Stivato è il suol di spirti,
995 L'aere stivato anch'esso, e freme e fischia
Da tante ali percosso. E come al dolce
Tepor di primavera, allor che il sole
S'accompagna col tauro, in folto sciame
Sbuca la bionda gioventù dell'api,
1000 Ed all'arnie s'aggroppa, o vola ai fiori
Rugiadosi, e rivola ai tersi assìti
Spalmati or or di balsamo recente,
Difesa suburbana a' piccioletti
Suoi castelli di paglie, e vi ragiona
1005 Delle cose di Stato; a questo modo
La ciurmaglia infernal brulica e ferve
Fino al dato segnale. Oh meraviglia!
Quei che pur dianzi soverchiar d'altezza
Pareano i figli della terra, or fatti
1010 Men che piccioli nani, in breve loco
Chiudonsi agevolmente; a quella stirpe
Minutissima pari che soggiorna
Oltre l'inde montagne; od ai folletti,
Che preso dalla notte il villanello
1015 Vede o sogna veder per entro un bosco,
O sul margo d'un fonte ire e redire
Con notturno tripudio, allor che splende
Arbitra in ciel la luna, e più vicino
Rota alla terra il suo pallido disco:
1020 Spirti per la notturna aura danzanti
Che lusingan l'orecchio allo stupito
Con soavi armonie, tal che per tema
Mista a nova dolcezza il cor gli balza.
Ristrinsero così la sterminata
1025 Incorporea persona, e nello spazio
Di quell'aula regal, benchè raccolti
In numero sì grande, i maledetti
Senza disagio si locâr. Ma lungi
Negli interni recessi in chiuse mura
1030 I Sèrafi maggiori e i Cherubini
Non mutati di forma, ad un segreto
Congresso s'adunâr. Di semidei
Sedenti in troni d'oro un pien congresso!
Seguì breve silenzio, indi s'aperse,
1035 Acclamati gli astanti, il gran consiglio.
LIBRO SECONDO
Alto in soglio regale, il cui splendore
Supera dell'Ormusse e della ricca
India i tesori, o di qual altra terra,
Là sotto il cielo orïental, profonde
5 Sui barbarici re le perle e l'oro,
Siede Satano, all'infelice altezza
Da' suoi merti levato; e pur non pago
Di seder su quel trono, in cui la stessa
Sua disperanza oltre ogni speme il pose,
10 Sempre aspira a salir; nè sazio ancora
D'un vano e stolto contrastar col cielo,
Nè dagli eventi ammaestrato, in queste
Parole audaci al suo pensier dà vita:
«O Possanze, o Dominî, o Dèi celesti
15 (Poichè bàratro alcuno, alcuno abisso
Le immortali virtù non imprigiona)
Disperata per noi, sebben caduti,
La conquista non è del seggio antico.
Ed anzi, vinta la sfiducia, i prodi
20 Figli del cielo splenderan più grandi,
Formidabili più, come se mai
Non fossero caduti, e dal terrore
D'una rotta seconda andran disciolti.
Legge lassù decreta e giusto dritto
25 Me creâr vostro duce, e poscia tale
M'han suggellato i liberi suffragi,
E quanto nella pugna e nel consiglio
Oprai non senza gloria. In questo almeno
Ebbero i nostri mali alleggiamento,
30 Che saldissimo è il trono, ov'io m'assido
Per consenso comune, e da nessuno
Invidïato. Nell'eterea corte
Chi sale i primi gradi è fatto segno
Alla segreta gelosia degli altri
35 Men sublimi di lui. Ma chi tra voi,
Quell'animoso invidïar vorrebbe,
La cui fronte elevata è più scoverta
Ai fulmini di Dio come una torre
Che voi tutti difende, e più di tutti
40 Ne sostiene gli assalti? Ove non sorge
Utile alcuno ad invogliar le menti,
Ivi gare non sono; ond'io presumo
Che nessun porgerebbe alla funesta
Mia corona la man; perchè nessuno,
45 Sia pur di voglie ambizïose e vane,
Amerà di mutar la sua leggera
Parte di pena con maggior tormento.
Or così vantaggiati e stretti insieme
D'un voler, d'una fede e d'un accordo
50 Quale in ciel non si stringe, il seggio nostro,
La nostra antica eredità vogliamo
Con pien diritto richiamar; securi
D'un felice successo, e tal che darne
Con più certezza non potria la stessa
55 Prosperità. Ma dite, e qual vi piace
Di due strade seguir? La guerra aperta,
O la segreta? L'argomento è questo
Che svolgere n'è d'uopo. Or chi giovarne
Può d'un utile avviso, a noi lo esponga.»
