Buck

      e i suoi compagni li guardarono con disgusto,  e sebbene riuscisse

      a insegnar loro molto in fretta quale era il loro posto e che cosa

      non  dovevano  fare,  Buck  non  riuscì a fargli capire quello che

      dovevano fare.  Sopportavano mal volentieri i tiranti e la  pista,

      e, ad eccezione dei due bastardi, erano smarriti e abbattuti dallo

      strano  ambiente  selvaggio  in  cui  erano capitati e dai cattivi

      trattamenti ricevuti.  I due  bastardi  non  avevano  un'ombra  di

      spirito;  le  uniche cose che si potessero abbattere in loro erano

      le ossa.

      Con quei nuovi venuti affranti e disperati,  e  col  vecchio  tiro

      logorato  da  duemilacinquecento  miglia  di  lavoro continuo,  le

      prospettive non erano affatto brillanti.  Tuttavia  i  due  uomini

      erano  tranquillissimi  e addirittura orgogliosi.  Con quattordici

      cani facevano veramente le cose in  grande  stile.  Avevano  visto

      altre slitte partire sul Passo per Dawson,  o venire da Dawson, ma

      non ne avevano mai vista una di  quattordici  cani.  Nella  natura

      stessa  dei  viaggi  artici  c'era una ragione per cui quattordici

      cani non dovessero tirare una slitta,  e questa era data dal fatto

      che  una  slitta non poteva portare cibo per quattordici cani.  Ma

      Charles e Hal non lo sapevano.  Essi  avevano  preparato  il  loro

      viaggio  sulla  carta: tanto per cane,  tanti cani,  tanti giorni,

      come dovevasi dimostrare.  Mercedes li osservava al disopra  delle

      loro spalle e approvava: era tutto così semplice!

      Il giorno seguente,  a mattino avanzato,  Buck guidò il lungo tiro

      lungo la strada.  In tutto ciò non vi era nulla che  li  animasse,

      nessuno  slancio,  nessun  impeto  in  lui    nei suoi compagni.

      Partivano stanchi morti.  Per  quattro  volte  aveva  percorso  la

      distanza  tra  Acqua  Salata  e Dawson.  E il sapere che,  esausto

      com'era,  doveva percorrere ancora una volta la pista,  lo colmava

      di  amarezza.  Non poteva mettere il cuore in quel lavoro,  e così

      pure gli altri cani.  I forestieri erano timidi e  atterriti,  gli

      altri non avevano fiducia nei loro padroni. Buck sentiva vagamente

      che non si poteva far conto su quei due uomini e quella donna. Non

      sapevano  fare  niente,  e col passar dei giorni fu chiaro che non

      avrebbero mai imparato.

      Erano maldestri in tutto,  senza ordine né disciplina.  Dedicavano

      metà  della notte a piantare un accampamento scombinato e metà del

      mattino a toglierlo e a caricare la slitta in un modo così  goffo,

      che  per tutto il resto del giorno dovevano fermarsi continuamente

      per rimettere in sesto il carico. In certi giorni non riuscivano a

      fare neppure dieci miglia,  e a volte non partivano  nemmeno.  Mai

      furono   capaci  di  percorrere  più  della  metà  della  distanza

      considerata come base nel computo del cibo necessario ai cani.

      Era inevitabile che in breve sarebbero venuti a trovarsi privi  di

      nutrimento  per un tiro,  ed essi,  distribuendo il nutrimento con

      eccessiva abbondanza, affrettarono l'arrivo del giorno in cui esso

      sarebbe venuto a mancare. I cani forestieri, la cui digestione non

      era stata allenata da una fame cronica a ricavare il  massimo  dal

      poco,  avevano un appetito vorace.  Inoltre,  quando gli eschimesi

      esausti cominciarono  a  tirare  debolmente,  Hal  decise  che  la

      razione consueta era troppo scarsa.  E la raddoppiò.  A completare

      l'opera,  Mercedes non essendo riuscita,  con le lacrime dei  suoi

      begli occhi e i tremiti della sua graziosa gola,  a persuaderlo ad

      aumentare ancora la razione,  andò a rubare il pesce nei sacchi  e

      lo  diede  loro  di nascosto.  Ma Buck e gli eschimesi non avevano

      bisogno  di  cibo,  bensì  di  riposo;  e,   sebbene  viaggiassero

      lentamente, il pesante carico li esauriva.

