E cominciando a risolvere i dubbi, chiara cosa è che non sia un’arte istessa la famigliare e quella dell’acquisto, percioch’all’una conviene apparecchiar le cose, all’altra porre in opra le appa-recchiate: or resta che si consideri se l’arte dell’acquisto sia una specie <o> una parte della famigliare, o pur se sia a fatto estranea e diversa da lei. La facoltà dell’acquisto può esser naturale e non naturale: naturale chiamo quella ch’acquista il vitto da quelle cose che dalla natura sono state prodotte per servigio dell’uomo; e perciò che niuna cosa è più naturale che ‘l nutrimento che la madre porge al figliuolo, pare oltre tutti gli altri acquisti naturale quello che si trae da’ frutti della terra, conciosia cosa che la terra è madre naturale di ciascuno. Naturali sono ancora gli alimenti che si traggono dalle bestie e dagli acquisti che si fanno d’essi, i quali si distinguono secondo la distinzion delle bestie, perché delle bestie altre sono muntuose e congregabili, altre solitarie Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 34
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ed erranti: di quelle si formano le greggi e gli armenti e altre congregazioni, dalle quali tutte non picciola utilità si suol raccorre; di queste si fanno prede, con le quali molti soglion sostentar la vita.
Pare ancora che la natura abbia generato non solo i bruti a servigio de gli uomini, ma gli uomini che sono atti ad ubbedire a servigio di coloro che sono atti a commandare, sì che par naturale l’acquisto eziandio che si fa nelle prede della guerra, quando la guerra sia giusta; né voglio tacere quel che da Tucidide nel proemio della sua istoria è osservato, cioè che negli antichissimi secoli l’arte del predare non era vergognosa: onde si legge ne’
poeti che l’uno addomanda a l’altro s’egli è corsaro, quasi niuna ingiuria gli faccia con sì fatta dimanda. Alla quale usanza, o più tosto ragione, avendo riguardo Vergilio, introduce Numano così a vantarsi: Caniciem galea premimus semperque recentes Coniectare iuvat praedas et vivere rapto; e oggi acquisto naturale e giusto si può chiamar quello ch’i cavalieri di Malta e gli altri fanno delle prede de’ Barberi. Tutte quest’arti dunque dell’acquisto naturale par che convengano al padre di famiglia, e l’agricultura principalmente; e chi tutte le mescolasse e le cose che da questi acquisti raccoglie cambiasse, non farebbe arte peraventura al padre di famiglia disdicevole. La qual arte quella è che mercantia oggi si chiama comunemente, la quale è di molte sorti; ma giustissima è quella la quale, prendendo le cose soverchie di là ove soverchiano, le porta ove n’è difetto, e in quella vece ivi altre ne porta delle quali v’è carestia: e di questa ragionando, disse negli Uffici M. Tullio che la mercantia, s’era picciola, era sordida, ma se grande, non era molto da vituperare:
Ma le sue parole debbono esser prese in quel luogo come dette da filosofo stoico, il qual troppo severamente parla di queste materie; percioch’in altri luoghi, ov’egli come cittadino ne ragiona, loda e difende i mercanti e le lor ragioni, e chiama onestissimo l’ordine de’ publicani, il quale aveva in mano l’entrate della republica e da’ quali la mercantia era essercitata. Ma sì come giusta è quella mercantia la qual porta le cose ove mancano e ne trae utilità, così assai ingiusta è quella la qual, comprando le cose native d’un paese, le rivende nel medesimo luogo, aspettando l’opportunità del tempo con molto vantaggio; se ben ch’altri aspetti l’opportunità nel vender le sue proprie entrate e le cose che raccoglie dalle sue possessioni e dagli armenti Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 35
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suoi, non pare che sia in alcun modo disconveniente al buon padre di famiglia. E tanto sia detto dell’acquisto naturale ch’al padre di famiglia è conveniente, nel quale egli molto s’avanzerà se sarà a pieno instrutto non sol della natura e della bontà e del valor di tutte le cose che si cambiano o che da luogo a luogo si trasportano, ma anco in qual provinzia nascano le migliori, in qual le peggiori, e in quale in maggiore abbondanza, in quale in minore, ove con maggior prezzo, ove con minor sian vendute: e dee essere parimente informato de’ modi e delle facilità e delle difficultà del trasportarle, e de’
tempi e delle stagioni nelle quali ciò più commodamente si può fare, e delle corrispondenze c’hanno le città con le città e le provinzie con le provinzie, e de’ tempi ne’ quali si raccogliono quei mercati che comunemente fiere sono addomandate.