60 Tacque ciò detto, e il suo vicin Molocco,
Re scettrato, s'alzò. Costui fra tutti
I battaglieri dell'eterea pugna
Fu l'animo più forte e più feroce;
Ed or le furie il disperar gli accresce.
65 Che lui gridi la fama emulo a Dio,
Questo ambisce il superbo, e pria vorrebbe
Nel nulla eterno sprofondar che manco
Esser di Dio. Cessata in lui tal cura,
Altra cosa non è che lo sgomenti.
70 E di Dio, dell'inferno, o se v'ha loco
Più cupo e spaventevole di questo,
Poco monta a Molocco, e ben risponde
Al suo fiero sentir la sua parola.
«Guerra aperta è il mio voto; io d'artificj
75 Nè so, nè vanto di quest'arte io meno.
Chi mestier, congiurando, ha della frode,
Eserciti la frode; or non è d'uopo.
E che? Mentre seggiamo e ordiam congiure
Premere a queste soglie un'ozïoso
80 Esercito dovrà? Dovrà l'avviso
Sospirar della mossa e qui languendo
Vil fuggiasco del ciel per sua dimora
Ricevere quest'antro abbominoso,
Questa infame prigion che l'oppressore
85 Per noi costrusse? l'oppressor che regna
Sol perchè lo consente il nostro indugio?
No! col foco piuttosto e colle furie
Dell'inferno, terribili, serrati
Voliamo ad assalir quelle sue rôcche;
90 Trasformiamo in potenti armi di guerra
Contro il loro inventor le nostre pene;
Lo scoppio della folgore infernale
Risponda al mugghio della sua, risponda
Un vapore affocato al suo baleno;
95 E spargere ne vegga uno sgomento,
Con rabbia pari al suo furor, su tutti
Gli schiavi angeli suoi. Quel trono istesso
Su cui s'asside, di tartareo solfo
Involuto gli venga e d'atre fiamme,
100 Pene create di sua man. - Ma forse
Parrà duro a talun l'alzarsi al volo,
L'assalir ne' suoi regni un avversario
Più sublime di noi. Se le fatali
Onde del lago non sopîr la mente
105 Di colui che ciò teme, gli sovvenga,
Che il nostro moto natural ci porta
Alla sede nativa, e per istinto
Lo scendere e il cader ci sono avversi.
Allor che sulle rotte ultime schiere
110 Furïava il tiranno, ed insultando
C'inseguia per l'abisso, oh chi di noi
Non sentì come acerba, faticosa
Ne parea la discesa? Indizio questo
Che il salir n'è più lieve. Ma l'evento
115 Qui non pochi atterrisce. - Aprir di nuovo
Stolta guerra al potente, acciò si vegga
Quai più gravi castighi a nostro danno
L'ira sua può trovar? - Ma nell'inferno
V'ha tema forse di maggior castigo?
120 Che di peggio aspettiam, dacchè travolti
Dai regni della gioja in questo albergo
Del dolor n'ha Jèova, in questo abisso
Dove un foco immortal, senza lusinga
Di termine, n'avvampa, allor che l'ora
125 Tormentatrice o il suo flagel ne incalza,
Vasi noi del suo sdegno, alla tortura?
Che temer di più crudo? Iddio n'accresca
Solo un grado di pena e più non siamo.
Perchè dunque gl'indugi e le dubbiezze
130 A sfidarne il furor, se giunto al sommo
Altro non può che toglierci la vita,
Che consumarci la spirtal sustanza?
Meglio perir che vivere immortali
Nella miseria. Ma se pur divina
135 Fosse nostra natura, ed in eterno
Non potesse cessar, la sorte nostra
Non peggiora per questo; e noi da certa
Prova sappiam che l'animo ci basta
A sconvolgergli i cieli, a minacciargli
140 Quel suo fatale inaccessibil trono
Con attacchi incessanti. Ora se questa
Non è piena vittoria, è almen vendetta.»
Qui si tacque arruffando i sopraccigli,
E folgorò dalle torve pupille
145 Un furor di vendetta, una minaccia
Spaventosa a ciascun che Dio non fosse.
Sorse di contro Beliàl negli atti
Grazïoso ed uman. Dalle beate
Sedi del cielo un angelo più vago
150 Di costui non discese. Ei par creato
A magnanimi intenti, e nondimeno
Tutto è in lui menzogner, benchè dal labbro
Stilli mele il dimòn, tal che potrebbe
In ottima mutar la più malvagia
155 Delle sentenze, e con sottil sofisma
Confondere o sviar d'un sapïente
Senno il consiglio. Dal suo cor non sorge
Pensier che non sia vile. Al vizio è pronto,
Tardo e ritroso ad ogni bella impresa.
