Altre finestre erano ingombre di coperte e lenzuola, al di sopra delle quali compariva di sfuggita la testa scarmigliata di una donna. Si chiamavano da una parte all'altra della strada, uno di questi richiami provocò, proprio sopra K., delle grandi risa. A intervalli regolari nella lunga strada, e al di sotto del livello stradale, si trovavano delle botteghe con vari generi alimentari, raggiungibili con un paio di gradini. Donne entravano e uscivano, o si fermavano a chiacchierare sui gradini. Un fruttivendolo, che offriva la sua merce in alto, verso le finestre, disattento quanto K., per poco non lo buttò a terra con il suo carretto. Proprio allora, un grammofono che aveva cessato il suo servizio in quartieri migliori incominciò a diffondere il suo suono micidiale.
K. s'inoltrò nella strada, lentamente, come se ora avesse tempo o da qualche finestra lo vedesse il giudice istruttore e sapesse così che K. si era presentato. Erano da poco passate le nove. La casa era piuttosto distante, di un'estensione non comune, il passo carraio in particolare era alto e largo. Evidentemente era destinato al passaggio di furgoni appartenenti ai vari magazzini, ora chiusi, che circondavano il grande cortile e recavano le insegne di ditte che K. in parte conosceva bene per via della banca. Contro la sua abitudine, s'interessò minuziosamente a queste particolarità, sostando anche all'ingresso del cortile. Vicino a lui, seduto su una cassa, un uomo scalzo leggeva un giornale. Due ragazzi facevano l'altalena su un carretto. Una ragazzina gracile in vestaglia stava davanti a una pompa, e mentre l'acqua le riempiva la brocca guardava verso K. In un angolo del cortile, fra due finestre, stavano tendendo una corda da cui pendeva già la biancheria da asciugare. Un uomo, dal di sotto, dirigeva il lavoro gridando qualcosa.
K. si avviò alla scala per raggiungere la sala delle udienze, ma si fermò di nuovo perché, oltre a questa scala, ne vide nel cortile altre tre, e inoltre un piccolo passaggio in fondo pareva condurre in un secondo cortile. S'irritò che non gli avessero precisato meglio dove si trovava la sala, era ben strana la trascuratezza o indifferenza con cui lo trattavano, aveva intenzione di farlo notare in modo chiaro e netto. Alla fine salì la scala, giocando con il ricordo di quanto aveva detto la guardia Willem, che il tribunale è attratto dalla colpa, dal che seguiva che la sala delle udienze si doveva trovare in cima alla scala che K. aveva scelto a caso.
Salendo, disturbò molti bambini che giocavano sulla scala e lo guardarono male mentre tagliava la loro fila. «Dovessi tornare di nuovo», si disse, «sarà bene che mi porti dietro o dei dolciumi per guadagnarmeli o il bastone per dargliele». Giunto quasi al primo piano, dovette persino aspettare un poco, finché una palla non avesse compiuto il suo percorso; due ragazzini, intanto, con facce contorte, adulte, da furfanti, lo trattenevano per i pantaloni; se avesse voluto scrollarseli di dosso avrebbe per forza fatto loro male, e temeva le loro grida.
Al primo piano cominciò la ricerca vera e propria. Non poteva certo chiedere della commissione d'inchiesta, e allora inventò un falegname Lanz - gli venne in mente quel nome perché il capitano, il nipote della signora Grubach, si chiamava così - e decise di chiedere in tutti gli appartamenti se abitava lì un falegname Lanz, per avere così la possibilità di gettare un'occhiata nelle stanze. Ma questo si rivelò il più delle volte comunque possibile, perché quasi tutte le porte erano aperte e i bambini vi entravano e uscivano correndo. Erano di regola stanze piccole, con una sola finestra, in cui si faceva anche cucina. Alcune donne tenevano in braccio dei lattanti e con la mano libera lavoravano ai fornelli. Ragazzine adolescenti con indosso, pareva, nient'altro che un grembiule, correvano qua e là indaffaratissime. In tutte le stanze i letti erano ancora occupati, da ammalati o da chi ancora stava dormendo o da qualcuno che vi si era sdraiato sopra coi vestiti addosso.
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