«Era necessario, lo vedrà adesso», disse K. «Posso spostare il suo comodino dal letto?». «Che cosa le salta in mente?» disse la signorina Bürstner. «No che non può!». «Allora non posso farle vedere», disse K. risentito come se gli avessero inflitto un danno incalcolabile. «E va bene, se ne ha bisogno per la sua rappresentazione, sposti pure tranquillamente il comodino», disse la signorina Bürstner, aggiungendo dopo un istante con voce più fievole: «Sono così stanca che permetto più di quanto dovrei». K. portò il comodino in mezzo alla stanza e si sedette dietro. «Lei deve immaginarsi con esattezza com'erano distribuiti i personaggi: io sono l'ispettore, là sul baule sono sedute due guardie, vicino alle fotografie stanno tre giovani. Alla maniglia della finestra è appesa, lo dico per inciso, una camicetta bianca. E adesso comincia. Ah, dimenticavo me stesso. Il personaggio più importante, cioè io, sto qui davanti al comodino. L'ispettore è seduto molto comodamente, le gambe accavallate, il braccio penzoloni qui dalla spalliera, uno zotico unico. E adesso comincia davvero. L'ispettore chiama come se mi dovesse svegliare, grida addirittura, purtroppo devo gridare a mia volta se voglio far capire anche a lei, del resto è solo il mio nome che lui grida così». La signorina Bürstner, che ascoltava ridendo, portò l'indice alla bocca per impedire a K. di gridare, ma era troppo tardi. K. era troppo compreso nella parte, gridò lentamente: «Josef K.!», non così forte come aveva minacciato, tuttavia in modo tale che il grido, una volta emesso d'improvviso, parve diffondersi solo a poco a poco nella stanza.

            A quel punto si sentì picchiare alla porta della stanza accanto, colpi forti, brevi e regolari. La signorina Bürstner impallidì portandosi la mano al cuore. K. si prese uno spavento tanto più forte in quanto per un poco era stato incapace di pensare ad altro che agli avvenimenti del mattino e alla ragazza a cui li stava rappresentando. Appena si fu ripreso, balzò verso la signorina e le prese la mano. «Non abbia paura», sussurrò, «metterò a posto ogni cosa. Ma chi può essere? Qui accanto c'è il soggiorno, e non ci dorme nessuno». «Sì, invece», sussurrò la signorina Bürstner all'orecchio di K., «da ieri ci dorme un nipote della signora Grubach, un capitano. Non c'è nessun'altra stanza libera. L'avevo dimenticato anch'io.