160 Pur gli orecchi lusinga e persuade
Col blando suono della voce: «O Grandi,
(Così prese a parlar) sostenitore
Della guerra palese io pur sarei
Come l'odio m'infiamma, in che nessuno
165 Mi pareggia di voi; ma la cagione,
La precipua cagion che fu prodotta
Per indurci alla pugna, è quella appunto
Che me ne storna, e d'infelice prova
M'è presagio infelice. Il più valente
170 De' nostri battaglieri anch'ei diffida
Di ciò che ne consiglia, e della stessa
Sua guerriera virtù, poi che l'audacia
Nel disperare e nel perir ritrova,
Ultimo scopo suo, dopo lo sfogo
175 D'una vendetta infruttuosa. E quale,
Qual vendetta otterremo? Armate scolte
Delle rôcche celesti han la difesa,
E ne vegliano i passi; anzi talvolta
Sul confin dell'abisso in fitta schiera
180 S'accampano, e le fosche ali agitando
Lustrano i regni della notte, e tema
Non le punge d'assalti. E quando ancora
Ne si schiuda un'uscita, e dietro a noi
Tutto s'alzi l'inferno, e sia la pura
185 Luce del ciel contaminata, Iddio
Rimarrà non pertanto incorruttibile
Nel suo trono immortal. La diva essenza
Labe alcuna non soffre, e ripulsando
Vincitor quell'oltraggio, i cieli suoi
190 Detergere saprà dal nostro vano
Foco infernale. In tal guisa rejetti,
Per ultimo conforto il solo e nudo
Disperar ci rimane. Or ben? Dovremo
Così dunque inasprir l'Onnipossente
195 Che la farètra in noi tutta discarchi?
A struggere noi stessi e studio e cura
Noi, noi dunque porremo? O vergognosa
Miserabile cura! E chi di voi,
Benchè nel fondo d'ogni mal caduto,
200 Chi perdere vorria l'intellettiva
Virtù, quel volo del pensier che varca
L'eternità, perchè poi lo divori
Immobile e indolente il ventre cupo
Della notte increata? - E questo forse
205 Ne saprebbe giovar? Chi mai vi accerta
Ch'abbia Iddio la vaghezza e la potenza
D'ucciderne lo spirto? È dubbio molto
Ch'egli n'abbia il poter; ma che nol voglia,
Questo è sicuro! Il sapïente senno
210 Dovrà l'arche vuotar del suo corruccio
Tutte in un punto? E improvvido sprecando
Le tremende armi sue, far pago il voto
De' suoi nemici? sterminar nell'ira
Quei che l'ira salvò perchè puniti
215 Siano in eterno? - Ma che dee frenarci?
(Così gli amici della guerra.) Noi
Giudicati non siam, non siam dannati
A perpetuo martoro? Or che potremmo
Di più, di peggio paventar per quanto
220 Da noi si faccia? - È dunque (io lor rispondo)
Qui sederci a consiglio in pieno arnese
L'ultimo d'ogni male? E quando noi,
Fieramente inseguiti e folgorati,
Pregavam che l'abisso n'accogliesse,
225 Non pareaci l'inferno un caro asilo?
E quando giacevam sulla cocente
Fiumana incatenati? Altro, ben altro
Tollerammo laggiù!... Ma se lo spiro
Che suscitò quelle livide fiamme
230 D'improvviso rinfreschi, e in lor trasfonda
Settemplice bollor; se quell'incendio
N'avviluppi di nuovo, e novamente
La vendetta or sospesa armi la destra
Delle folgori sue? Se Dio riapra
235 I suoi tesori di battaglia, o questo
Firmamento infernal, che minaccioso
Sulla fronte ci sta, le sue riversi
Cateratte di foco e ne ricopra?...
Mentre noi meditiamo e diam consigli
240 Di magnanima guerra, io non v'accerto
Che scoppiar d'improvviso un affocato
Turbine qui non possa, e ognun di noi
Balestrato e confitto a qualche rupe,
Fiero gioco non faccia alle tempeste;
245 O carco di catene, in quegli ardenti
Vortici risommerga, e lo costringa
Di grida disperate e di lamenti
L'aer cieco a ferir, senza il conforto
D'una tregua lontana o d'un riscatto.
250 Oh, ben questo saria strazio più grave!
Stogliervi dall'aperta e dall'ascosa
Guerra ho dunque fiducia.
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