      Poi  venne  la  penuria.  Hal un giorno dovette riconoscere che il

      cibo per i cani si era ridotto alla metà mentre  la  distanza  era

      stata  coperta  solo per un quarto,  e inoltre che né per amore né

      per denaro vi era modo di procurarsi altro  cibo.  Di  conseguenza

      ridusse  la razione normale e in egual tempo tentò di aumentare il

      percorso giornaliero.  La sorella e il cognato  lo  aiutavano,  ma

      erano   ostacolati  dalla  pesantezza  del  carico  e  dalla  loro

      incompetenza.  Era semplice dar meno cibo ai cani,  ma impossibile

      farli  camminare più spediti,  mentre la loro stessa incapacità di

      mettersi in  viaggio  più  presto  al  mattino  impediva  loro  di

      aumentare le ore di viaggio.  Non solo non sapevano disciplinare i

      cani, ma neppure disciplinare se stessi.

      Il primo ad andarsene fu Dub. Era un povero ladro ingenuo,  sempre

      colto  sul  fatto  e  sempre  punito,   ma  era  stato  un  fedele

      lavoratore.  La sua spalla ferita priva di cure e di riposo,  andò

      di  male  in peggio,  e alla fine Hal lo spacciò con la sua grossa

      rivoltella. Nella contrada si dice che un cane forestiero muore di

      fame con la razione di un  eschimese,  e  i  sei  forestieri  alle

      dipendenze  di Buck non potevano fare altro che morire con la metà

      della razione di un eschimese.  Dapprima se ne andò il  Terranova,

      seguito dai tre cani di punta dal pelo corto;  i due bastardi, più

      tenacemente attaccati alla vita, se ne andarono per ultimi.

      Frattanto,  tutta l'allegria  e  la  gentilezza  del  Sud  avevano

      abbandonato quelle tre persone.  Il viaggio artico,  spogliato del

      suo splendore e del suo romanticismo,  divenne una  realtà  troppo

      cruda per lo spirito di quegli uomini e di quella donna.  Mercedes

      smise di piagnucolare sui cani, troppo occupata com'era a piangere

      su di sé e a litigare col marito e col fratello.  Il  litigio  era

      l'unica  cosa  a cui non si stancavano mai di applicarsi.  La loro

      irritabilità sorgeva dalla  loro  stessa  condizione  disgraziata,

      aumentava  con  essa,  si  raddoppiava con essa e la superava.  La

      meravigliosa  pazienza  della  pista,  propria  degli  uomini  che

      lavoravano e soffrono duramente e tuttavia rimangono cortesi nelle

      parole e bonari, era ignota ai due uomini ed alla donna. Di quella

      pazienza   essi  non  ne  possedevano  nemmeno  un  briciolo.   Le

      sofferenze li indurivano; i loro muscoli, le loro ossa, perfino il

      loro cuore  erano  dolenti,  e  per  questo  divennero  aspri  nel

      parlare,  parole  aspre affioravano per prime sulle loro labbra al

      mattino ed erano le ultime alla sera.

      Charles e Hal litigavano ogni volta che Mercedes ne  offriva  loro

      l'occasione.

      La convinzione prediletta di ognuno di loro era di lavorare più di

      quanto gli spettasse e nessuno trascurava di esprimerla alla prima

      occasione.  A volte Mercedes prendeva le parti del marito, a volte

      quelle  del  fratello.   E  il  risultato  era  una  bellissima  e

      interminabile  lite familiare.  Cominciavano magari a disputare su

      chi dovesse spaccare qualche pezzo di legna per il fuoco  (litigio

      che  riguardava  solo  Charles  e  Hal) e poco dopo era trascinato

      nella controversia tutto il resto della  famiglia,  padri,  madri,

      zii,  cugini,  gente  distante  mille  miglia e taluni addirittura

      morti.  Che le opinioni di Hal sull'arte o sul  tipo  di  commedie

      scritte dal fratello di sua madre avessero qualche cosa a che fare

      con  lo  spaccare  un  po'  di  legna per il fuoco,  superava ogni

      comprensione;  tuttavia la disputa si svolgeva con tutta  facilità

      in questo senso come in quello dei pregiudizi politici di Charles.

