Ora, facendo muovere, sotto le pale di un’elica, una massa d’aria con
questa rapidità, si ottiene lo stesso risultato.
Quello che Robur
affermava in quel momento, era quello che, prima di lui, avevano sostenuto
tutti i partigiani dell’aviazione i cui lavori dovevano, lentamente ma
sicuramente, condurre alla soluzione del problema. Ai signori de Ponton d’Amécourt,
di La Landelle, Nadar, de Luzy, de Louvrié, Liais, Béléguic, Moreau, ai
fratelli Richard, a Babinet, Jobert, du Tempie, Salives, Penaud, de Villeneuve,
Gauchot e Tatin, Michel Loup, Edison, Planavergne ed a molti altri l’onore di
avere diffuso queste idee così semplici! Abbandonate e riprese parecchie volte,
esse dovevano sicuramente trionfare un giorno.
Ai nemici dell’aviazione,
che pretendevano che l’uccello si sostiene solo perché riscalda l’aria di cui
si gonfia, si era dunque fatta attendere la risposta? Non era stato forse
provato che un’aquila, pesando cinque chilogrammi, avrebbe dovuto riempirsi di
cinquanta metri cubi di questo fluido caldo, solo per sostenersi nello spazio?
Cosa che Robur dimostrò
con una logica innegabile, in mezzo al frastuono che si innalzava da ogni
parte. E, come conclusione, ecco le frasi che egli lanciò in faccia a questi
pallonisti:
— Coi vostri aerostati,
voi non potete nulla, voi non arriverete a nulla, voi non oserete nulla! Il più
intrepido dei vostri aeronauti, John Wise, quantunque abbia già compiuto una
traversata aerea di milleduecento miglia sopra il continente americano, ha
dovuto rinunciare al suo progetto di attraversare l’Atlantico! E, da allora,
voi non avete fatto un passo, uno solo, in questa direzione!
— Signore, — disse
allora il presidente, che si sforzava inutilmente di mantenersi calmo, —
dimenticate ciò che ha detto il nostro immortale Franklin, all’apparizione della
prima mongolfiera nel momento in cui stava per nascere: «È solo un bambino, ma
crescerà!». Ed è cresciuto…
— No, presidente, no!
Non è cresciuto!… Si è solo ingrossato… ma non è la stessa cosa!
Era un attacco diretto
ai progetti del Weldon-Institute, che aveva deciso, sostenuto e sovvenzionato
la costruzione di un aerostato-mostro. Così, presto, si incrociarono nella sala
delle proposte di questo genere, poco rassicuranti:
— Abbasso l’intruso!
— Gettatelo fuori dalla
tribuna!…
— Per provargli che è più
pesante dell’aria! E peggio ancora.
Ma si rimaneva alle
parole, non si passava alle vie di fatto. Robur, impassibile, poté ancora
esclamare:
— Il progresso non è
degli aerostati, cittadini pallonisti, è degli apparecchi volanti. L’uccello
vola, e non è un pallone, è un meccanismo!
— Sì, vola — esclamò il
bollente Bat T. Fyn, — ma vola contro tutte le leggi della meccanica!
— Davvero! — rispose
Robur alzando le spalle. Poi riprese:
— Dacché si è studiato
il volo dei grandi e dei piccoli volatili, è prevalsa quest’idea così semplice:
dobbiamo solo imitare la natura, poiché essa non sbaglia mai. Fra l’albatros
che fa ogni minuto appena dieci colpi d’ala, tra il pellicano che ne fa settanta…
— Settantuno! — gridò un
ascoltatore con voce canzonatoria.
— E l’ape che ne fa
centonovantadue al secondo…
— Cento novantatré! —
gridarono ironicamente.
— E la mosca comune che
ne fa trecentotrenta…
— Trecentotrenta e
mezzo!
— E la zanzara che ne fa
dei milioni…
— No!… dei miliardi!
Ma Robur interrotto, non
interruppe la sua dimostrazione.
— Tra questi diversi
scarti… — egli riprese.
— Piccole differenze.
— C’è la possibilità di
trovare una soluzione pratica. Il giorno in cui il signor de Lucy ha potuto
constatare che il cervo volante, insetto che pesa solo due grammi, può sollevare
un peso di quattrocento grammi, cioè duecento volte il proprio peso, il
problema dell’aviazione fu risolto. Inoltre, è dimostrato che la superficie
dell’ala decresce relativamente nella misura in cui aumentano la dimensione e
il peso dell’animale. Da allora si è giunti ad immaginare o costruire più di
sessanta apparecchi…
— Che non hanno mai
potuto volare! — esclamò Phil Evans.
— Che hanno volato o che
voleranno, — rispose Robur, senza turbarsi. — Sia che li chiamino streofori,
o elicotteri, o ortotteri, o, imitando la parola «nave» che
deriva da navis, li si faccia derivare da avis per chiamarli
«avi…» si giunge all’apparecchio la cui creazione deve rendere l’uomo
padrone dello spazio.
— Ah! l’elica — riprese
Phil Evans. — Ma l’uccello non ha elica… per quanto si sappia!
— Sicuro che l’ha, —
rispose Robur. — Come ha dimostrato il signor Penaud, l’uccello in realtà
diviene un’elica e il suo volo è come quello dell’elicottero. Così l’elica è il
motore dell’avvenire…
— D’un pareil maléfice,
Sainte-Hélice, préservez nous!
canticchiò uno dei
presenti, che, per caso, ricordava questo motivo dello Zampa di Hérold.
