Ma la guardia si limitò a ribattere: «Avrà occasione di accorgersene». Franz intervenne dicendo: «Lo senti, Willem, ammette di non conoscere la legge e intanto sostiene di essere innocente». «Hai ragione, ma non si riesce a fargli capire niente», disse l'altro. K. non rispose più niente; devo forse, pensò, farmi confondere ancora di più dalle chiacchiere di questi infimi esecutori, come loro stessi ammettono di essere? In ogni caso parlano di cose che neanche capiscono. La loro sicurezza è possibile solo grazie alla loro stupidità. Due parole scambiate con un mio pari faranno più chiarezza su tutta la faccenda di lunghi discorsi con questi due. Andò avanti e indietro un paio di volte nello spazio sgombro della stanza, vide di fronte la vecchia che aveva trascinato alla finestra un uomo molto più vecchio ancora e lo teneva abbracciato. K. doveva porre fine a questo spettacolo: «Portatemi dal vostro superiore», disse. «Quando lo vorrà lui, non prima», disse la guardia che era stata chiamata Willem. «E ora», aggiunse, «le consiglio di andare in camera sua, starsene tranquillo e aspettare quel che si deciderà a suo riguardo. La consigliamo di non perdersi in pensieri inutili, si concentri, invece, le si richiederà un grosso sforzo. Lei non ci ha trattati come la nostra comprensione avrebbe meritato, lei ha dimenticato che noi, si sia quel che si sia, almeno ora, confronto a lei, siamo uomini liberi, e non è superiorità da poco. Comunque, se lei ha i soldi, siamo disposti a portarle una piccola colazione dal caffè di fronte».
Per un momento K. rimase in silenzio senza dar risposta a questa offerta. Forse, se avesse aperto la porta della stanza attigua o addirittura quella dell'anticamera, i due non avrebbero osato trattenerlo, forse la soluzione più semplice dell'intera faccenda sarebbe stata spingere le cose all'estremo. Magari però lo avrebbero afferrato, e, una volta sconfitto, lui avrebbe perso anche la superiorità che ora, da un certo punto di vista, manteneva nei loro confronti. Preferì quindi la sicurezza della soluzione a cui si sarebbe senz'altro giunti lasciando le cose al loro decorso naturale, e tornò nella stanza, senza che da parte sua o delle sue guardie venisse una sola parola.
Si gettò sul letto e prese dal lavabo una bella mela che si era preparato la sera prima per la colazione. Adesso era tutta la sua colazione e ad ogni modo, come si accertò dal primo grosso morso, molto migliore di quanto sarebbe stata la colazione che le sue guardie, per grazia loro, avrebbero potuto portargli dal sudicio caffè notturno. Si sentì bene e fiducioso, quella mattina avrebbe perso delle ore di lavoro in banca, certo, ma nella posizione piuttosto alta che ora occupava sarebbe stato facilmente scusato. Doveva addurre la vera scusa? Pensava di farlo. Se non gli avessero creduto, cosa comprensibile in un caso come questo, poteva chiamare come testimone la signora Grubach, o anche i due vecchi di fronte, che ora si stavano certo spostando alla finestra dirimpetto. K. si stupì, o almeno si stupì secondo il ragionamento delle guardie, che lo avessero rimandato in camera e ve l'avessero lasciato solo, dove aveva dieci volte la possibilità di uccidersi. Ma allo stesso tempo si chiedeva, questa volta secondo il suo ragionamento, che motivo avrebbe mai potuto avere per farlo. Forse perché quei due sedevano nella stanza accanto e gli avevano fatto fuori la colazione? Sarebbe stato talmente assurdo uccidersi che, se anche avesse voluto farlo, non ne sarebbe stato capace per l'assurdità della cosa. Se la limitatezza mentale delle due guardie non fosse stata così evidente, si sarebbe potuto ammettere che anche loro, per la stessa convinzione, non avessero visto nessun rischio nel lasciarlo solo. Ora, volendo, avrebbero potuto vederlo andare a un armadietto a muro, in cui custodiva una buona acquavite, vuotarsene un primo bicchierino in sostituzione della colazione e farne seguire un secondo per darsi coraggio, quest'ultimo solo per precauzione, nell'improbabile caso che ce ne fosse bisogno.
In quel momento un grido dalla stanza accanto lo spaventò, tanto che batté i denti contro il bicchiere. «L'ispettore la chiama!».
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