      E  in  che  cosa la lingua loquace della sorella di Charles avesse

      rapporti con la necessità di accendere un fuoco sul Yukon, avrebbe

      potuto dirlo solo Mercedes,  che dava la stura alle  sue  numerose

      opinioni  su  questo  tema,  estendendosi  magari  ad alcune altre

      spiacevoli caratteristiche  proprie  della  famiglia  del  marito.

      Frattanto il fuoco restava spento, il campo era lasciato a mezzo e

      i cani rimanevano senza cibo.

      Mercedes  nutriva un risentimento particolare: il risentimento del

      sesso.  Graziosa e delicata,  per tutta la vita era stata trattata

      con  molto  riguardo.  Ma  il modo con cui la trattavano adesso il

      marito e il  fratello  era  tutto  fuorché  cavalleresco.  Si  era

      abituata a non sapersi cavare d'impaccio, ed essi se ne lagnarono.

      Ostacolata in quella che era la più essenziale prerogativa del suo

      sesso, ella rese loro insopportabile la vita.

      Non  si curò più dei cani,  e,  stanca e abbattuta com'era,  volle

      essere trascinata sulla slitta. Sebbene fosse graziosa e delicata,

      pesava centoventi libbre: una notevole ultima briciola aggiunta al

      carico trascinato da animali deboli e affamati.  Si fece  condurre

      così per intere giornate finché i cani caddero fra le tirelle e la

      slitta  si  fermò.  Charles  e  Hal  la pregarono di scendere e di

      andare a piedi, la supplicarono, la scongiurarono,  e lei piangeva

      e importunava il Cielo raccontando la loro brutalità. Una volta la

      trassero  giù  dalla  slitta a furia,  ma non lo fecero più.  Ella

      lasciò ciondolare inerti le gambe come un  bambino  viziato  e  si

      sedette  sulla pista.  Loro tirarono avanti,  ma lei non si mosse.

      Dopo aver  proseguito  per  tre  miglia,  scaricarono  la  slitta,

      tornarono  indietro  e  la  caricarono di peso.  All'estremo della

      miseria,  divennero insensibili alle sofferenze degli animali.  La

      teoria  di  Hal,  da  lui  messa  in pratica sugli altri,  era che

      bisognava diventare duri.  Aveva cominciato  col  predicarla  alla

      sorella  e al cognato;  non essendo riuscito con loro,  cominciò a

      istillarla ai cani a colpi di bastone.  Alle Cinque Dita non vi fu

      più  cibo  per i cani,  e una vecchia indiana sdentata barattò con

      loro poche libbre di pelle di cavallo  gelata  per  la  rivoltella

      Colt  che  faceva  compagnia al grande coltello da caccia infilato

      alla cintura di Hal.  Un ben povero surrogato di cibo  era  quella

      pelle tolta sei mesi prima ai cavalli morti di fame dei mandriani.

      Gelata com'era, sembrava fatta di strisce di ferro galvanizzato, e

      quando   un   cane  riusciva  a  cacciarsela  nello  stomaco,   si

      discioglieva in sottili fibre coriacee, incapaci di nutrire,  e in

      una massa di corti peli irritanti e indigesti.

      In  mezzo a queste pene,  Buck barcollava alla testa del tiro come

      in un incubo. Tirava quando poteva; e quando non poteva più tirare

      si abbatteva e rimaneva a terra finché i  colpi  di  frusta  o  di

      bastone  non lo costringevano a rimettersi in piedi.  La sua bella

      pelliccia aveva perso la sua compatta lucentezza: pendeva  floscia

      e sudicia,  macchiata di sangue rappreso là dove il bastone di Hal

      lo aveva ferito.  I  suoi  muscoli  si  erano  ridotti  a  cordoni

      nocchiuti,  il grasso era scomparso dalle sue carni, così che ogni

      costola,  ogni osso apparivano chiaramente sotto la pelle cascante

      che si raggrinzava in vuote pieghe. Era cosa da spezzare il cuore,

      ma il cuore di Buck era infrangibile. L'uomo dalla maglia rossa ne

      aveva avuto la prova.