E tutti in coro
cantarono questo ritornello, con intonazioni tali da far fremere il compositore
francese nella sua tomba.
Poi, quando le ultime
note vennero soffocate in uno spaventoso baccano, Uncle Prudent, profittando di
una calma momentanea, credette di dover dire:
— Cittadino straniero,
sin qui vi abbiamo lasciato parlare senza interrompervi…
Sembrava che per il
presidente del Weldon-Institute queste repliche, questi gridi, questi scherzi
non fossero neppure delle interruzioni ma un semplice scambio di opinioni.
— Tuttavia — continuò, —
vi ricorderò che la teoria dell’aviazione è già condannata e respinta dalla
maggior parte degli ingegneri americani e stranieri. Un sistema, che ha al suo
passivo la morte di Sarrasin Volant a Costantinopoli, quella del monaco Voador
a Lisbona, quella di Letur nel 1852, quella di Groof nel 1864, senza contare le
vittime che dimentico, non fosse che il mitologico Icaro…
— Questo sistema —
rispose Robur — non è più condannabile di quello che nel suo martirologio
annovera Pilàtre de Rozier a Calais, la signora Blanchard a Parigi, Donaldson e
Grimwood caduti nel lago Michigan, Sivel e Croce-Spinelli, Eloy e tanti altri
di cui non ci si dimenticherà certo.
Botta e risposta, come
nella scherma.
— E poi — riprese Robur,
— coi vostri palloni, per quanto perfezionati, non potrete mai ottenere una
rapidità veramente pratica. Ci mettereste dieci anni a fare il giro del mondo,
mentre una macchina volante potrebbe compierlo in otto giorni!
Nuove grida di proteste
e di diniego che durarono tre lunghi minuti, sino a che Phil Evans poté
prendere la parola.
— Signor aviatore, —
disse, — voi che venite qui per vantare i meriti dell’aviazione, li avete mai
sperimentati?
— Certamente!
— E avete compiuto la
conquista dell’aria?
— Forse, signore!
— Viva Robur il
Conquistatore! — esclamò una voce ironica.
— Ebbene, si! Robur il
Conquistatore, e questo nome l’accetto, e lo porterò poiché ne ho diritto.
— Noi ci permettiamo di
dubitarne! — esclamò Jem Cip.
— Signori, — rispose
Robur aggrottando le ciglia, — quando io vengo a discutere seriamente una cosa
seria, non ammetto mi si risponda con smentite, e sarei felice di conoscere il
nome dell’interruttore…
— Io mi chiamo Jem Cip…
e sono vegetariano…
— Cittadino Jem Cip, —
rispose Robur, — sapevo che i vegetariani hanno generalmente l’intestino più
lungo di quello degli altri uomini — almeno di un buon piede. È già parecchio…
e non obbligatemi ad allungarvelo ancora cominciando dalle vostre orecchie…
— Alla porta!
— Nella via!
— Fatelo a pezzi!
— Linciatelo!
— Lo si torca come un’elica!…
Il furore dei pallonisti
era giunto al colmo. Tutti si alzarono. Circondarono la tribuna. Robur
scompariva in mezzo ad un fascio di braccia, che si agitavano come al soffio
della tempesta. Invano la sirena a vapore lanciava i suoi squilli sull’assemblea!
Quella sera Filadelfia dovette credere che il fuoco divorava uno dei suoi
quartieri e che tutta l’acqua del fiume Schuylkill non sarebbe bastata a
spegnerlo.
Improvvisamente avvenne
nel tumulto un movimento all’indietro: Robur, tolte le mani di tasca, le
tendeva verso le prime file di quegli accaniti. Nelle sue mani erano apparsi
due di quei «pugni di ferro» che servono nello stesso tempo da revolver; la
pressione delle dita è sufficiente a far partire i colpi —piccole mitragliatrici
da tasca.
Allora, approfittando
della ritirata degli assalitori, ma anche del silenzio che aveva accompagnato
questa ritirata:
— Decisamente, — egli
disse, — non è Amerigo Vespucci che ha scoperto il Nuovo Mondo, è Sebastiano
Caboto! Voi non siete degli americani, cittadini pallonisti! Voi non siete che
dei cabo…
In quel momento,
scoppiarono quattro o cinque rivoltellate, tirate in aria. Non ferirono alcuno.
In mezzo al fumo, l’ingegnere scomparve e, quando il fumo fu dissipato, non se
ne trovò più traccia. Robur il Conquistatore era volato via, come se qualche
apparecchio volante lo avesse rapito negli spazi.
CAPITOLO QUARTO
Nel quale, a proposito
del domestico Frycollin,
l’autore tenta di
riabilitare la luna
Certamente già più di
una volta, in seguito a discussioni tempestose, all’uscita delle loro sedute, i
membri del Weldon-Institute avevano riempito di clamori Walnut-Street e le vie
adiacenti. Più d’una volta, gli abitanti di quel quartiere si erano giustamente
lamentati per questi rumorosi strascichi di discussioni, che li disturbavano
anche nelle loro case. Più volte, le guardie erano dovute intervenire per
assicurare la circolazione dei passanti, la maggior parte dei quali era del tutto
indifferente verso il problema della navigazione aerea. Ma, prima di quella
sera, il tumulto non aveva mai preso simili proporzioni, mai le lamentele sarebbero
state più giustificate, mai più necessario l’intervento delle guardie.
Tuttavia i membri del
Weldon-Institute erano abbastanza scusabili.
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