Vede», e indicò la porta del capitano, da sotto la quale usciva uno spiraglio di luce, «ha acceso e adesso si diverte alle nostre spalle». «Vengo», disse K., corse avanti, l'afferrò, la baciò sulla bocca e poi su tutto il viso, come un animale assetato che si getta con la lingua sulla sorgente finalmente scovata. Alla fine la baciò sul collo, alla gola, e lì tenne a lungo le labbra. Un rumore dalla stanza del capitano gli fece alzare gli occhi. «Ora vado», disse, volle chiamare la signorina Bürstner con il nome di battesimo, ma non lo sapeva. Lei annuì stanca, già a metà voltata gli lasciò la mano da baciare, come se non ne sapesse nulla, ed entrò curva in camera sua. Poco dopo K. era a letto. Si addormentò quasi subito, prima di addormentarsi ripensò ancora un momento a come si era comportato, ne fu soddisfatto, ma si meravigliò di non essere ancora più soddisfatto; a causa del capitano era seriamente preoccupato per la signorina Bürstner.

 

CAPITOLO SECONDO • PRIMA UDIENZA    (torna all'indice)

 

 

 

            K. era stato informato per telefono che la domenica seguente ci sarebbe stata una piccola udienza sul suo caso. Gli fu fatto notare che queste udienze si sarebbero succedute regolarmente, se non tutte le settimane, comunque abbastanza spesso. Da una parte era nell'interesse generale concludere rapidamente il processo, dall'altra tuttavia le udienze avrebbero dovuto essere esaurienti sotto ogni aspetto e non durare mai troppo per la fatica che richiedevano. Ecco perché si era scelto l'espediente di un rapido susseguirsi di brevi udienze. Si era preferita la domenica come giorno stabilito per l'udienza in modo da non disturbare K. nella sua attività professionale. Si supponeva che fosse d'accordo, se avesse preferito un'altra data, per quanto possibile gli si sarebbe venuto incontro. Le udienze, per esempio, si potevano fare anche di notte, ma K. non sarebbe stato abbastanza fresco. In ogni modo, se K. non faceva obiezioni, sarebbe rimasto fissato per domenica. Era ovvio che doveva presentarsi con certezza, non era nemmeno il caso di farglielo notare. Gli fu comunicato il numero della casa dove doveva trovarsi, una casa in una strada fuorimano, in periferia, dove K. non era mai stato prima.

            Ricevuto questo avviso, K. appese il ricevitore senza rispondere; fu subito deciso ad andare la domenica, era senz'altro necessario, il processo si avviava e lui doveva opporvisi, quella prima udienza sarebbe stata anche l'ultima. Se ne stava ancora pensieroso vicino all'apparecchio, quando sentì dietro di sé la voce del vicedirettore che voleva telefonare, ma K. gli sbarrava la strada. «Cattive notizie?», chiese in tono svagato il vicedirettore, non tanto per interessamento, quanto per allontanare K. dall'apparecchio. «No, no», disse K. facendosi da parte, ma senza andarsene.