Sono soldi che mi ha mandato mio nonno. Sono per te e Michael».
«Oh, Ceddie!...», balbettò Bridget con aria incredula. «Ma sono venticinque dollari!... Dov’è tua madre?»
«Credo che dovrò spiegarle come stanno le cose», sorrise Mrs Errol all’avvocato.
Quindi uscì dal salotto e l’avvocato rimase solo. Andò alla finestra e rimase a fissare la stradina con aria pensierosa. Si immaginava il vecchio Conte di Dorincourt, seduto nella sfarzosa biblioteca del suo castello, solo e malandato, circondato da lusso e ricchezza ma senza nessuno che lo amasse davvero, perché in tutta la sua lunga vita non aveva mai amato nessuno tranne se stesso. Era stato egoista e autoindulgente, prepotente e irascibile: si era talmente occupato sempre e soltanto del Conte di Dorincourt da non trovare mai un attimo per pensare un po’agli altri. La ricchezza, il potere, i privilegi che aveva tratto dal suo nobile nome e dal suo alto rango non erano stati mai altro che i mezzi per perseguire i propri piaceri, e adesso che era vecchio e malato provava soltanto odio per il resto del mondo, che di certo non lo amava. A dispetto di tutto il suo potere, non esisteva sulla terra un uomo più solo del vecchio Conte di Dorincourt. Se solo avesse voluto, avrebbe potuto riempire il suo castello di ospiti, offrire sontuosi banchetti e memorabili battute di caccia... ma sapeva bene che anche quelli che accettavano il suo invito temevano la sua faccia arcigna e sarcastica e le sue frasi velenose. Aveva una lingua tagliente e un carattere scontroso, e provava piacere a deridere malignamente il prossimo mettendolo in imbarazzo.
Mentre fissava dalla finestra la piccola strada tranquilla, Mr Havisham pensava all’insensibilità del vecchio conte, e gli si affacciava alla mente, in stridente contrasto, l’immagine del sensibile, dolce, grazioso ragazzino seduto nella grande poltrona che gli raccontava la storia del suo amico Dick e della fruttivendola con parole tenere, disinteressate e ingenue... E pensava alle immense ricchezze, agli splendidi possedimenti, al potere di bene e di male che nel corso degli anni sarebbero passati nelle manine piccole e paffute del giovane Lord Faunleroy.
«Ci sarà un’enorme differenza», rifletté. «Sì, ci sarà un’enorme differenza».
Cedric e sua madre tornarono dopo pochi minuti. Cedric era raggiante, Si sprofondò nella poltrona, tra la mamma e l’avvocato, accomodandosi nella sua posizione favorita, con le mani intrecciate sulle ginocchia. Era fuori di sé per la gioia di avere reso felice Bridget.
«Piangeva!...», esclamò. «Piangeva dalla gioia. Prima d’ora non avevo mai visto nessuno piangere di gioia... Mio nonno dev’essere proprio una gran brava persona: non credevo che fosse un uomo tanto buono. Oh, essere un conte è molto, molto più bello di quanto immaginassi. Sono felice... anzi, felicissimo all’idea di diventare un conte».
Capitolo terzo. La partenza
Durante la settimana che seguì, Cedric poté apprezzare sempre più i vantaggi della sua futura posizione. Gli sembrava quasi impossibile che non vi fosse alcun suo desiderio che non si potesse soddisfare: pareva un sogno. Ma dopo aver parlato con Mr Havisham si rese conto che davvero poteva appagare ogni sua voglia, così si diede a farlo con una semplicità e una gioia che divertivano sempre più il vecchio avvocato. Nella settimana che precedette la partenza per l’Inghilterra, Cedric fece cose parecchio strane. L’avvocato avrebbe ricordato per un bel pezzo la mattina in cui si recarono a trovare Dick e il pomeriggio in cui sconvolsero la fruttivendola di antico lingaggio fermandosi alla sua bancarella e comunicandole che avrebbe ricevuto una tenda, una stufa, uno scialle e una somma di denaro per lei esorbitante.
«È perché devo andare in Inghilterra e diventare conte», le spiegò amichevolmente Cedric, «e non potrei sopportare di avere il pensiero dei suoi dolori ogni volta che piove. A me le ossa non fanno male, perciò non credo di poter capire quanto possano far soffrire gli altri, ma mi spiace davvero tanto per lei, e spero che in questo modo possa finalmente stare meglio».
«È proprio una gran brava fruttivendola», confidò a Mr Havisham mentre se ne stavano andando e la donna se ne restava lì senza fiato, ancora incapace di credere alla fortuna che le era capitata. «Sapete, una volta feci un ruzzolone sbucciandomi un ginocchio, e lei mi regalò una mela. Mi sono sempre ricordato di questa sua gentilezza...
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