E potrà anche trattener alcuna volta l’entrate secondo i pronostichi e i giudìci che si fanno della carestia e dell’abbondanza degli anni e delle stagioni, e ricordarsi dell’essempio di Talete, che per la cognizione delle cose naturali ch’egli aveva facilmente arricchì con la compra dell’oglio ch’egli fece. Questa sarà cura del padre di famiglia. Ma le cose che nella casa saranno dalla Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 30

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villa o da’ mercati portate, tutte alla cura della madre di famiglia debbono esser raccomandate, la quale dee riserbarle in luoghi separati secondo la natura loro; perch’alcune amano l’umidità e il freddo, altre i luoghi asciutti, altre vogliono talora al sole e al vento esser dimostrate, e alcune si possono lungamente conservare, altre breve tempo. Le quali considerazioni avendo la buona madre di famiglia, dee procurar che più tosto sian mangiate quelle che si corrompono più facilmente e far conserva dell’altre che più lungamente si difendono dalla corruzione, se ben quelle ancora che son corruttibili posson ricever molti aiuti, co’ quali si conservano lungamente: percioch’il sale e l’aceto difendono dalla corruzione non solo le carni, che son di più lunga durata, ma i pesci e i piccioni eziandio, che son corruttibilissimi molto; e i frutti, che facilmente son soggetti alla putrefazione, s’acerbetti son colti anzi che no, lunga stagione nell’aceto sogliono mantenersi, e il fumo e il forno, traendo dalle carni e da’ pesci e dall’uve e da’ fichi e da altri frutti la soverchia umidità, la quale è cagion della corruzione, fan ch’essi si mantengano lunga stagione. Sono alcune cose all’incontra le quali aride diverrebbono e dure e non buone da mangiare, se non fossero con alcuna sorte di liquore conservate; delle quali cose tutte avendo fatta copiosa conserva la buona madre di famiglia, qualora averrà che per alcuno impedimento non sian portate vivande di piazza a bastanza per la tavola o per la famiglia, o qualora da qualche forestiero saran sopragiunti, potrà in un punto arricchire la mensa in modo che non lassi desiderar la copia delle vivande comprate. Deve ella ancora aver cura che tutti i frumenti ch’in casa sono si macinino e se ne faccia il pane, il qual con debita misura a’ servitori e alle fanti sia distribuito: fra le quali così ella avrà una principale come ha il padrone fra’ servitori, e fra questi due saran comuni le chiavi, accioch’in difetto del mastro di casa, il qual molte fiate fuor della casa e della città si ritrova, sia chi comparta le cose necessarie e chi ancora, s’arriva un forestiero, possa dargli bere; ché strana usanza è certo quella d’alcune case nelle quali il canevaro o ‘l dispensiero sene porta con le chiavi ogni facoltà ancora di sovvenire a’ bisogni della famiglia o agli appetiti de’ padroni e degli amici loro. Dee nondimeno la buona madre di famiglia procurar che tutte le cose, s’occasione di forestieri altramente non ricercasse, sian compartite parcamente, perché la parsimonia è virtù così propria di lei come dell’uo-mo la liberalità, e dee ella stessa andar rivedendo molto spesso le cose conservate e misurando le misurabili e le numerabili numerando. Né solo la Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 31

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cura sua si dee stendere nelle dispense e nell’altre cose già dette, ma sovra i vini ancora, i quali, potendo lunga stagione conservarsi, sogliono anco tanto esser migliori quanto più invecchiano: parlo de’ vini generosi, i quali acquistan forza con l’età, perché i piccioli e di poco spirito, che facilmente la perdono, debbono i primi esser bevuti o venduti, se soverchiano.

Ma principalissima cura sua dee esser quella de’ lini e delle tele e delle sete, con le quali ella potrà non solamente provedere a’ bisogni e alla orrevolezza della casa, ma fare anco alcuno onesto guadagno, il qual così è a lei convenevole com’all’uomo par che sia quel che dalle altre cose vendute o comprate o cambiate si raccoglie. Né dee la buona madre di famiglia sdegnarsi di porre anco talvolta le sue mani in opera, non nella cucina o ‘n altre cose sordide che posson bruttare il corpo, perché le sì fatte da nobil matrona non debbon esser maneggiate, ma in quelle solamente che senza lordura e senza viltà possono esser trattate: e tali sono particolarmente le tele e l’altre opere dell’arte del tessere con le quali la buona madre di famiglia può fare alla figliuola ricco e orrevol corredo. Né senza ragione quest’arte a Minerva, dea della sapienza, fu attribuita, sì che da lei prese il nome, come si comprende in quei versi di Vergilio: Inde, ubi prima quies medio iam noctis abactae Curriculo expulerat somnum, cum foemina primum, Cui tolerare colo vitam tenuique Minerva, Impositum cinerem et sopitos suscitat ignes, Noctem addens operi castum ut servare cubile Coniugis et possit parvos educere natos.

