sole, conviene che molto quasi beano del soverchio umor della terra, il quale il più delle volte non potendo essere né bene né egualmente maturato dalla virtù del sole, che non percuote tutte le parti loro, aviene che pochi melloni buoni si ritrovino e molti di sapore alle zucche e a’ cucumeri, ch’anch’essi non s’inalzan dalla terra, sian somiglianti.

Qui egli si tacque; e io, mostrando d’approvare ciò ch’egli diceva, mi taceva, sapendo ch’i vecchi, o quelli che già cominciano ad invecchiare, sogliono esser più vaghi del ragionare che di alcun’altra cosa e che non si può far loro maggiore piacere ch’ascoltarli con attenzione. Ma egli, quasi pur allora aveduto che la moglie vi mancasse, disse: La mia donna, dalla vostra presenza ritenuta, aspetta forse d’essere invitata, onde, s’a voi pare, la farò chiamare: perché, se ben so ch’i modesti forestieri con alquanto di vergogna e di rispetto maggiore dimorano in presenza delle donne che degli uomini, nondimeno non solo la villa, ma l’uso de’ nostri paesi porta seco una certa libertà, alla quale sarà bene che cominciate ad avezzarvi.

Venne la moglie chiamata, e s’assise in capo di tavola in quel luogo che voto era rimaso per lei; e il buon padre di famiglia rincominciò: Omai avete veduto tutte le mie più care cose, perché figliuola femina non m’è stata concessa dal cielo: del ch’io certo molto avrei da ringraziarlo, se non fosse che la mia donna, che da’ maschi, com’è costume de’ giovani, spesso è abbandonata, della solitudine si lamenta; ond’io penserei di dar moglie al maggior de questi miei figliuoli, s’egli l’animo molto alieno non ne dimostrasse. Allora io dissi: Io non posso in alcun modo lodar questa usanza di dar così tosto moglie a’ giovani, percioché ragionevolmente non si dovrebbe prima attendere a l’uso della generazione che l’età dell’accrescimento fosse fornita, nella quale vostro figliuolo ancora mi par che sia.