Dee nondimeno trattare il padre di famiglia quest’arti come padre di famiglia e non come mercante: percioch’ove il mercante si propone per principal fine l’accrescimento della facoltà, che si fa con la trasmutazione, e per questo molte volte si dimentica della casa e de’ figliuoli e della moglie e va in paesi lontanissimi, lasciandone la cura a’ fattori e a’ servitori, il padre di famiglia ha l’acquisto della trasmutazione per obietto secondo e dirizzato al governo della casa, e tanto solo egli vi spende o dell’opera o del tempo, quanto la prima e principal sua cura non ne può essere impedita. Oltre di ciò, sì come ciascun’arte vuole i suoi fini in infinito, percioch’il medico vuol sanar quanto può e l’architetto vuol l’eccelenza della fabrica in sopra-na perfezione, così il mercante par che desideri il guadagno in infinito; ma il padre di famiglia ha i desideri delle ricchezze terminati. Percioché le ricchezze altro non sono che multitudine d’instrumenti appertenenti alla cura famigliare e publica; ma gli instrumenti in alcun’arte non sono infiniti né di numero né di grandezza: che s’infiniti fossero di numero, non potrebbe l’artefice aver di loro cognizione, conciosia cosa che l’infinito, in quanto infinito, non è compreso dal nostro intelletto; se di grandezza, non potrebbono esser maneggiati; oltreché non si concede corpo d’infinita grandezza. E sì com’in ciascun’arte gli instrumenti debbono esser proporzionati non meno a colui che gli adopera ch’alla cosa intorno alla quale sono ado-perati, ché nella nave il timone non dee esser minore di quel che basti a dirizzare il suo corso, né sì grande che non possa esser trattato dal nocchiero, e nella scoltura lo scarpello non dee esser sì grave che non possa esser soste-nuto dallo scultore, né sì leggiero che con fatica rompa le scheggie del mar-mo, così parimente le ricchezze debbono esser proporzionate al padre di Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 36
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famiglia e alla famiglia ch’egli sostiene e che di quelle dee essere erede: e tante, e non più, quanto bastino non solo per vivere, ma per ben vivere secondo la condizion sua e ‘l costume de’ tempi e della città nella quale egli vive. E se Crasso diceva che non era ricco colui che non poteva nutrire un essercito, aveva peraventura risguardo alla ricchezza ch’era convenevole ad un principe cittadin di Roma, la quale ad un di Preneste o di Nola sarebbe stata smoderata, e fors’anco in uomo romano era soverchia: percioch’il poter assoldar gli esserciti si conviene a’ re e a’ tiranni e a gli altri principi assoluti, non al cittadino della città libera, il qual non dee esceder gli altri tanto in alcuna condizione che guasti quella porzione ch’è ricercata in una ragunanza d’uomini liberi, conciò sia cosa che, come in un corpo il naso, crescendo oltre il convenevole, tanto potrebbe crescere che non sarebbe più naso, così nella città un cittadino che tanto s’avanzi non è più cittadino.
Comunque sia, perché le ricchezze si consideran sempre in rispetto di colui che le possede, non si può prescriver quante debbian essere, ma solo si può dire ch’elle debbon esser proporzionate al posseditore, il quale tanto e non più dee procurar d’accrescerle, quanto poi possano, compartite tra’ figliuoli, bastar al ben vivere cittadinesco.
Né più mi riman che dire intorno all’acquisto naturale, conveniente al padre di famiglia, il qual propriamente si trae dalle terre e da gli armenti, comeché possa esser fatto ancor con la mercantia e con la caccia e con la milizia: percioché ricordar ci debbiamo che molti Romani dall’aratro eran chiamati a’ magistrati e, deposta la porpora, ritornavano all’aratro. Ma percioch’il padre di famiglia dee aver cura della sanità non come medico, ma come padre di famiglia, dee più volentieri ancora attendere a quella maniera d’acquisto che maggiormente conserva la sanità; onde volentieri esserciterà se medesimo e vedrà essercitare i suoi in quell’operazioni del corpo le quali, non bruttandolo né rendendolo sordido, giovano alla sanità, alla quale l’ozio e la soverchia quiete suole esser contraria: amerà dunque la caccia e più stimerà quelle prede le quali con la fatica e co ‘l sudore s’acqui-stano, che quelle che con l’inganno, scompagnato da ogni fatica, sono ac-quistate. Ma poiché abbiam ragionato di quella maniera d’acquisti ch’è naturale, non è disconveniente che facciamo menzion dell’altra che naturale non è, tutto ch’ella al padre di famiglia non appertenga. Questa in due specie si divide, l’una detta cambio, l’altra usura: e non è naturale, perch’è pervertimento dell’uso proprio, conciò sia cosa ch’il danaro fu ritrovato per agguagliare le disaguaglianze delle cose cambiate e per misurare i prezzi, Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 37
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non perch’egli dovesse cambiarsi; percioché del danaro, in quanto metallo, non ci è alcun bisogno, né se ne riceve alcun commodo nella vita privata o civile, ma in quanto aguagliator della disugualità delle cose e misurator del valor di ciascuna, è necessario e commodo. Quando dunque il danaro si cambia, in quanto danaro non dirizzato ad altro uso, è usato oltre l’uso suo proprio: non s’imita poi la natura nel cambio, perché, così il cambio come l’usura potendo multiplicare i guadagni suoi in infinito, si può dire ch’egli non abbia alcun fine determinato; ma la natura opera sempre a fine determinato, e a fine determinato operano tutte quell’arti che della natura sono imitatrici. Ho detto ch’il cambio può multiplicare i guadagni in infinito, perch’il numero, in quanto numero non applicato alle cose materiali, cresce in infinito e nel cambio il danaro non si considera applicato ad alcun’altra cosa.
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