Ne’ quali versi si comprende ch’egli parla non delle vili feminelle ma della madre di famiglia, la qual da molte serve suol esser servita; e tanto di nobiltà par che questa arte abbia recata seco che non solo alle private madri di famiglia, ma anco alle donne di reale condizione è stata attribuita, come di Penelope si legge:

Come la Greca ch’a le tele sue

Scemò la notte quanto il giorno accrebbe; e Virgilio di Circe, che non solo era donna ma dea, cantò: Arguto tenueis percurrens pectine telas,

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nel quale essempio seguì Omero, che non solo Penelope e Circe introduce a tessere, ma anche Nausicaa, figliuola del re Alcinoo, pone in ischiera fra le lavatrici. E se ben i Greci non osservano tanto il decoro quanto par convenevole, i Romani nondimeno, che ne furono maggiori osservatori, tutto ch’il cucinare e altre simili operazioni alla madre di famiglia proibessero, gli concedevano il tessere non senza molta laude della tessitrice: e in questa operazione fu ritrovata Lucrezia da Collatino, da Bruto e da Tarquinio, quando se n’inamorò. Ma ritornando alla nostra madre di famiglia la qual, quando che sia, madre sia fortunata de’ suoi figliuoli, quanto ella più sarà lontana dalla condizione reale, tanto meno dovrà sdegnarsi d’adoprarsi in opere ancora che portan seco men di degnità e d’artificio che non porta la testura: e in questa parte par ch’ella in un certo modo s’avanzi e che co ‘l marito possa venire in paragone, percioché non solo con l’opere di tali arti conserva, ma acquista eziandio; tuttavolta, perché gli acquisti sono assai piccioli, assolutamente parlando, diremo che della moglie è proprio il conservare e del marito l’acquistare.

Ma perché le cose conservate molto meglio si possono porre in opera se sono ordinate, d’ordine diligente dee sovra ogn’altra cosa esser vaga la buona madre di famiglia, percioché, se non riserverà le cose confuse, ma separate secondo la natura e l’opportunità degli usi loro, l’avrà sempre preste ad ogni sua voglia e sempre saprà quel ch’ella abbia e quel che non abbia. E

se niun paragone si può addurre in questo proposito degno di considerazione, degnissimo è quel dell’umana memoria, la qual, facendo conserva in se medesima di tutte le imagini e di tutte le forme delle cose visibili e intelli-gibili, non potrebbe in tempo opportuno trarle fuori e alla lingua e alla penna dispensarle, s’ella non le ordinasse, e molte fiate cose in sé conterreb-be ch’ella medesima quasi non saprebbe di contenere; di tanta virtù è l’ordine quanta detta abbiamo, ma è di non minor bellezza. Il che di leggiero potrà comprendere chi leggerà i poeti, i quali con niuno altro artificio ag-giungono più di vaghezza a’ versi loro che con ordinare le parole in guisa che l’una con l’altra o come simile o come pari s’accordi o come contraria risponda: artificio che parimente dagli oratori è stato usato, il quale, comeché sia di molto ornamento, agevola ancora molto la fatica di coloro ch’impara-no le prose e i versi a mente. E se vero è quel che dicono alcuni filosofi, che la forma dell’universo altro non sia che l’ordine, le cose picciole alle grandi paragonando, diremo che la forma d’una casa sia l’ordine e che ‘l riformare la casa o la famiglia altro non sia che riordinarla. Né voglio tacere in questo Op. Grande biblioteca della letteratura italiana 33

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proposito cosa la qual, se ben per se stessa non pare che possa portare alcuna dignità, tutta volta tanto acquista per l’ordine e per la politezza che, sì come non solo senza schifo, ma con maraviglia fu da me veduta, così, se non con maraviglia, senza indegnità almeno potrà esser raccontata.

Io ritornava da Parigi e, passando per Beona, entrai nello spedale, nel quale, comech’ogni stanza ch’io vidi mi paresse degna di lode, la cucina nondimeno mi parve maravigliosa, la quale (ben è vero che non era quella che di continuo era adoperata) così polita ritrovai come sogliono esser le camere delle novelle spose: e vidi in lei tanta moltitudine d’instrumenti necessarî non sol per uso proprio ma della mensa eziandio, e con sì discreto ordine compartiti e con tanta proporzione l’uno dopo l’altro acconcio o contra l’altro collocato, e così il ferro netto dalla rugine risplendeva al sole, che per alcune fenestre di bellissimo vetro purissimo v’entrava, che mi parve di poter rassomigliarla a l’armeria de’ Viniziani o degli altri principi, ch’a’ forestieri sogliono esser dimostrate. E se Gnatone, ch’ordinò la famiglia del suo glorioso capitano in guisa d’uno essercito, questa avesse veduto, son sicuro che con più alto paragone che con quello dell’armeria l’avrebbe inalzata.

Ma passando omai dalla conservazione all’acquisto, si può dubitare se questa arte dell’acquistare sia la stessa che la famigliare, o pur parte d’essa o vero ministra; e se ministra, perché ministri gli instrumenti come il fab-bro dell’armi dà la corazza e l’elmetto a’ soldati, o perché ministri il sogget-to, o la materia che vogliam chiamarla, come colui che fa le navi riceve il legno da colui che taglia le selve.